Global Gateway nel Mediterraneo: Perché l’UE deve puntare sul Vicinato meridionale

President of the European Commission Ursula von der Leyen talks to media at the end of the weekly EU Commission meeting, in the Berlaymont, the EU Commission headquarter on December 1, 2021 in Brussels, Belgium
La Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen parla con i media al termine della riunione settimanale della Commissione europea, nel Berlaymont, il 1° dicembre 2021, Bruxelles
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In breve

  • Il Vicinato meridionale dovrebbe costituire una priorità chiave all’interno dell’iniziativa infrastrutturale UE del Global Gateway. Tuttavia, fino ad oggi, questa regione ha beneficiato solo di una quota ridotta di investimenti UE.
  • Tra gli obiettivi strategici dell’UE nel Mediterraneo ci sono la promozione del near-shoring per accorciare le catene del valore, incluse quelle delle forniture energetiche, il rafforzamento della connettività regionale, la decarbonizzazione delle economie dei partner e la creazione di opportunità di lavoro.
  • L’UE si trova in una posizione privilegiata, con la possibilità di offrire investimenti più appetibili nel quadro del Global Gateway rispetto ai propri competitor e in particolare alla Cina, grazie all’utilizzo di sovvenzioni anziché prestiti.
  • Oltre a fornire risorse finanziarie, l’UE dovrebbe promuovere la crescita inclusiva, condividendo conoscenze tecniche e sostenendo la formazione e le competenze dei lavoratori nella regione.
  • La protezione delle infrastrutture critiche è di grande importanza. L’UE dovrebbe collaborare con i partner regionali per difendere le infrastrutture finanziate dal Global Gateway.

Introduzione

Il Global Gateway dell’Unione Europea è un’iniziativa volta a promuovere gli investimenti nella connettività a livello mondiale. Si tratta di un piano ambizioso che potrebbe aiutare l’UE a raggiungere i suoi obiettivi geopolitici, economici e climatici.

Tuttavia, a più di un anno dal lancio nel dicembre 2021, il Global Gateway non ha ancora individuato né priorità chiare né regioni beneficiarie ben definite. Il programma non si è ancora del tutto adeguato al contesto globale in rapida evoluzione, in particolare alla luce dei grandi cambiamenti globali e delle conseguenze della guerra della Russia contro l’Ucraina, che stanno portando i Paesi a ridisegnare le catene di valore da cui dipendono le loro economie, nel tentativo di ridurre la distanza geografica dei fornitori chiave o ricollocarli in Paesi amici.

Uno degli obiettivi che l’UE ha stabilito riguarda il raggiungimento della sovranità strategica e la riduzione tanto della vulnerabilità quanto dell’impronta di carbonio delle sue catene del valore. Per riuscirci dovrà riorientarsi verso regioni più vicine all’Europa e con un significativo potenziale di energia verde. In tale prospettiva, i Paesi del Vicinato meridionale – ovvero gli Stati che si affacciano a sud e a est del Mediterraneo – si trovano in una posizione ideale. Tuttavia, finora l’UE non ha saputo cogliere le opportunità per aiutare gli Stati limitrofi a sviluppare le loro economie in questa direzione. Inoltre, sebbene la presenza europea in ambito commerciale e finanziario resti dominante in Medio Oriente e Nord Africa, l’UE deve fare i conti con le nuove sfide derivanti dall’ascesa di Cina e Stati arabi del Golfo. Se il rapporto esistente con l’UE non porterà risultati, i Paesi del Vicinato meridionale guarderanno altrove per sviluppare le loro economie.

Il presente documento sostiene che l’UE dovrebbe compiere uno sforzo concertato per indirizzare le attività del Global Gateway verso il Vicinato meridionale investendo in progetti di energia verde, sostenendo la ricerca di collegamenti infrastrutturali più solidi tra gli Stati e con l’Europa e concentrandosi sulla crescita dei settori manifatturieri con catene di valore più corte e più resilienti. Considerata la scarsa dotazione infrastrutturale del Vicinato meridionale, il lavoro da fare in questo settore sarà impegnativo, ma la vicinanza geografica e gli storici legami commerciali rendono la regione un candidato ideale per diventare un hub di near-shoring per l’UE. Ciò è tanto più vero dopo il rafforzamento delle relazioni energetiche che ha avuto luogo nell’ultimo anno, a seguito della ricerca di forniture alternative all’Ucraina da parte degli europei. 

Per rendere il Vicinato meridionale una possibile destinazione di near-shoring, l’UE dovrebbe impegnarsi nella condivisione di standard e conoscenze con i partner regionali e modificare il suo approccio e il suo sistema di condizionalità, spostando gli obblighi dall’ambito politico a quello tecnico e investendo nel capitale umano oltre che nelle infrastrutture fisiche. Un maggiore sostegno all’istruzione e all’occupazione nei Paesi del Vicinato meridionale promuoverà la stabilità sociale e politica di questi ultimi.

Il Global Gateway

Il Global Gateway è un progetto dell’Unione Europea volto a promuovere gli investimenti per la diffusione della connettività in tutto il mondo. Riunisce un’ampia gamma di strumenti finanziari sotto un unico ombrello, rendendo disponibili 300 miliardi di euro tra il 2021 e il 2027 per costruire e migliorare la sostenibilità energetica, i trasporti, il digitale e altre infrastrutture che spaziano dagli interconnettori elettrici ai porti e alle ferrovie e alle infrastrutture per le telecomunicazioni, sostenendo la creazione di nuove infrastrutture piuttosto che il potenziamento di quelle esistenti. Il Global Gateway si rivolge in particolare alle economie emergenti per migliorare la loro dotazione infrastrutturale, e come dichiarato  dall’Unione fa parte del suo più ampio sforzo a sostegno della transizione verdi al di fuori dei suoi confini.

L’adozione di questo programma da parte dell’Unione Europea è anche un chiaro segnale della volontà di impegnarsi in una competizione globale nel settore delle infrastrutture. L’UE si trova attualmente ad affrontare un crescente antagonismo tra le grandi potenze e la volatilità della crescita del commercio mondiale, che  spinge i Paesi di tutto il mondo a ridurre i rischi legati alle catene di valore. La rivalità tra USA e Cina, che in tempi recenti ha preso la forma di una guerra commerciale sui componenti tecnologici, e gli effetti della guerra ingaggiata dalla Russia contro l’Ucraina hanno portato i Paesi a esplorare con maggiore urgenza le opportunità di “reshoring”, “near-shoring” e “friend-shoring”. La crescente consapevolezza delle vulnerabilità e delle possibili interruzioni induce oggi a cercare di accorciare le catene di valore, senza dimenticare che la necessità di decarbonizzare l’economia, anche per quanto riguarda le importazioni di beni e servizi, è ormai imprescindibile. I governi sono consapevoli del fatto che queste connessioni si prestano a essere utilizzate come strumenti di potere e ritengono quindi una necessità strategica proteggere le conoscenze e le tecnologie sensibili e le forniture energetiche da improvvisi sconvolgimenti politici o tensioni internazionali. La delocalizzazione di impianti di produzione o di lavorazione più vicino a casa riduce i costi di trasporto e migliora la supervisione delle catene del valore, rafforzandone la resilienza.

Il ruolo degli europei nel finanziare e sostenere gli investimenti infrastrutturali è fondamentale per definire la posizione dell’UE nel mondo, in quanto le infrastrutture giocano un ruolo importante nelle relazioni tra gli Stati. L’UE vanta trascorsi di successo in materia di apertura politica ed economica e costituisce un mercato di 450 milioni di consumatori e 30 milioni di imprese, ma è anche una delle regioni economiche più vulnerabili del mondo, manca in gran parte di materie prime proprie e da tempo si affida a fornitori esterni di semilavorati. In diversi settori, l’Europa ha già potuto sperimentare direttamente come le grandi potenze possano armare le relazioni economiche a fini geopolitici.

L’UE può rispondere a questa situazione sostenendo lo sviluppo di infrastrutture in altri Paesi. Ciò può migliorare le relazioni politiche, creare posti di lavoro in patria e all’estero e contribuire ad aumentare la competitività delle economie di destinazione. Il sostegno alla costruzione di infrastrutture in altri Paesi consente di estendere gli standard europei, spesso altamente tecnici ma fondamentali per migliorare i collegamenti economici, ad esempio assicurandosi che un porto container intelligente e una ferrovia merci adottino standard identici o quantomeno compatibili. Cosa ancora più importante, influenzare la costruzione e il controllo di nodi infrastrutturali critici contribuisce a proteggere i propri interessi anche nei confronti di potenze rivali che potrebbero voler operare nello stesso luogo.

In questo contesto, la Commissione europea mira a creare una “Europa geopolitica”. Non è un segreto che l’UE abbia elaborato il Global Gateway almeno in parte a seguito del lancio della Belt and Road Initiative da parte della Cina nel 2013, come ammesso anche dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen poco dopo l’avvio del Global Gateway. La strategia di sviluppo delle infrastrutture su scala globale di Pechino è cresciuta fino a interessare 147 Paesi, anche se l’impegno cinese ha avuto fortune alterne: mentre gli investimenti infrastrutturali hanno effettivamente ampliato l’influenza cinese all’estero, non tutti si sono rivelati economicamente redditizi.

Tuttavia, nonostante le sue ambizioni, la Commissione deve fare i conti con le divisioni interne, che mettono a rischio il Global Gateway evidenziando interessi divergenti tra gli Stati membri. Le diverse priorità di politica estera spingono vari Stati membri a fare pressione affinché il Global Gateway si adatti alle rispettive agende nazionali. Le responsabilità per la sua attuazione non sono ancora chiare all’interno delle direzioni generali della Commissione e di altri organi dell’UE e, al momento, il Servizio europeo per l’azione esterna e la DG Partenariati internazionali si contendono la guida dell’iniziativa, una situazione che rischia di rallentarne l’attuazione. Inoltre, le aree d’azione del Global Gateway sono numerose e spaziano dalla salute all’istruzione fino all’energia, ma l’UE non ha stabilito alcuna gerarchia tra di esse.

In particolare, l’iniziativa rimane slegata da diversi elementi essenziali della proiezione esterna dell’UE. Il Global Gateway non è ancora una componente strutturale delle strategie di sicurezza energetica e della pianificazione dell’azione esterna dell’UE, il che significa che gli investimenti sotto l’ombrello del Global Gateway non sono al servizio degli obiettivi di sovranità strategica dell’UE. Per il momento, il Global Gateway è più uno strumento di supporto che un elemento strutturale dell’azione esterna europea.

Il Global Gateway mette a disposizione finanziamenti per progetti in tutto il mondo, ma non stabilisce priorità tra le regioni di destinazione, a parte l’attenzione per le economie emergenti e in via di sviluppo. Nel suo primo anno di vita i progetti finanziati hanno riguardato varie località dell’Africa e dell’Indo-Pacifico, con l’America Latina in seconda posizione e i Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa in ultima. A ben guardare, il Vicinato meridionale se ne è aggiudicati solo tre: il cavo in fibra ottica Medusa che collega i Paesi del Nord Africa con l’Europa, un collegamento elettrico ad alta tensione tra la Tunisia e l’Italia e un impianto di desalinizzazione in Giordania. Tutti questi interventi sono importanti per favorire la connettività e contribuire alla lotta contro il cambiamento climatico, ma nel complesso le attività finanziate dal Global Gateway nel Vicinato meridionale sono modeste rispetto a quanto stanziato dall’UE per altre parti del mondo.

A prescindere dalle attrattive concorrenti dell’Indo-Pacifico, economicamente dinamico, o delle risorse naturali dell’Africa subsahariana, questi livelli di investimento non riflettono, di gran lunga, il contributo potenziale che la regione MENA potrebbe offrire per affrontare le sfide geoeconomiche europee. In primo luogo, la vicinanza geografica ridurrebbe sia la lunghezza che la vulnerabilità delle catene di valore in un’ottica di near-shoring. In secondo luogo, questa vicinanza sarebbe favorevole anche in termini di connessioni presenti e future per la fornitura energetica, garantendo la realizzazione dei collegamenti in maniera più economica e più agevole rispetto ad altre aree. Infine, un migliore approccio agli investimenti nel Mediterraneo meridionale aumenterebbe anche i collegamenti con l’Africa subsahariana, aprendo così all’UE nuove opzioni geopolitiche in relazione a una più ampia gamma di partner.

L’UE e il Vicinato meridionale

La guerra della Russia contro l’Ucraina ha spinto i Paesi dell’UE a rivolgersi al Vicinato meridionale, aumentando l’importanza della regione per la politica economica ed energetica europea e creando un chiaro interesse politico a rafforzare il partenariato tra Bruxelles e i Paesi del Mediterraneo. Lavorare insieme per sviluppare piani infrastrutturali di rilievo offrirebbe anche opportunità economiche e contribuirebbe alla stabilità della regione. Tuttavia, fino ad ora l’UE ha ottenuto solo risultati frammentari per i suoi sforzi, sia nel lungo periodo che più di recente.

Politica e pratica

L’approccio politico dell’UE nei confronti del Mediterraneo procede da tempo su binari economici e politici paralleli. Dal punto di vista economico, negli ultimi tre decenni l’UE ha cercato di promuovere l’inclusione dei Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa nel mercato globale, concentrandosi sullo sviluppo economico e impegnandosi politicamente con i governi della regione. Per rendere operativo questo approccio e potenziare l’azione nel Mediterraneo, nel 1995 l’UE ha lanciato il Processo di Barcellona (noto anche come Partenariato euromediterraneo). A ciò hanno fatto seguito i “due pilastri” dell’azione dell’UE nel Mediterraneo che rimangono tuttora in piedi: la Politica europea di Vicinato nel 2004 e l’Unione per il Mediterraneo nel 2008.

Questi approcci hanno avuto solo parziale successo: nonostante livelli sostenuti di crescita economica nel Vicinato meridionale (in particolare dal 2000 al 2007), l’instabilità politica, la prevalenza dell’autoritarismo, le carenze economiche strutturali e i tassi di disoccupazione sistematicamente elevati hanno ostacolato la stabilità e la prosperità della regione. Le rivolte arabe del 2011 e le loro conseguenze hanno dimostrato non solo quanto fosse precario il precedente equilibrio politico, ma anche quanto sia difficile la transizione. L’instabilità prolungata e le sfide alla sicurezza hanno portato l’UE a prendere progressivamente le distanze da un impegno più profondo nella sfida di democratizzazione della regione e a rimanere nelle retrovie rispetto alla promozione della cooperazione e dell’impegno intraregionale. Questa debolezza ha privato l’UE di partner affidabili e valori condivisi nel Vicinato meridionale e oggi che l’Europa è alla ricerca di valide opportunità di near-shoring, il potenziale di questa regione è lungi dall’essere stato sviluppato appieno.

Inoltre, negli ultimi due decenni l’approccio dell’UE non è stato in grado di contrastare la crescente presenza politica, economica e militare nel Vicinato meridionale di Russia e Cina, che non formano un blocco unito nella regione, ma che negli ultimi anni hanno consolidato entrambi la rispettiva influenza e iniziato a sfidare apertamente la posizione occidentale. Se le attività russe nella regione sono state principalmente collegate alla sfera militare, come testimonia la presenza del Gruppo Wagner in Libia, Pechino ha aumentato gli scambi commerciali e gli investimenti in tutto il Medio Oriente e il Nord Africa. In sostanza, l’UE non è riuscita a colmare in maniera adeguata il vuoto politico lasciato dal recente e graduale ritiro degli Stati Uniti dal Medio Oriente e dal Nord Africa, tanto che oltre alla Russia e alla Cina, anche attori regionali come la Turchia e gli Stati arabi del Golfo hanno trovato maggiore spazio di manovra. Per riguadagnare terreno, l’UE dovrà dimostrare ai governi del Vicinato meridionale di essere un partner valido, disposto a impegnare capitale politico ed economico. Il Global Gateway rappresenta quindi per l’UE un’opportunità, forse l’ultima, in tal senso.

Nel 2021 la Commissione europea ha adottato la Nuova Agenda per il Mediterraneo che rappresenta un quadro aggiornato per la gestione delle relazioni con i Paesi del Vicinato meridionale. La Nuova Agenda riconosce apertamente le difficoltà incontrate in passato nel promuovere il cambiamento e si orienta verso le sfide attuali, come la transizione verde e quella digitale, concentrandosi sulla governance e sui diritti umani. Finora, però, non è stato fatto molto e i cambiamenti annunciati in termini di riforme politiche e investimenti economici non si sono ancora concretizzati.

La Nuova Agenda è accompagnata dal Piano economico e di investimento per i vicini meridionali i cui ambiti di azione, benché ampi, non danno largo spazio a misure di sviluppo economico benché lo schema di finanziamento generale sia definito nel quadro del nuovo Strumento di Vicinato, Cooperazione allo sviluppo e Cooperazione internazionale – Europa globale (NDICI-GE) adottato per finanziare le azioni esterne dell’UE. L’NDICI-GE consente una certa flessibilità e apre la possibilità di mobilitare garanzie e fondi in modo competitivo, in particolare attraverso il Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile Plus (EFSD+). Lo strumento NDICI-GE è entrato in vigore nel giugno 2021 ed è il risultato della fusione di strumenti di finanziamento esterno dell’UE precedentemente separati. Esso offre oggi un quadro unitario che copre tutti i finanziamenti, le garanzie e i fondi misti relativi alla cooperazione con i Paesi terzi.

I meccanismi di condizionalità rappresentano un punto controverso dei precedenti progetti definiti nell’ambito del Processo di Barcellona e dell’Unione per il Mediterraneo, così come lo sono nella maggior parte dei programmi di assistenza esterna dell’UE. Sebbene un sistema di prerequisiti e controlli sia essenziale per l’impegno internazionale, la condizionalità può anche ostacolare la cooperazione con i Paesi partner. Secondo varie fonti, alcuni Paesi del Vicinato meridionale, come l’Egitto, stanno risentendo di un approccio che perpetua una relazione asimmetrica. A questo proposito, la Nuova Agenda presenta innovazioni sulla questione della condizionalità, privilegiando soprattutto gli elementi socio-economici rispetto a quelli puramente politici. Sebbene rimanga essenziale mantenere alta l’attenzione in materia di diritti umani e riforme democratiche, potrebbe essere utile un approccio meno invasivo e più orientato ai risultati, concentrandosi sulla condizionalità nel corso dei progetti finanziati piuttosto che come prerequisito iniziale di qualsiasi sostegno.

Nonostante il difficile contesto regionale, l’UE si trova ancora in una posizione forte per collaborare con i Paesi del Vicinato meridionale allo sviluppo di infrastrutture in un’ottica di mutuo vantaggio. L’UE rappresenta la maggior parte del commercio estero dei Paesi nordafricani e occupa una posizione privilegiata come fornitore di competenze per la costruzione di infrastrutture di alta qualità. Inoltre, cosa probabilmente altrettanto importante, l’UE si trova in realtà in una posizione migliore dei suoi concorrenti per condividere tecnologie, materiali e know-how per la manutenzione di tali infrastrutture. La crescita economica è una delle preoccupazioni principali dei governi nordafricani, che sono aperti a collaborare con diversi partner per ottenere investimenti diretti esteri. L’UE può fare di più per soddisfare le loro esigenze e sviluppare progetti di utilità comune.

Economia, occupazione e connettività

Molti Paesi del Vicinato meridionale non sono attualmente in grado di effettuare i tipi di investimenti che rafforzerebbero i legami economici con l’Europa. Nonostante i prezzi elevati delle materie prime energetiche, la regione del Medio Oriente e del Nord Africa si trova in acque economiche difficili. La crescita economica nel 2022 è stata stimolata dall’aumento dei ricavi dei combustibili fossili legati alla guerra della Russia in Ucraina, ma più in generale le prospettive per le economie nordafricane sono tutt’altro che rosee. Gli importatori di petrolio assistono a una crescita economica limitata, tanto che secondo la Banca Mondiale il PIL della Tunisia dovrebbe aumentare quest’anno del 3,3% e quello della Giordania del 2,4%. Nonostante l’aumento dei proventi del gas e i nuovi contratti firmati con gli Stati membri dell’UE, si stima che nel 2023 la crescita dell’Algeria si attesterà al 2,3%, rispetto al 3,7% del 2022. Proprio l’Algeria si distingue quale unico esportatore di petrolio il cui saldo fiscale primario si è deteriorato durante un boom petrolifero. Tuttavia, la situazione delle finanze pubbliche nella regione è ancora più grave: i bilanci di quasi tutti i governi del Nord Africa sono in negativo e sembrano destinati a rimanervi almeno per il prossimo anno.

Questa problematica prospettiva fiscale ostacola il considerevole potenziale di crescita e di near-shoring del Vicinato meridionale. I governi sono ulteriormente limitati dall’aumento dei tassi d’interesse e dai crescenti costi per il servizio del debito, il che significa che non sono in grado di provvedere a significativi investimenti in infrastrutture pubbliche. Inoltre, la prospettiva di rialzi sostenuti dei tassi nella maggior parte delle economie sviluppate potrebbe ridurre ulteriormente l’afflusso di investimenti diretti esteri, in quanto mercati meno rischiosi stanno diventando più redditizi. Sebbene il settore pubblico nel Vicinato meridionale abbia generalmente fornito una larga parte degli investimenti infrastrutturali complessivi, i livelli di investimento sono regolarmente inferiori a quelli necessari. Nel 2020 la Banca Mondiale ha stimato che la regione avrebbe avuto bisogno di una spesa media per le infrastrutture di almeno l’8,2% del PIL per raggiungere gli obiettivi del 2030, ma tale spesa attualmente si attesta ad appena il 3%.

La regione del Medio Oriente e del Nord Africa è anche alle prese con una serie di problemi socio-economici. Tra questi vi è il fatto che la regione ha il più alto tasso di disoccupazione giovanile del mondo, oltre ad avere una popolazione tra le più giovani del pianeta. Le scarse prospettive di lavoro sono un fattore che contribuisce a spingere ogni anno migliaia di persone a migrare in Europa e questi flussi non regolamentati rappresentano un problema per l’UE e i suoi Stati membri sia in termini di gestione che di conseguenze politiche.

Un’ulteriore sfida è rappresentata dalla scarsa integrazione regionale dei Paesi del Vicinato meridionale. Sebbene molti di questi abbiano legami commerciali relativamente intensi con il resto del mondo, in gran parte basati sull’esportazione di prodotti petroliferi e di gas, i collegamenti fisici interregionali sono altamente sottosviluppati. Molti Paesi del Vicinato meridionale ottengono punteggi scarsi nel Logistics Performance Index che misura le prestazioni della logistica commerciale. La soluzione sarebbe migliorare le rispettive infrastrutture. Anche il commercio e gli scambi interpersonali sono limitati. Il commercio intraregionale rappresenta in media il 6% degli scambi complessivi e per tutti i Paesi della regione il principale partner commerciale è esterno: solo per Oman, Giordania e Libano il commercio all’interno del Medio Oriente e del Nord Africa rappresenta almeno un quinto del commercio totale di beni e servizi intermedi. Nel frattempo, sebbene i dazi siano in media relativamente bassi, le tensioni politiche tra i diversi Stati agiscono come una barriera al commercio e alla cooperazione economica, come nel caso di Algeria e Marocco dove decenni di attriti hanno ostacolato l’integrazione. Infine, una generale mancanza di trasparenza, associata al clientelismo, e requisiti divergenti su una vasta gamma di prodotti impediscono l’integrazione economica intraregionale.

Un esempio di come l’UE potrebbe promuovere la connettività intraregionale è rappresentato dal fatto che, negli ultimi anni, sono aumentati gli investimenti nella costruzione di ferrovie nei Paesi del Vicinato meridionale, che in molti casi fanno la parte del leone nel settore dei trasporti: a luglio 2022 la ferrovia costituiva il 67% degli investimenti nel trasporto attivo in Algeria (22,4 miliardi di dollari), il 59% in Egitto (66,2 miliardi di dollari), il 40% in Tunisia (4,1 miliardi di dollari) e il 71% in Marocco (12,7 miliardi di dollari). Tuttavia, il livello di investimenti è ancora lontano dalle effettive necessità e, soprattutto, si concentra in gran parte su progetti nazionali. Gli investimenti nei collegamenti interregionali sono scarsi. Attualmente è in corso di realizzazione un importante progetto multinazionale cofinanziato dall’UE, per realizzare un’autostrada tra Algeria, Marocco e Tunisia. Tuttavia, permangono grandi lacune nella connettività del Nord Africa, soprattutto per quanto riguarda la Libia, che ha collegamenti transfrontalieri limitati. L’instabilità politica esclude in larga misura la Libia dalla possibilità di investimenti infrastrutturali nel prossimo futuro, che però potrebbero avvenire negli Stati limitrofi allo scopo di collegare l’hub di Suez con il Maghreb.

Una maggiore connettività regionale è essenziale per trasformare il Nord Africa in un polo industriale ed energetico vicino all’Europa. Politiche economiche divergenti, collegamenti transfrontalieri limitati e una scarsa dotazione infrastrutturale riducono il potenziale di crescita dei mercati della regione e impediscono le economie di scala che andrebbero a vantaggio dei Paesi del Vicinato meridionale e aumenterebbero il rendimento degli investimenti europei nel Vicinato.

Infine, anche i piani di rilancio post-pandemia degli Stati della regione richiedono investimenti aggiuntivi e potrebbero contribuire a raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione. La riduzione dell’impronta di carbonio dei Paesi del Vicinato meridionale è una questione particolarmente importante alla luce della prevista introduzione da parte dell’UE del meccanismo di aggiustamento del carbonio alla frontiera (CBAM), in sostanza un dazio ambientale per i prodotti che entrano nell’UE. Affinché i loro beni rimangano competitivi nell’UE, gli Stati della regione dovranno lavorare per ridurre significativamente l’intensità di carbonio delle loro industrie. L’UE ha un chiaro interesse a sostenere questo percorso, in quanto consentirà anche il near-shoring e contribuirà a raggiungere obiettivi climatici più ampi.

Near-shoring

Gli europei hanno cominciato a lavorare per accorciare le catene di valore da cui dipendono nei settori critici. Si tratta di una parte importante degli sforzi per raggiungere la sovranità strategica dell’UE e comprende un’ampia gamma di settori, dal manifatturiero all’energia. Una prima conseguenza diretta della guerra in Ucraina è stato il ricorso dei Paesi europei al Vicinato meridionale per sostituire il gas naturale russo. L’UE ha infatti firmato accordi di fornitura di gas con Algeria, Egitto e Israele.

Tra i Paesi del Vicinato meridionale, il Marocco sta emergendo come la principale destinazione di near-shoring, grazie ai precedenti investimenti in logistica, infrastrutture e capacità industriali. Dal canto loro, Tunisia e Algeria hanno un potenziale inutilizzato che trarrebbe beneficio da una significativa riforma economica e del settore pubblico. L’Algeria ha recentemente adottato una nuova legge sugli investimenti che semplifica le procedure amministrative ed elimina le norme che ostacolavano gli investimenti dei partner esterni e benché non copra tutti i settori dell’economia, è comunque un forte indizio del fatto che il Paese vuole essere più di un semplice fornitore di gas. Anche l’Egitto rappresenta un interessante partner di near-shoring per l’UE grazie al suo ampio mercato, al livello di istruzione della popolazione e ai precedenti investimenti in infrastrutture. La connettività sia all’interno della regione del Medio Oriente e del Nord Africa che attraverso il Mediterraneo è essenziale per sviluppare l’industria e le infrastrutture necessarie a concretizzare la possibilità di near-shoring nel Vicinato meridionale.

In realtà, la Commissione europea sembra già seguire in parte un approccio di questo tipo nei confronti dell’Africa subsahariana, che spesso viene descritta come la regione di destinazione prioritaria per il Global Gateway. Nel febbraio 2022 la Commissione ha presentato 11 corridoi strategici che desidera vedere realizzati per collegare meglio l’UE e l’Africa. Purtroppo, il Nord Africa è largamente assente da questa rete e figura solo come punto di partenza del corridoio Cairo-Khartoum-Juba-Kampala, che collegherebbe l’Egitto all’Africa centrale e orientale. La Commissione europea ha preso in considerazione alcuni corridoi aggiuntivi che collegano i Paesi del Nord Africa (gli 11 corridoi strategici sono stati selezionati tra 55 potenziali collegamenti), ma non li ha inclusi nei suoi progetti prioritari. Più in generale, il limite principale di questo approccio nell’ambito dell’attività del Global Gateway è stato finora quello di concepire il Nord Africa come il punto finale dei corridoi per la produzione e le materie prime critiche in Africa piuttosto che come una destinazione di near-shoring da integrare direttamente nelle catene di valore dell’UE.

Energia

Alcuni Stati del Vicinato meridionale hanno strategie ambiziose in materia di energia pulita, ma altri sono in ritardo; i recenti benefici derivanti dai prezzi del gas alle stelle probabilmente disincentivano alcuni di essi dallo sviluppare infrastrutture per l’energia pulita a un ritmo più sostenuto. Il Marocco guida attualmente la transizione energetica nel Vicinato meridionale: ha riformato i sussidi per l’energia, ha sviluppato rapidamente la capacità di produrre energia rinnovabile e ha costruito uno dei più grandi impianti solari del mondo. L’Algeria è ancora diffidente ed esita a impegnarsi a favore dell’energia verde, mentre l’Egitto ha elaborato piani ambiziosi ma resta intenzionato a sfruttare i combustibili fossili.

L’UE e i Paesi del Vicinato meridionale hanno già iniziato a cooperare per la produzione di energia verde, ma tale partenariato andrebbe rafforzato attraverso il Global Gateway, che potrebbe servire non solo a finanziare gli impianti di energia verde, ma sarebbe da estendere a programmi di ricerca e sviluppo congiunti tra l’UE e gli Stati della regione per sviluppare intere catene di valore dell’energia pulita. Come esempio di promozione del near-shoring in questo settore strategicamente critico, la costruzione di componenti come i pannelli solari nei Paesi del Vicinato meridionale aiuterebbe l’UE a ridurre la problematica dipendenza da singoli fornitori esterni. Considerato che le aziende cinesi controllano circa l’80% delle catene di valore dell’energia solare a livello mondiale, investire nella capacità produttiva del Vicinato meridionale ridurrebbe la vulnerabilità europea.

Gas e idrogeno

Più che in altri settori, la rilevanza dei Paesi del Vicinato meridionale per l’UE risulta del tutto evidente se si considera il caso del gas naturale. Costretti dallo scoppio della guerra ad affrancarsi dal gas russo, l’UE e i suoi Stati membri hanno volto lo sguardo a sud. In parte sfruttando la capacità dei gasdotti disponibili, in parte grazie al gas naturale liquefatto (GNL) trasportato da navi cisterna, i Paesi del Mediterraneo meridionale sono rapidamente saliti alla ribalta e hanno aumentato la loro quota di fornitura di gas all’Europa.

Nell’ambito del progetto RePowerEU volto a diminuire la dipendenza dalla Russia, l’UE prevede di ridurre la domanda di gas del 52% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2019, un obiettivo che le iniziative Global Gateway nei Paesi del Vicinato meridionale potrebbero aiutare a raggiungere. L’UE potrebbe fornire sostegno per migliorare l’efficienza della produzione e della distribuzione di energia, rafforzando le infrastrutture attualmente in difficoltà nella regione così da ridurre al minimo le perdite di gas, gli sprechi e il flaring, uno sforzo che potrebbe condurre anche alla costruzione di nuove infrastrutture di gasdotti, magari nell’ambito di impegni infrastrutturali legati a nuovi contratti energetici.

Tuttavia, la Commissione europea dovrebbe trovare un equilibrio tra le esigenze a breve termine e gli obiettivi a lungo termine, tra l’attuale corsa al gas e la necessità di fonti energetiche pulite affidabili per il futuro. Tale duplice esigenza andrebbe comunicata con fermezza e trasparenza ai Paesi partner per evitare ambiguità e garantire che i finanziamenti non vengano destinati a infrastrutture che rischiano di diventare stranded assets. Sebbene sia necessario rinnovare le infrastrutture energetiche esistenti, gli Stati membri, le società energetiche e le istituzioni dell’UE dovrebbero collaborare per valutare qualsiasi proposta emergente di costruzione di nuovi gasdotti alla luce delle aspettative future della domanda di gas. Ogni euro speso in infrastrutture inutili per il gas è un euro in meno che potrebbe sostenere opzioni più ecologiche.

A questo proposito, anche l’idrogeno verde rappresenta un’opportunità significativa in un rinnovato rapporto energetico con gli Stati del Vicinato meridionale. L’idrogeno verde è attualmente più costoso dei combustibili fossili, ma si prevede che diventerà competitivo con il gas naturale entro il 2030 e potrebbe rappresentare uno strumento importante per la decarbonizzazione di settori hard-to-abate come l’industria siderurgica e la produzione di prodotti chimici. Poiché l’UE prevede di importare circa la metà del suo fabbisogno di idrogeno verde, i Paesi del Vicinato meridionale potrebbero diventare un fornitore affidabile per l’Europa. Considerato che l’UE ipotizza di importare 10 milioni di megatonnellate all’anno di idrogeno verde entro il 2030, una fornitura costante nelle immediate vicinanze contribuirebbe ad accorciare la complessa catena di valore di questa risorsa.

Tra i segnali promettenti in questo senso vi sono la presentazione da parte dell’Egitto, in occasione della COP27, di una strategia per l’idrogeno verde e a basse emissioni di carbonio e il memorandum d’intesa con l’UE per lo sviluppo di un partenariato in questo settore. Anche i recenti progetti pilota in Marocco sono promettenti, dagli elettrolizzatori a membrana per scindere le molecole d’acqua a un sistema di microproduzione nel Parco dell’energia verde di Benguerir. Tuttavia, per mettere a frutto il potenziale del Vicinato meridionale e costruire un’economia verde integrata dell’idrogeno, l’UE dovrebbe convogliare investimenti significativi in questo settore. Inoltre, l’UE dovrebbe non tralasciare la possibilità che le quote europee di importazione di idrogeno verde non abbiano un impatto a catena nei Paesi esportatori, assicurandosi che questi ultimi non optino per un maggiore consumo di combustibili fossili per alimentare il mercato interno in quanto la capacità rinnovabile sarebbe completamente dedicata alla produzione di idrogeno per le esportazioni. È quindi essenziale che, oltre a sostenere l’idrogeno verde, si promuova anche lo sviluppo della capacità di generare energia rinnovabile della regione.

Detto questo, l’idrogeno verde non è garanzia di decarbonizzazione. Le necessarie infrastrutture richiedono una costruzione lunga e costosa e un’ampia capacità di produzione energetica rinnovabile. L’UE dovrà valutare attentamente le strategie relative all’idrogeno dei Paesi della regione (e la fattibilità delle tabelle di marcia) prima di impegnarsi in un sostegno finanziario, per evitare di finanziare la costruzione di “elefanti bianchi”, ossia di impianti costosi i cui ricavi non arriverebbero a coprire i costi di costruzione e di esercizio. Rimane inoltre grande incertezza sulla fattibilità di un mercato dell’idrogeno verde simile al GNL. L’adattamento dei gasdotti esistenti all’idrogeno è possibile, ma richiede anni e ingenti investimenti, mentre la liquefazione dell’idrogeno per il trasporto marittimo a lunga distanza è un’operazione complessa e costosa.

Un’area di azione più efficace dal punto di vista dei costi potrebbe essere il sostegno dell’UE alla produzione di ammoniaca verde nel Vicinato meridionale. Questo prodotto, la cui esportazione è già iniziata, offre un’alternativa quale combustibile, sistema di stoccaggio dell’energia e componente chimico. Le temperature estremamente basse richieste per creare idrogeno liquefatto dalla sua forma gassosa sarebbero più costose e difficili da produrre.

Energia rinnovabile

In definitiva, l’energia pulita più economica e conveniente che gli europei possono ottenere dal Nord Africa è l’elettricità prodotta da fonti rinnovabili e fornita attraverso cavi sottomarini, che sono anche più facili da realizzare rispetto ai gasdotti o agli idrogenodotti. L’UE non riuscirà a raggiungere i suoi ambiziosi obiettivi di riduzione delle emissioni di carbonio se non dedicherà la dovuta attenzione alle energie rinnovabili. L’UE è destinata a rimanere un importatore netto di energia anche dopo aver raggiunto gli obiettivi 2030 per le energie rinnovabili. Pertanto, garantire un approvvigionamento costante e sicuro di energia rinnovabile dai Paesi del Vicinato meridionale sarà essenziale per raggiungere la sicurezza energetica e gli obiettivi di decarbonizzazione dell’UE e dell’Accordo di Parigi. Un Vicinato meridionale più integrato potrebbe fornire un contributo significativo per soddisfare il fabbisogno energetico europeo.

Il Nord Africa ha un grande potenziale di energia rinnovabile. Il Marocco ha già iniziato a incrementare la produzione solare ed eolica, mentre il potenziale dell’Algeria resta in gran parte non sfruttato in quanto l’economia del Paese rimane governata dalla logica del Rentier State. Il sostegno e l’esperienza europea potrebbero aiutare a risolvere questo problema. Ma, al di là di ciò, l’UE dovrebbe negoziare con l’Algeria per concordare un nuovo partenariato energetico che fornisca incentivi adeguati a superare la riluttanza e a stabilire una tabella di marcia realistica per la transizione. Come si è detto, il CBAM implica che il near-shoring nel Vicinato meridionale sarà efficace solo se alimentato da energia pulita e con una ridotta intensità di carbonio dei prodotti. L’UE deve anche considerare come migliorare le reti elettriche dei Paesi partner e aumentarne l’efficienza e la capacità. In questo modo si potrebbe liberare una quota maggiore di energia per l’esportazione e la produzione di idrogeno verde.

Sicurezza delle infrastrutture

La guerra in Ucraina ha ricordato in modo drammatico quanto possano essere vulnerabili ed esposte le infrastrutture strategiche. La Russia potrebbe aver avuto un ruolo nelle esplosioni del settembre 2022 che hanno interessato due gasdotti Nord Stream 1 e un gasdotto Nord Stream 2, che hanno impedito il trasferimento di gas alla Germania e contribuito a mantenere alti i prezzi. Alcune settimane dopo questi incidenti, sono stati interrotti cavi vitali per il funzionamento della ferrovia nel nord della Germania e, dalle Isole Faroe al Mediterraneo, sono stati misteriosamente tagliati cavi sottomarini in diverse località. In un’epoca in cui aumentano le tensioni, la competizione e l’armamento dei collegamenti energetici e digitali, sarà importante che l’UE garantisca che i suoi investimenti nell’ambito del Global Gateway nel Mediterraneo servano anche a proteggere le infrastrutture critiche costruite sotto la sua egida.

Nel Vicinato meridionale l’instabilità è influenzata dalla presenza di un numero significativo di gruppi armati non statali, che creano una situazione in cui attori malintenzionati potrebbero compiere sia sabotaggi fisici che attacchi informatici. La soglia per causare danni alle infrastrutture critiche – in particolare ai cavi sottomarini – è bassa, il che rende ampio il bacino dei potenziali aggressori. Ciononostante, il numero di mezzi europei di monitoraggio e riparazione – come navi di sorveglianza, droni sottomarini e navi di riparazione – non è aumentato per adeguarsi a questo mutato profilo di rischio e sono solo due – la francese Raymond Croze e l’italiana Elettra – le navi disponibili per riparare i cavi sottomarini che operano nell’ambito dell’Accordo di manutenzione dei cavi del Mediterraneo.

Nel dicembre 2022 l’UE ha adottato una direttiva che richiede agli Stati membri di mettere in atto strategie nazionali volte a ridurre le vulnerabilità e aumentare la protezione delle strutture critiche. Ciò prevede il rafforzamento della cooperazione con la NATO. L’esperienza dell’Alleanza atlantica e le sue capacità di sorveglianza in termini di copertura aerea, raccolta di informazioni e satelliti per l’osservazione terrestre saranno fondamentali per proteggere le infrastrutture critiche. Parallelamente, la resilienza (ovvero la capacità di monitorare e affrontare le minacce nonché la capacità fisica delle infrastrutture di resistere ai danni e di essere riparate) emerge oggi come un’esigenza collettiva che non può essere affrontata adeguatamente su scala nazionale. La natura transnazionale della maggior parte delle infrastrutture critiche europee richiede già di per sé iniziative condivise, cosa che è ancora più vera per i collegamenti sottomarini come i gasdotti e i cavi, che interessano diversi ambiti politici. Inoltre, l’estensione dei luoghi da monitorare è tale da superare le capacità di una singola nazione, come nel caso del Mare del Nord e del Mar Baltico, per non parlare dell’ancor più grande Mare Mediterraneo.

Attori presenti nel Vicinato meridionale

Cina

La Cina ha aumentato in maniera significativa i suoi investimenti nel Vicinato meridionale, in gran parte attraverso la BRI, nei settori dell’energia, dei trasporti e dell’edilizia. Tra il 2005 e la prima metà del 2022 Pechino ha investito in progetti o costruito direttamente nei Paesi del Vicinato meridionale per un valore complessivo pari a 82,1 miliardi di dollari. La cifra reale potrebbe essere ancora più significativa, dato che il China Global Investment Tracker, l’unico data set disponibile e accessibile al pubblico, elenca solo le transazioni superiori a 100 milioni di dollari.

La recente decisione dell’Algeria di richiedere l’adesione ai BRICS, così come la manifestazione di interesse dell’Egitto a entrare nel gruppo, suggeriscono che la Cina ha ormai acquisito un notevole peso politico nella regione. Inoltre, nel dicembre 2022 l’Algeria ha firmato due accordi con la Cina sullo sviluppo della BRI e sulla cooperazione economica, che migliorano sostanzialmente il partenariato tra i due Paesi.

Il rapporto dell’UE con i Paesi della regione MENA può sembrare a prima vista caratterizzato da una crescente distanza, con iniziative di integrazione che faticano a progredire. L’impegno dell’UE ha inoltre dovuto fare i conti con la guerra in Ucraina e i non trascurabili legami che molti attori regionali hanno con Mosca.

Tuttavia, la Cina non sta soppiantando l’UE come principale partner per lo sviluppo delle infrastrutture degli Stati del Vicinato meridionale. I dati di EU Aid Explorer, l’osservatorio che monitora il livello di aiuti pubblici allo sviluppo delle istituzioni dell’UE e degli Stati membri, indicano che l’assistenza totale fornita dall’UE al Vicinato meridionale tra il 2007 e il 2022 è stata pari a 57,92 miliardi di euro. Tale cifra non solo è in linea con gli impegni cinesi, ma è ancora più notevole se si considera che è costituito quasi esclusivamente da sovvenzioni (grants). Al contrario, i finanziamenti della BRI vengono erogati sotto forma di prestiti, che gli Stati partner devono ovviamente rimborsare, non sempre a condizioni favorevoli. Pechino è stata pioniera nell’assemblare investimenti infrastrutturali su larga scala a livello globale, ma gli svantaggi delle sue iniziative sono diventati più chiari nel tempo, dalla mancanza di trasparenza alla “trappola del debito” implicita legata ai prestiti (e al rifiuto di permettere la ristrutturazione del debito) e alla discutibile sostenibilità ambientale.

Inoltre, dal lancio della BRI, la Banca europea per gli investimenti (BEI) ha approvato o fornito sostegno a progetti per un valore di 16,4 miliardi di euro nei Paesi del Vicinato meridionale. Infine, gli investimenti diretti esteri netti in questa regione da parte dei Paesi dell’UE tra il 2013 e il 2020 sono stati pari a oltre 36 miliardi di euro.

L’UE, inoltre, è più che all’altezza della Cina in termini di scambi commerciali di beni e la supera in termini di quota del commercio estero totale con il Vicinato meridionale, che è quasi doppia per la maggior parte degli Stati. I dati confermano che l’UE rappresenta più della metà del commercio totale dell’Algeria e un quarto di quello dell’Egitto. Considerando che entrambi i Paesi stanno aumentando le rispettive forniture di gas all’Europa nel contesto della guerra della Russia contro l’Ucraina, è probabile che una relazione commerciale così forte sia destinata a durare.

Questi rapporti commerciali creano una solida base su cui forgiare legami più forti nel settore manifatturiero e dell’energia verde. L’aperta dichiarazione dell’UE di considerare la Cina come un rivale sistemico costituisce un potente argomento per contenere la sua espansione nella regione e una spinta a intensificare l’azione europea a tal fine. Questo obiettivo, tuttavia, non dovrebbe andare a discapito della cooperazione in aree in cui i due Paesi condividono interessi comuni, prima fra tutte la lotta al cambiamento climatico. Tale terreno comune è stato riconosciuto da entrambe le parti in occasione del Vertice UE-Cina dell’aprile 2022 e il sostegno alla decarbonizzazione delle attività nel Vicinato meridionale, attraverso investimenti e assistenza tecnica, risponderebbe alle preoccupazioni condivise sulle questioni climatiche, creando al contempo opportunità economiche. Sia l’UE che la Cina sono importatori netti di energia e non dispongono pertanto (a differenza degli Stati arabi del Golfo) di materie prime fossili da poter utilizzare come arma. Un Vicinato meridionale a minore intensità di carbonio, che la tecnologia cinese può aiutare a sviluppare, sarebbe nell’interesse dell’UE.

Stati arabi del Golfo

Anche gli Stati arabi del Golfo, come l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti (EAU) e il Qatar, stanno estendendo i loro investimenti e, di conseguenza, la loro influenza politica nel Vicinato meridionale. Ciò potrebbe creare nuove opportunità di cooperazione tra l’UE e il Golfo. Dall’ottobre 2021 il Fondo di investimento privato dell’Arabia Saudita ha rafforzato le riserve della banca centrale egiziana e ha annunciato acquisizioni massicce di aziende egiziane. Tali investimenti potrebbero anche costituire un potente strumento per plasmare l’Egitto di domani, secondo gli obiettivi politici ed economici sauditi. Nel giugno 2022 i due Paesi hanno firmato accordi sullo sviluppo delle infrastrutture, dell’energia pulita e dell’idrogeno verde, il che suggerisce che gli impegni di Riyadh vanno oltre il sostegno al governo del presidente Abdel Fattah Al-Sisi e altre questioni a breve termine. Allo stesso modo, gli EAU stanno rafforzando il partenariato con il Marocco attraverso investimenti, legami commerciali e cooperazione su progetti di energia pulita. Il Qatar ha inoltre cominciato a corteggiare il Marocco con proposte per un accordo di libero scambio e sta espandendo ulteriormente i suoi legami economici con l’Algeria, approfittando della recente liberalizzazione degli investimenti.

Sebbene gli obiettivi di economia politica degli Stati arabi del Golfo possano divergere da quelli dell’Europa, essi confinano con il Mediterraneo e sono ben equipaggiati in termini di risorse finanziarie. L’UE potrebbe adottare un approccio pragmatico nei loro confronti e far leva sugli interessi comuni esistenti, ossia la stabilità politica e la crescita economica, cercando di convogliare gli investimenti del Golfo in progetti reciprocamente vantaggiosi. Tuttavia, nell’adottare tale approccio, l’UE dovrebbe rimanere cauta rispetto ai rischi creati dall’interdipendenza energetica con i Paesi del Golfo, che potrebbero utilizzare queste nuove catene del valore per influenzare gli europei a beneficio dei propri interessi nel Vicinato meridionale. Anche se le contromisure non sarebbero semplici da elaborare, l’UE potrebbe adattare il Global Gateway per incorporare un quadro rigoroso che disciplini l’inclusione degli Stati arabi del Golfo nei progetti di interesse comune.

Turchia

Un rapporto privilegiato con la Turchia rimarrà indispensabile per l’UE per affrontare questioni che vanno dalla guerra della Russia contro l’Ucraina al sostegno ai rifugiati siriani. I progetti infrastrutturali esistenti che rivestono una certa importanza a questo proposito includono i cavi sottomarini che collegano il Mediterraneo orientale con l’Europa e il potenziale Gasdotto EastMed. La Turchia ha dichiarato di voler partecipare alla costruzione e alla gestione dei collegamenti energetici tra il Mediterraneo orientale e l’Europa. Per alcuni anni, le tensioni si sono concentrate sulla delimitazione delle zone economiche esclusive (ZEE) e sulle rivendicazioni della Turchia nel Mediterraneo orientale, con diversi altri Stati della regione che si oppongono alle sue pretese. Ciò ha ostacolato la capacità dell’UE di diversificare i percorsi dei gasdotti (e quindi potenzialmente anche dell’idrogeno in futuro) e dei cavi digitali sottomarini.

La Turchia ha dichiarato di voler essere consultata su qualsiasi infrastruttura nelle aree che rivendica e in passato ha impedito alle navi da rilevamento di svolgere attività legate alla pianificazione delle infrastrutture. A questo proposito, il Global Gateway potrebbe rappresentare un’importante leva europea per un dialogo più produttivo con Ankara. Se si considerano le recenti difficoltà economiche della Turchia, l’opportunità di aderire a un progetto di tale portata potrebbe contribuire ad ammorbidire le posizioni turche su una serie di questioni, anche nel Mediterraneo orientale, che potrebbe essere un candidato privilegiato per gli investimenti del Global Gateway.

Raccomandazioni

Da tempo l’UE cerca di affrontare le cause dell’instabilità nel Vicinato meridionale. Il Global Gateway può potenzialmente permettere di perseguire questo obiettivo promuovendo la costruzione di infrastrutture, migliorando la connettività regionale, generando crescita economica e fornendo occupazione. I governi della regione sono desiderosi di collaborare con partner esterni per lo sviluppo economico e sociale.
Gli europei hanno l’opportunità di dimostrare che possono essere un partner strategicamente più valido della Russia, in particolare di una Russia sottoposta a rigide sanzioni occidentali, e che non solo possono competere con la Cina nella fornitura di benefici economici, ma possono dimostrare di essere un partner più rilevante.
Gli europei possono raggiungere questi obiettivi affinando le attività del Global Gateway in diversi modi.

Promuovere la crescita inclusiva

L’UE dovrebbe dispiegare il Global Gateway nel Vicinato meridionale per migliorare la connettività e creare nuove opportunità socio-economiche accessibili ai più ampi strati della popolazione al fine di guidare una crescita inclusiva e promuovere la transizione verde. Gli investimenti del Global Gateway dovrebbero comprendere la formazione della forza lavoro per i sottoccupati e i disoccupati di questi Paesi, consentendo la delocalizzazione di impianti e processi produttivi attualmente situati altrove e affrontando, al contempo, i fattori che alimentano la migrazione verso l’Europa.

Per dare impulso a tale processo, la Commissione europea dovrebbe concentrarsi sulle componenti flessibili del braccio finanziario del Global Gateway per sostenere innanzitutto lo sviluppo economico, attingendo ai forti legami commerciali e di investimento esistenti nell’UE e sostenendo l’integrazione dei Paesi del Vicinato meridionale nelle catene del valore europee. La Commissione dovrebbe orientare gli aiuti e il sostegno all’assistenza verso investimenti strategici in settori chiave. Gli investimenti diretti esteri dei Paesi dell’UE svolgono già un ruolo importante nelle economie del Mediterraneo meridionale e, se abbinati a garanzie e sovvenzioni da parte delle istituzioni europee di finanza allo sviluppo, sono intrinsecamente preferibili a un approccio di tipo cinese basato sui prestiti.

Tuttavia, gli aiuti materiali e i finanziamenti per l’assistenza dominano ancora la spesa per lo sviluppo esterno dell’UE: spostare una parte di queste risorse verso investimenti strategici nella connettività e nell’energia stimolerebbe la crescita e sosterrebbe gli obiettivi europei. Di concerto con il Consiglio UE e il Parlamento Europeo, la Commissione dovrebbe rivedere lo strumento NDICI e le sue priorità, in modo che questo si concentri maggiormente sullo sviluppo economico e relativamente meno sull’assistenza umanitaria o sui diritti umani. Sebbene queste due aree debbano rimanere pietre miliari dell’azione esterna dell’UE nei confronti del Vicinato meridionale, sono già ampiamente trattate dai quattro pilastri tematici della NDICI e potrebbero rivelarsi questioni sensibili per alcuni governi regionali. Questo cambiamento può anche aiutare a rispondere alla domanda su come lavorare con altre potenze attive nella regione, in quanto trasformerebbe il Global Gateway in uno strumento in grado di consentire la cooperazione con alcuni Stati situati al di fuori del Vicinato meridionale su questioni strettamente tecniche.

L’UE può anche sostenere i progressi riducendo le condizionalità politiche iniziali legate ai finanziamenti del Global Gateway ma, parallelamente, dovrebbe aumentare i requisiti tecnici per il finanziamento dei progetti, adottando misure per garantire l’interoperabilità con gli standard europei e promuovendo la trasparenza delle procedure adottate dalle autorità regionali e dalle imprese partecipanti. Collegare alcuni elementi di condizionalità (politica) agli standard di rendicontazione ambientale, sociale e di governance (ESG) aiuterebbe l’UE a raggiungere i suoi obiettivi più ampi, evitando al contempo di usare una mano troppo pesante che potrebbe scoraggiare la cooperazione. A tal fine dovrebbe istituire un’ulteriore linea di credito ESG all’interno dell’NDICI. Questo non solo migliorerebbe la responsabilità dei progetti sostenuti attraverso il Global Gateway, ma fungerebbe anche da motore per gli obiettivi relativi al clima e alla sostenibilità. La Commissione potrebbe anche rivedere il sistema di garanzia nell’ambito dei Piani d’azione globali per l’Europa dell’NDICI per garantire che l’impegno esterno dell’UE rimanga compatibile con i valori e gli impegni europei. Come si è detto, la Nuova Agenda per il Mediterraneo, lanciata nel febbraio 2021, presenta innovazioni sulla questione della condizionalità. L’UE dovrebbe estendere ulteriormente questo approccio rivisto, sostituendo i meccanismi di condizionalità con requisiti tecnici.

Inoltre, l’UE potrebbe introdurre requisiti di rendicontazione finanziaria più severi e trasparenti per accedere a fondi come una linea di credito ESG, per contribuire ad affrontare gli ostacoli significativi attualmente esistenti agli investimenti, come la corruzione, e per affrontare la debolezza dell’economia del Vicinato meridionale, incentivando i governi a promuovere un ambiente imprenditoriale più stabile. Tuttavia, tali questioni sono profondamente radicate nei modelli politici della regione e richiedono quindi un impegno costante, ma l’utilizzo del Global Gateway come quadro iniziale rimane un’opzione che l’UE dovrebbe prendere in considerazione.

Infine, con l’entrata in vigore del CBAM prevista per la fine del 2023, l’UE dovrebbe aiutare gli Stati del Vicinato meridionale a decarbonizzare le loro economie fornendo know-how e competenze tecniche. La riduzione dell’intensità di carbonio delle industrie nei Paesi di destinazione è essenziale per garantire che il CBAM non ostacoli la creazione di catene di valore attraverso il Mediterraneo. A tal fine, i consorzi europei di imprese potrebbero condividere le conoscenze sui processi di decarbonizzazione con gli Stati del Vicinato meridionale e l’industria. Questo è fondamentale non solo per migliorare la fattibilità del near-shoring ma, cosa altrettanto importante, per garantire che questi Paesi non si rivolgano a potenze rivali per sostenere la decarbonizzazione delle loro economie.

Estendere il modello TEN-T al Mediterraneo

L’UE dovrebbe seguire il modello della Rete transeuropea di trasporto (TEN-T) per garantire che il Global Gateway indirizzi gli investimenti verso importanti snodi commerciali del Mediterraneo come Tangeri e Alessandria e dovrebbe puntare a facilitare l’integrazione delle economie nordafricane nelle catene di valore europee. In questo caso dovrebbe dare priorità al trasporto merci rispetto a quello passeggeri: nonostante l’importanza della mobilità sostenibile delle persone, il movimento delle merci ha un potenziale maggiore per il near-shoring e quindi per affrontare questa questione di interesse strategico. Sarebbe dunque essenziale che la Commissione europea designasse corsie specifiche e corridoi di collegamento per il trasporto di merci. L’UE, e più specificamente la Commissione, dovrebbe analizzare i flussi di merci e le opportunità economiche insieme ai Paesi di destinazione e concordare una serie di collegamenti primari e subordinati per facilitare la logistica. Idealmente, un tale schema collegherebbe le regioni produttive di diversi Paesi del Vicinato meridionale con i distretti industriali dotati di porti rilevanti.

Per sostenere l’integrazione regionale, la TEN-T dovrebbe anche ispirare la creazione di un corridoio terrestre “orizzontale” per il Nord Africa. L’UE dovrebbe investire in progetti negli Stati partner per garantire che all’autostrada trans-maghrebina corrisponda una ferrovia trans-maghrebina. In questo modo si creerebbero connessioni sostenibili e si contribuirebbe a ridurre l’impronta di carbonio dei prodotti commercializzati una volta che il CBAM entrerà in vigore.

Tali corridoi dovrebbero andare oltre le infrastrutture per consentire un efficiente spostamento delle merci dai treni merci alle navi da carico, eliminando così i colli di bottiglia. L’UE dovrebbe quindi includere l’estensione di standard e procedure tecnologiche compatibili nei progetti finanziati dal Global Gateway. Ciò garantirebbe la convergenza dei Paesi partner verso procedure e protocolli infrastrutturali condivisi, permettendo al contempo l’acquisizione di nuove capacità tecniche. Questo sarebbe in gran parte responsabilità degli organismi dell’UE coinvolti nella selezione e nella gestione dei finanziamenti del Global Gateway, per garantire che tutti aderiscano a standard europei comuni. Gli standard specifici compatibili con l’UE dovrebbero quindi essere un prerequisito per il finanziamento delle infrastrutture. A questo proposito, visto che il futuro della logistica è sempre più digitale e automatizzato, corridoi transfrontalieri 5G e cavi in fibra sottomarini dovrebbero rientrare tra le infrastrutture finanziate dal Global Gateway nella regione.

Per evitare che il Vicinato meridionale diventi un anello mancante tra la rete TEN-T dell’UE e i previsti corridoi strategici UE-Africa, il Global Gateway dovrebbe definire una serie di direttrici di trasporto che contribuirebbe a costruire per promuovere la mobilità sostenibile delle merci attraverso il Mediterraneo. Ciò potrebbe includere l’espansione dei corridoi esistenti verso il Mediterraneo orientale e meridionale: un corridoio “EastMed” dalla Grecia alla Turchia e all’Egitto, un corridoio centrale dall’Italia alla Tunisia e alla Libia e un corridoio occidentale dalla Spagna al Marocco e all’Algeria.

Infine, l’UE dovrebbe garantire una quota maggiore di cofinanziamento per i progetti che coinvolgono più di un Paese del Vicinato meridionale, una proposta prevista dalla Task Force T20 del G20 sugli investimenti e il finanziamento di infrastrutture inclusive, resilienti e più sostenibili. Fornire ai progetti transnazionali condizioni di finanziamento più generose rispetto a quelli che coinvolgono un solo Paese del Vicinato meridionale sosterrebbe la connettività transfrontaliera e contribuirebbe a riunire gli attori regionali. A tal fine, la Commissione europea e la BEI potrebbero istituire un apposito strumento all’interno del Bilancio NDICI-Europa globale per facilitare la cooperazione infrastrutturale intraregionale.

Bilanciare il fabbisogno energetico di oggi con le ambizioni verdi di domani

La fornitura di elettricità prodotta da fonti rinnovabili e idrogeno verde dovrebbe costituire la spina dorsale di qualsiasi partnership energetica a lungo termine nell’ambito di un rinnovato Global Gateway nel Vicinato meridionale. Per sviluppare appieno l’enorme potenziale della regione in termini di energia verde, soprattutto solare ed eolica, la strategia dell’UE dovrebbe dare una chiara priorità all’aumento della produzione di energia rinnovabile nel Vicinato meridionale, in modo che i Paesi partner siano in grado di elettrificare le loro economie e di mantenere una capacità di riserva di energia rinnovabile per l’esportazione. 

Altrettanto importante è che l’UE dimostri ai Paesi partner che l’attuazione tempestiva della transizione energetica pulita può offrire opportunità economiche. Può farlo dedicando il maggior numero possibile di risorse del Global Gateway al sostegno della produzione e del trasferimento di energia rinnovabile e limitando l’impegno per i combustibili fossili a ciò che è veramente necessario alla luce delle aspettative della domanda di gas da parte dell’UE. Anche se il gas avrà ancora un ruolo nel medio termine, l’UE dovrebbe evitare di finanziare infrastrutture che potrebbero rivelarsi utili solo per un periodo di tempo relativamente breve, alla luce degli obiettivi climatici per il 2030.

Investire nella protezione delle infrastrutture critiche

L’UE deve migliorare le proprie capacità di sorveglianza e di resilienza al fine di proteggere adeguatamente futuri investimenti nel Global Gateway e in altre infrastrutture chiave. A tal fine, l’UE dovrebbe istituire un “sistema di responsabilità condivisa” insieme ai partner del Vicinato meridionale che riunirebbe le risorse necessarie per monitorare importanti infrastrutture. Questo sforzo dovrebbe ispirarsi agli accordi già esistenti tra alcune imprese, le forze marittime e le guardie costiere nazionali. Tale progetto potrebbe stabilire accordi simili per monitorare, ad esempio, i cavi sottomarini, preferibilmente nell’ambito di una missione dell’UE piuttosto che di più missioni nazionali, dando vita a una sorta di Operazione Irini per le infrastrutture, imparando dall’esperienza della missione marittima dell’UE per monitorare le esportazioni illecite da e verso la Libia. Il potenziamento delle capacità in questo settore aumenterebbe la credibilità e la reputazione dell’UE nel Vicinato meridionale, anche come partner privilegiato dei governi della regione.

Per quanto riguarda le infrastrutture terrestri in Nord Africa, la sorveglianza richiederebbe mezzi terrestri e aerei che potrebbero non essere a disposizione dei Paesi del Vicinato meridionale. L’UE dovrebbe quindi impegnarsi con le autorità militari e di polizia locali per consentire loro di svolgere questo compito essenziale in un sistema condiviso.

L’UE da sola non sarà ovviamente in grado di monitorare tutte le infrastrutture critiche della vasta regione mediterranea. L’UE e la NATO dovrebbero quindi concordare di migliorare la loro partnership esistente istituendo una task force congiunta per la protezione delle infrastrutture nella regione, come già proposto da vari analisti. La collaborazione con la NATO consentirebbe all’UE di apprendere le best practice e di migliorare la propria capacità di garantire la protezione delle infrastrutture del Mediterraneo.

Fare della Turchia un partner del Global Gateway

L’inclusione della Turchia come partner nel Global Gateway faciliterebbe la soluzione della crisi in corso sulla delimitazione delle ZEE nel Mediterraneo orientale. Questa parte del Mediterraneo potrebbe ospitare diverse rotte strategiche promosse dal Global Gateway, così come il territorio turco per quanto riguarda i corridoi strategici individuati dall’UE.

Ciò significa che l’UE dovrebbe coinvolgere Ankara nella pianificazione di queste nuove infrastrutture invitando formalmente la Turchia ad aderire al Global Gateway, ma la partecipazione turca allo schema dovrebbe procedere solo se gli Stati del Mediterraneo orientale raggiungeranno un accordo sulle ZEE. Per favorire questo processo, l’UE può svolgere il ruolo di mediatore e ospitare una conferenza internazionale sulle delimitazioni marittime. Oltre alla proposta di inclusione nel Global Gateway, l’UE potrebbe offrire di ampliare il numero di merci incluse nell’unione doganale nell’ambito delle discussioni generali con la Turchia, dandole potenzialmente più peso nei vari disaccordi che impediscono lo sviluppo del Mediterraneo orientale. I progressi in questo senso contribuirebbero a facilitare la costruzione e la manutenzione delle infrastrutture fisiche e digitali finanziate dal Global Gateway nelle ZEE degli Stati membri.

Garantire un ruolo maggiore alle banche per lo sviluppo multilaterali e nazionali

La politica europea per il Mediterraneo si è a lungo affidata a istituzioni finanziarie multilaterali, comunitarie e nazionali per sostenere i progetti di sviluppo nei Paesi partner. Tra questi attori spicca la BEI. Tra il 1959 e il 2019, la regione del Mediterraneo meridionale ha ricevuto circa un quarto di tutti i fondi non UE erogati dalla BEI. Oltre al finanziamento diretto, la BEI è in grado di mobilitare maggiori quantità di capitale attraverso meccanismi di de-risking, attirando investitori privati che altrimenti non parteciperebbero a un determinato progetto. Sebbene i tentativi passati di istituire una specifica Banca euromediterranea per lo sviluppo non siano andati a buon fine, rimane l’opportunità di un maggiore coordinamento tra le istituzioni finanziarie per rafforzare sia la coesione che la coerenza degli investimenti europei nella regione.

Se la BEI è già ben integrata nello strumento NDICI, anche la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) ha una lunga storia di attività nel Vicinato meridionale e lavora sempre più spesso con le comunità locali, piuttosto che con le operazioni di mega-finanziamento per cui la BERS è ben nota. Parallelamente, la Commissione europea e il Consiglio dei Ministri dovrebbero coinvolgere ulteriormente le banche per lo sviluppo e le istituzioni finanziarie nazionali degli Stati membri nel finanziamento del Global Gateway. Le preferenze di alcuni Stati membri nei confronti della regione divergono, con i Paesi del Sud più interessati a investire in questa regione. In questo senso, non tutte le banche nazionali per lo sviluppo avranno le stesse priorità. Ci sono quindi buone ragioni per includere formalmente le istituzioni per lo sviluppo europee nel Global Gateway, in primo luogo perché, sebbene esistano divergenze, rimane un significativo terreno comune di cooperazione. L’impegno formale dell’UE nei confronti della Nuova Agenda per il Mediterraneo e del Green Deal europeo significa che ci sono ampie garanzie che gli sforzi delle istituzioni nazionali per lo sviluppo vadano in gran parte nella stessa direzione. Inoltre, includerli in questo modo non solo rafforzerebbe il potere finanziario del Global Gateway, ma aiuterebbe anche a portare le attività di tutte queste iniziative sotto lo stesso ombrello europeo e a garantire che gli investimenti abbiano un impatto il più significativo possibile.

Conclusione

La crescente importanza del Vicinato meridionale per gli europei come fornitore di energia e destinazione per il near-shoring richiede che l’UE garantisca che il Global Gateway sosterrà questi obiettivi strategici. Il Global Gateway è un elemento essenziale per l’affermazione della leadership globale dell’UE nel settore delle infrastrutture e i leader dell’UE non dovrebbero esimersi dalle sfide politiche che il programma deve affrontare per avere successo.

Se l’UE vuole raggiungere la sovranità strategica, deve adeguare le sue azioni alle sue ambizioni. I processi di near-shoring sono complessi e costosi e richiedono fondi adeguati e un solido impegno politico. La promozione dello sviluppo di energia pulita sosterrà la stabilità economica e politica su tutte le sponde del Mediterraneo. I Paesi del Vicinato meridionale possono svolgere un ruolo essenziale nel sostenere le future catene di valore dell’Europa e nello sviluppo delle energie rinnovabili. Tuttavia, ciò potrà accadere solo se l’UE adatterà il suo approccio dedicando la dovuta attenzione e adeguati investimenti a questa regione. Se l’UE agisce ora, il Global Gateway offre in tal senso un’eccellente opportunità.          

Nota sugli autori

Alberto Rizzi è pan-European fellow presso l’ufficio di Roma dell’ECFR – European Council on Foreign Relations. Le sue aree di interesse includono principalmente le politiche economiche europee, il commercio internazionale e la geopolitica dell’energia e delle infrastrutture. Rizzi ha una vasta esperienza nel campo della ricerca, avendo lavorato presso l’Istituto italiano per gli studi di politica internazionale, il Centro europeo di interoperabilità dell’esercito, la Fondazione Italia-Cina e l’Ambasciata d’Italia a Tallinn.

Arturo Varvelli è responsabile dell’ufficio di Roma e senior policy fellow presso l’ECFR – European Council on Foreign Relations. Le sue aree di interesse includono la geopolitica e gli affari internazionali, il Medio Oriente e il Nord Africa, le relazioni dell’UE e dell’Italia con la regione e i movimenti terroristici transnazionali. Si occupa in particolare di Libia e di relazioni italo-libiche. In precedenza, Varvelli ha lavorato come co-responsabile del centro MENA e responsabile del programma terrorismo presso l’Istituto Italiano per gli Studi di Politica Internazionale, dove ha organizzato i “Rome MED – Mediterranean Dialogues” insieme al Ministero degli Affari Esteri.

Ringraziamenti

Questo documento ha tratto grande beneficio dal supporto e dai suggerimenti dei colleghi dell’ECFR. Gli autori desiderano esprimere la loro gratitudine a Jeremy Shapiro, Susi Dennison, Julien Barnes-Dacey, Adam Harrison, Teresa Coratella e Lorena Stella Martini. Preziosi spunti sono stati forniti dai maggiori esperti e professionisti in materia di finanza per lo sviluppo e infrastrutture e a tale proposito gli autori desiderano ringraziare Enrico Petrocelli, Federico Solfrini ed Emmanuele Carboni.

Questo policy brief è stato reso possibile dal sostegno di Cassa Depositi e Prestiti all’Ufficio di Roma di ECFR.

ECFR non assume posizioni collettive. Le pubblicazioni di ECFR rappresentano il punto di vista degli autori.