Strategic Interdependence: Europe’s new approach in a world of middle powers (riassunto)

Le Middle powers stanno riformando un mondo frammentato per cui l’Europa è mal preparata. Per proteggere i propri interessi e valori, l’UE ha bisogno di una strategia in politica estera che tenga conto della sua ampia gamma di interdipendenze.

Indian Prime Minister Narendra Modi welcomes President of the European Union Ursula von der Leyen
Il Primo Ministro Indiano Narendra Modi dà il benvenuto alla Presidente dell’UE Ursula von der Leyen al suo arrivo al Bharat Mandapam convention center per il Summit del G20 a Nuova Delhi, India
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‘Middle powers‘ sempre più assertive – così eterogenee come India, Brasile, Arabia Saudita e Giappone, o ancora Kazakistan, Sud Africa e Turchia – stanno dando forma al nuovo ordine mondiale.

  • L’UE conta molte interdipendenze e per questo non sarà mai del tutto autosufficiente. In più, non è nel suo interesse definire la propria politica estera in opposizione a superpotenze come Cina e Stati Uniti.
  • L’UE ha bisogno di un approccio che protegga i propri interessi e valori, basato sulla conoscenza delle partnerships necessarie e del potenziale potere che può esercitarvi all’interno: l’interdipendenza strategica.
  • L’UE dovrebbe prepararsi alla coesistenza e alla competizione politica, privilegiare la riduzione dei rischi rispetto al disaccoppiamento e investire in relazioni chiave, invece di confermarsi come difensore del vecchio ordine.

In un ordine mondiale frammentato e apertamente transazionale, gli europei hanno bisogno di un nuovo approccio che rafforzi i legami con Paesi diversi dagli Stati Uniti per proteggere i loro interessi e rimanere rilevanti, secondo un nuovo rapporto pubblicato dall’European Council on Foreign Relations (ECFR).

In vista dell’incontro di questa settimana della Comunità Politica Europea e del Consiglio Europeo informale sull’autonomia strategica, gli autori dell’ECFR suggeriscono che una tale strategia rispetterebbe i desideri di sovranità di medie potenze come India, Brasile, Arabia Saudita, Giappone, Sud Africa e Turchia e contemporaneamente aumenterebbe la sovranità dell’Europa stessa.

Gli europei possono allo stesso tempo cooperare e competere con questi attori su aree di reciproco interesse come il clima, l’economia o la difesa, attraverso strutture multilaterali occidentali e non occidentali – scrivono gli autori.

Gli autori chiamano questo nuovo approccio interdipendenza strategica – che dovrebbe basarsi su tre principi chiave:

  • Privilegiare la riduzione di rischi rispetto al disaccoppiamento: le politiche europee dovrebbero riconoscere che in un mondo interdipendente il disaccoppiamento – se rifiutato dal resto del mondo – non è solo irrealistico, ma probabilmente dannoso per gli interessi dell’Europa. Sebbene abbia senso evitare di essere eccessivamente dipendenti da Paesi potenzialmente ostili, specialmente per quanto riguarda materie prime di cruciale importanza, l’urgenza di disaccoppiarsi dovrebbe essere ridotta al minimo per favorire invece la riduzione dei rischi e la costruzione di relazioni con le principali potenze medie.

  • Prepararsi alla coesistenza politica: la politica estera europea dovrebbe focalizzarsi sull’adattamento ad un mondo di coesistenza e competizione politica. L’UE non dovrebbe dare per scontato di poter cambiare i regimi di altri Paesi – piuttosto, deve imparare a coesistere con essi. È inoltre necessario investire nel sostegno ai Paesi più colpiti dalle transizioni globali, a livello tecnologico, demografico e in ambito di decarbonizzazione.

  • Investire nelle relazioni chiave: gli europei dovrebbero comunicare la loro volontà di collaborare alla costruzione di un nuovo ordine mondiale – anziché cercare di preservare quello vecchio. Sebbene raggiungere accordi con Stati ideologicamente affini sia rassicurante, la vera sfida sta nel coinvolgere nuovi partner su questioni differenti. I Paesi europei dovrebbero inoltre valutare se le vecchie strutture, dominate dall’Occidente, siano in grado di rimanere rilevanti grazie all’inclusione di un numero di membri più ampio.

Per costruire un approccio più strategico all’interdipendenza, gli europei hanno molto da imparare dalle potenze medie che stanno dando forma al nuovo ordine. Gli autori del report hanno identificato quattro gruppi fondamentali:

  • I peace preservationists: nell’Indo-Pacifico il fattore dominante che sta rimodellando l’ordine internazionale è l’ascesa della Cina con le sue implicazioni nell’ambito economico, militare e politico a livello globale. Molti dei Paesi di questa regione (come Indonesia, Giappone, Corea del Sud, Taiwan) sono quindi preservatori della pace, interessati a monitorare l’ascesa della Cina come potenza egemonica e ad evitare una guerra.

  • Gli America hedgers: questi Paesi appartengono tradizionalmente alla sfera di influenza americana, ma ora stanno cercando di proteggersi dall’eccessiva dipendenza dagli Stati Uniti impegnandosi con nuovi partners. Il potenziale energetico delle due regioni degli America hedgers esplorate dal report – America Latina e Golfo – dimostra che hanno una crescente leva nelle loro relazioni con le potenze più grandi.

  • I post-colonial dreamers: questo gruppo comprende ex colonie dell’Africa e dell’Asia centrale che, come gli America hedgers, stanno cercando di liberarsi una volta per tutte dal giogo dei loro ex padroni coloniali costruendo relazioni con quasi tutti gli altri Paesi. A differenza dei prudenti, però, molti postcolonial dreamers non hanno i mezzi per sfidare apertamente i loro ex protettori.

  • Le polyamorous powers: a differenza degli American hedgers e dei post-colonial dreamers, le potenze poliamorose non cercano di difendere la propria sovranità da qualche Paese specifico. In quanto potenze con una chiara traiettoria ascendente, sono così sicure del loro ruolo nel futuro ordine globale da essere felici di entrare in relazione con tutti i tipi di partner. La Turchia, ad esempio, si trova in una relazione aperta con l’Occidente, mentre l’India è completamente libera e più che felice di mettersi in gioco.

L’interdipendenza strategica richiede uno specifico approccio alla cooperazione. I Paesi europei devono impegnarsi in modo costruttivo con gli attori non occidentali se vogliono risolvere i problemi globali e promuovere i propri interessi. Questo non significa però la fine della concorrenza. Con una visione chiara degli interessi e delle capacità europee, i Paesi europei potranno fare leva sulla loro influenza, ancora considerevole, per ottenere risultati migliori. Questo approccio porterà più benefici all’Europa e al resto del mondo rispetto al ritorno di un blocco in stile guerra fredda, concludono gli autori.

ECFR non assume posizioni collettive. Le pubblicazioni di ECFR rappresentano il punto di vista degli autori.