Keeping America close, Russia down, and China far away: gli europei di fronte a un mondo sempre più competitivo (riassunto)

I cittadini europei si stanno adattando lentamente al nuovo contesto geopolitico, ma i leader politici hanno l’opportunità di consolidare il consenso pubblico sull’approccio dell’Europa alla Cina, agli Stati Uniti e alla Russia

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  • Il nuovo studio di ECFR, condotto in vari Stati membri dell’UE, rivela che, nell’ipotesi di un’escalation militare tra Stati Uniti e Cina, gli europei non sarebbero così propensi a sostenere Washington, mentre sarebbero a favore di sanzioni economiche contro Pechino qualora quest’ultima dovesse fornire ulteriore sostegno all’invasione russa dell’Ucraina. 
  • Il 74% degli intervistati ritiene che l’Europa non dovrebbe dipendere dalle garanzie di sicurezza degli Stati Uniti, ma piuttosto investire in una difesa autonoma. In Italia, una maggioranza del 63% ha dichiarato di sostenere tale opinione – ma si tratta della percentuale più bassa tra tutti i Paesi oggetto del sondaggio. 
  • Le posizioni politiche di Emmanuel Macron e Olaf Scholz, che vedono la Cina come partner strategico a livello globale, sono ampiamente in linea con l’opinione pubblica europea. Infatti, la maggioranza degli europei definisce Pechino come un “partner necessario” e non un “rivale” del proprio Paese e dell’Europa. In tutti gli Stati, inoltre, una netta maggioranza desidera che l’Europa rimanga neutrale in potenziali conflitti tra Stati Uniti e Cina relativamente a Taiwan.
  • Tuttavia, non mancano preoccupazioni per l’agenda economica di Pechino e per il soft power cinese: l’analisi di ECFR mostra infatti che gli europei non sono a favore della proprietà cinese di infrastrutture chiave, come ponti o porti (negli Stati membri intervistati, il 65% dei cittadini è di questa opinione), società tecnologiche (52%) e giornali nazionali (58%).
  • Per molti europei (41%), la fornitura di armi alla Russia da parte della Cina è inaccettabile e rappresenta una valida ragione per imporre sanzioni a Pechino, anche a costo di danneggiare le economie occidentali. Tuttavia, tale opinione non prevale in Italia, dove solo il 29% degli intervistati ha dichiarato di essere favorevole all’imposizione di sanzioni.
  • Nella loro analisi, Jana Puglierin e Pawel Zerka, esperti di ECFR e coautori del report, sostengono che, nonostante alcune opinioni discordanti, i leader europei abbiano l’opportunità di costruire un consenso pubblico strutturato sull’approccio dell’Europa nei confronti di Cina, Stati Uniti e Russia.

Secondo uno studio di ECFR pubblicato in data odierna, di fronte alle crescenti tensioni tra le principali superpotenze mondiali, gli europei vorrebbero che l’UE ampliasse le proprie capacità di difesa, rendendosi definitivamente indipendente dagli Stati Uniti. Il report, che analizza i dati raccolti in undici Stati membri dell’UE, cioè Austria, Bulgaria, Danimarca, Francia, Germania, Ungheria, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Spagna e Svezia, rivela che, in media, il 74% degli europei ritiene che l’Europa debba attivarsi per migliorare le proprie capacità di difesa.

Il report ECFR Keeping America close, Russia down, and China far away: How Europeans navigate a competitive world analizza anche l’atteggiamento europeo nei confronti della Cina e i rapporti di quest’ultima con singoli Stati membrinonché le relazioni dell’UE con la Russia, attualmente soggetta a sanzioni europee a seguito dell’invasione dell’Ucraina. Sono altresì esaminate le principali divisioni tra gli Stati membri e quelle all’interno degli stessi, fornendo raccomandazioni politiche ai leader europei su come mettere in pratica la sovranità europea. L’indagine, commissionata a Datapraxis e YouGov, nonché a Alpha (Bulgaria), Szondaphone (Ungheria) e Analitiqs (Paesi Bassi), rivela che, relativamente alla Cina e alle sue ambizioni internazionali, potrebbe verificarsi una divisione tra la posizione politica interventista dei leader di Bruxelles e il pubblico europeo in generale.

Secondo i risultati del sondaggio, inoltre, la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen non ha ancora convinto l’opinione pubblica europea della necessità del de-risking  delle relazioni dell’UE con Pechino. I dati raccolti negli undici Stati UE in esame riflettono piuttosto la visione di Emmanuel Macron, secondo cui la Cina è un “partner strategico a livello globale”.

ECFR ha infatti rilevato che una percentuale elevata di europei (43%) vede Pechino come “partner necessario” per il proprio Paese e si dice conseguentemente contraria ad un ampliamento delle sanzioni che includa la Cina, nonostante l’impegno di quest’ultima ad “approfondire i rapporti economici con Mosca”. Alla base di questo atteggiamento, potrebbero esserci ragioni pratiche, come i diversi livelli di esposizione economica degli Stati membri nei confronti della Cina e la loro vulnerabilità economica in generale. Al contempo, sembra che ci sia scarsa consapevolezza in tutta Europa dei rischi connessi alle relazioni commerciali e di investimento economico con Pechino. Solo un cittadino europeo su cinque ritiene che un rapporto del genere comporti più rischi che benefici, mentre il 49% vede nelle importazioni europee di combustibili fossili e nucleari dalla Russia più rischi che benefici.

Il sondaggio evidenzia anche come le relazioni UE-USA appaiano molto diverse rispetto agli anni della presidenza Trump. Alla domanda su quale fosse la loro opinione degli Stati Uniti, maggioranze in Danimarca (53%) e Polonia (50%) e alte percentuali in Olanda (43%), Svezia (41%) e Germania (35%) hanno risposto che ritengono che il partner transatlantico sia un “alleato” dell’Europa: un cambiamento significativo rispetto a quando il gruppo di esperti pose la stessa domanda nel 2021.

Nonostante questo sostegno, non mancano timori sulla direzione politica degli Stati Uniti e su come questa possa influire sulle relazioni con l’Europa: il 56% degli intervistati ritiene che un’eventuale rielezione di Donald Trump “indebolirebbe” le relazioni UE-USA. Questa e altre sfide, come la guerra in Ucraina, sembrano preoccupare molto i cittadini europei, al punto che una netta maggioranza (74%) desidera il potenziamento delle capacità di difesa interne dell’UE, mentre solo l’8% ritiene che questo non sia necessario perché confida nella protezione degli Stati Uniti. Il desiderio di un maggiore controllo sulla politica estera europea si evince anche dalla posizione politica dell’Europa auspicata nell’eventualità di un conflitto tra Stati Uniti e Cina su Taiwan. ECFR ha rilevato che una netta maggioranza (62%) dei cittadini europei ritiene che il proprio Paese dovrebbe rimanere neutrale, mentre meno di un quarto (23%) sarebbe favorevole a schierarsi dalla parte degli Stati Uniti.

 Punti chiave del nuovo sondaggio pan-europeo di ECFR:

  • Gli europei non condividono la posizione di Bruxelles sulla Cina. Il sondaggio ha rilevato che un’alta percentuale di intervistati (43%) considera la Cina un “partner necessario” dell’Europa, soprattutto in Bulgaria (58%) e Ungheria (54%). Un forte sostegno è stato rilevato anche in Spagna, dove il 51% ritiene che la Cina sia un partner con cui è necessario cooperare a livello strategico. Questa opinione è condivisa anche nei Paesi Bassi (49%), Austria (46%), Italia (42%), Danimarca (40%), Polonia (36%), Germania (33%), Francia (31%) e Svezia (31%). I due Paesi più aggressivi nei confronti della Cina appaiono invece Germania e Svezia, dove il 50% degli intervistati ha dichiarato di considerare Pechino come “rivale” o “avversario” dell’Europa.
  • Nonostante molti cittadini siano consapevoli della cooperazione tra Russia e Cina a livello globale, pochi sono propensi ad interrompere le relazioni con Pechino, così come con Mosca. Il 70% degli intervistati ritiene che Russia e Cina collaborino a livello internazionale, collaborazione che appare evidente se si considera la loro partnership economica “no limits”, concordata per la prima volta nel febbraio 2022 e riaffermata nel maggio 2023. Tuttavia, i cittadini europei credono che non sia ancora arrivato il momento di una rottura nelle relazioni con la Cina. Solamente un quinto (22%) ritiene che le relazioni commerciali e di investimento dell’Europa con la Cina comportino più rischi che benefici.
  • Tuttavia, ECFR ha rilevato che, se la Cina dovesse rifornire la Russia di munizioni e armi, il 41% degli intervistati in tutta Europa sarebbe favorevole all’imposizione di sanzioni economiche a Pechino, anche a costo di danneggiare le economie occidentali. Tra gli undici Paesi intervistati, in Svezia (56%), Danimarca (53%) e Paesi Bassi (50%) la maggioranza si è dichiarata a favore delle sanzioni occidentali in una tale eventualità. Un forte consenso è stato espresso anche in Spagna (49%), Polonia (45%) e Francia (41%). Mentre i cittadini in Austria (45%), Ungheria (44%), Italia (42%), Bulgaria (39%) e Germania (38%) appaiono in disaccordo con tale approccio.
  • Non mancano preoccupazioni per l’attività economica della Cina e le sue manovre di soft power nell’UE. Molti europei si oppongono all’idea della proprietà cinese di infrastrutture chiave in Europa, come ponti o porti (65%), società tecnologiche (52%) o giornali (58%). Si registrano alcune divisioni, tuttavia, sul fatto che la Cina possa costruire tali infrastrutture, con il 39% che afferma che è “accettabile” che la Cina “costruisca infrastrutture come ponti e porti in Europa”, contro il 43% che appare in disaccordo. Ciò suggerisce che la proprietà cinese rappresenta un tema molto divisivo per gli europei.
  • Gli Stati Uniti hanno ampiamente ripristinato la propria reputazione di “alleati” e “partner” dell’UE, anche se sussistono alcune preoccupazioni per i danni che una seconda presidenza Trump provocherebbe all’alleanza transatlantica. Mentre nel 2021 nessun Paese europeo riteneva che gli Stati Uniti fossero alleati che “condividevano gli stessi interessi e valori [europei]”, oggi questa visione appare prevalente in Danimarca (54%), Polonia (50%), Paesi Bassi (43%), Svezia (41%) e Germania (35%). In media, questa posizione rappresenta l’opinione del 43% degli intervistati in tutti gli undici Paesi europei. Gli Stati Uniti sono visti principalmente come un “partner necessario” dell’Europa in Spagna (55%), Italia (52%), Ungheria (51%), Austria (48%) e Francia (44%). Solo in Bulgaria circa un quinto (21%) ritiene che gli Stati Uniti siano un “avversario” o un “rivale”. Ma, chiedendo quale impatto possa avere un’eventuale rielezione di Donald Trump sulle relazioni UE-USA, la maggioranza (56%) ha dichiarato che la conseguenza sarebbe un “indebolimento” di tali relazioni.
  • In questo quadro, l’Europa appare animata da un forte desiderio di potenziamento delle capacità di difesa interna. Quanto a sicurezza interna,ECFR ha rilevato che quasi tre quarti (74%) degli europei (il 63% in Italia) ritiene che l’Europa non dovrebbe fare affidamento sugli Stati Uniti, bensì occuparsene in modo diretto, mentre l’8% ritiene che ciò non sia necessario perché gli Stati Uniti continueranno a offrire protezione all’UE. Nonostante gli Stati Uniti si siano opposti all’aggressione russa dell’Ucraina, sembra che l’opinione secondo cui gli europei non dovrebbero affidarsi agli Stati uniti in materia di difesa si sia consolidato rispetto a quando ECFR ha posto una domanda simile nel novembre 2020. Tale aumento appare particolarmente marcato in Ungheria, Paesi Bassi e Germania.
  • La questione Taiwan conferma il desiderio di maggiore indipendenza nei confronti di Washington sulle questioni di politica estera. Gli europei vogliono che l’UE sia un attore neutrale in un eventuale conflitto relativo all’isola. In tutti gli undici Stati membri oggetto del sondaggio, la maggioranza degli intervistati vorrebbe che il proprio Paese “rimanesse neutrale” in un’eventuale guerra contro Taiwan. In media, solo un quarto (23%) vorrebbe che il proprio Paese si schierasse dalla parte di Washington, e solo il 18% degli italiani è di questa opinione. Il sostegno agli Stati Uniti è particolarmente forte in Svezia (35%), Polonia (31%), Paesi Bassi (30%) e Danimarca (28%) ma, anche qui, la maggior parte degli intervistati preferirebbe una posizione di neutralità.
  • Quindici mesi dopo l’invasione russa dell’Ucraina, Mosca è vista prevalentemente come un “avversario” e un “rivale” dell’Europa. Il 64% degli intervistati ritiene che la Russia sia un “avversario” (55%) o un “rivale” (9%) dell’Europa. Le maggioranze sono schiaccianti in Danimarca (74%), Polonia (71%), Svezia (70%), Paesi Bassi (67%), Germania (62%) e Spagna (55%), mentre le percentuali sono più basse in Italia (37%) e Bulgaria (17%). Inoltre, rispetto al 2021, quando ECFR pose la stessa domanda, la percentuale media di intervistati che vede la Russia come un “rivale” o “avversario” è aumentata da circa un terzo a quasi due terzi.
  • Le opinioni sulle relazioni a lungo termine del continente con la Russia appaiono molto discordanti. Circa metà degli intervistati (48%) ritiene che le relazioni del proprio Paese con la Russia, in caso di un accordo di pace con l’Ucraina, dovrebbero essere “limitate”. Questa opinione è prevalente ovunque, anche in Polonia, sebbene i cittadini polacchi siano i più divisi su questo punto: infatti, il 39% sarebbe disposto a porre fine a tutte le relazioni della Polonia con Mosca. L’unico Paese in cui la maggioranza (51%) dei cittadini ha risposto che i rapporti dovrebbero essere quelli di una “cooperazione totale” è la Bulgaria.
  • In Bulgaria, Ungheria e Austria una percentuale significativa di cittadini considera proficua la cooperazione con la Russia. La maggioranza degli intervistati in Bulgaria (62%) e Ungheria (59%) ritiene che la Russia sia un “alleato” o “partner” del proprio Paese. Questa posizione si sposa con i dati raccolti nello European Sentiment Compass 2023 di ECFR, secondo cui entrambi i Paesi sono tra i più vulnerabili al soft power Inoltre, molti cittadini in Bulgaria (51%), Austria (36%) e Ungheria (32%) vorrebbero che il proprio Paese ripristinasse rapporti di piena cooperazione con la Russia, una volta terminata la guerra.

Nella loro analisi, gli esperti ECFR Puglierin e Zerka sostengono che i leader dell’UE debbano identificare i punti chiave dove l’opinione pubblica europea dimostra un’apertura a politiche ambiziose e agire di conseguenza, pur riconoscendo i limiti del suo sostegno. Ad esempio, la maggioranza degli europei ritiene di non poter più fare affidamento sugli Stati Uniti per la sicurezza interna e che, di conseguenza, l’Europa dovrebbe lavorare su un potenziamento delle proprie capacità di difesa. Secondo gli autori, quindi, incoraggiati da tale sostegno, i governi europei dovrebbero investire di più nelle capacità di difesa europee, rafforzando il loro coordinamento in materia di difesa e politica estera.

Sulle relazioni UE-Cina, gli autori affermano che esiste una base per costruire un “terreno comune” tra i cittadini e i loro leader politici riguardo all’influenza di Pechino in Europa, dal momento che gli europei sembrano scettici sulla presenza economica della Cina. Allo stesso tempo, però, i cittadini europei non sembrano convinti che l’Europa possa o debba sganciarsi dalla Cina, come ha fatto invece con la Russia, anche se sono a conoscenza delle relazioni tra Cina e Russia.

I leader politici dovrebbero quindi spiegare i rischi di un’interdipendenza più astratta e distante dell’Europa con la Cina, delineando anche i potenziali scenari nelle relazioni tra Stati Uniti e Cina, la cui concreta possibilità tende a essere sottovalutata dal pubblico. È opportuno infine inquadrare la discussione sulla Cina nel dibattito relativo all’importanza dei valori europei, spiegando come un’eccessiva dipendenza dagli investimenti cinesi possa minare la libertà dell’UE di esprimersi sui diritti umani e sulla democrazia.

Puglierin e Zerka concludono che la questione più importante che l’UE deve affrontare non è la scelta di campo in un potenziale conflitto tra le superpotenze mondiali, ma la salvaguardia della propria indipendenza, conciliando al tempo stesso le esigenze dei propri cittadini e i loro desideri di vedere un’Europa che possa agire e autodeterminarsi a livello globale.

Secondo Jana Puglierin: 

“Il risultato principale di questo sondaggio è il desiderio degli europei di un’ UE maggiormente autosufficiente in politica estera, e che implementi le proprie capacità di difesa. Queste richieste non sono nuove, ma sono state accentuate dalla guerra in Ucraina e dalle crescenti tensioni tra Stati Uniti e Cina. Questo potrebbe essere un momento determinante per l’UE, poiché pone la questione della possibilità di riconciliare le differenze di opinioni all’interno del blocco e passare dalla dipendenza dagli Stati Uniti ad assumere posizioni politiche in modo indipendente”.

Secondo Pawel Zerka: 

“Per adattare l’Europa ad un mondo sempre più competitivo, i leader europei avranno bisogno del sostegno dei cittadini. Non possono andare contro la loro volontà, ma non possono nemmeno semplicemente seguirli. I cittadini europei chiedono che l’UE abbia maggiore voce in capitolo in materia di politica estera, ma le loro opinioni sull’argomento tendono ad essere condizionate dalle circostanze attuali, senza prendere in considerazione possibili bruschi cambiamenti dello status quo.

Se i leader europei dovessero basare le loro azioni sulle aspettative dei cittadini non riuscirebbero a prepararsi a scenari altamente dirompenti, con conseguenze potenzialmente devastanti per la sicurezza europea. Dovrebbero quindi intraprendere una conversazione attiva con i cittadini, per prepararli a vari scenari geopolitici e decisioni difficili, comunicando e spiegando i pericoli di un’eventuale inerzia”.

Questo nuovo report e l’analisi che lo accompagna fanno parte del progetto Re:shape Global Europe di ECFR, volto a sviluppare nuove strategie affinché gli europei comprendano e siano coinvolti nei cambiamenti dell’ordine internazionale. Le precedenti pubblicazioni nell’ambito di questo progetto includono lo European Sovereignty Index, il Power Atlas e l’analisi dell’ opinione pubblica del 2021 sulla visione degli europei della posizione dell’UE a livello globale.

Il monitoraggio dell’opinione pubblica europea condotto da ECFR include analisi degli atteggiamenti europei nei confronti del conflitto tra Russia e Ucraina (prima e dopo l’invasione russa) e sondaggi sulle posizioni dei cittadini europei nei confronti di USA e altre potenze globali. Il report ECFR di febbraio 2022 sulle aspettative degli europei in merito a una potenziale invasione russa dell’Ucraina è disponibile qui. L’analisi delle opinioni sulla guerra a 100 giorni dal conflitto (giugno 2022) è disponibile qui. Infine, qui lo studio dell’opinione pubblica in merito alla guerra e alla risposta europea a un anno di distanza dall’invasione dell’Ucraina.

Metodologia

Il report si basa su un sondaggio dell’opinione pubblica condotto tra la popolazione adulta (dai 18 anni in su) nell’aprile 2023 in 11 Paesi UE (Austria, Bulgaria, Danimarca, Francia, Germania, Ungheria, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Spagna e Svezia). Il numero totale di soggetti intervistati è 16.168.

I sondaggi sono stati condotti online tramite Datapraxis e YouGov in Austria (1.000 intervistati, 6-12 aprile), Danimarca (1.019, 6-11 aprile), Francia (3.087, 6-14 aprile), Germania (3.023, 6-13 aprile), Italia (1.000, 6-12 aprile), Polonia (1.525, 6-18 aprile), Spagna (1.502, 6-12 aprile) e Svezia (1.003, 6-12 aprile), tramite Datapraxis e Alpha in Bulgaria (1.000, 6-19 aprile), Datapraxis e Szondaphone in Ungheria (1.002, 6-20 aprile) e Datapraxis e Analitiqs nei Paesi Bassi (1.007, 4-13 aprile). In tutti i Paesi il campione era rappresentativo a livello nazionale dei dati demografici di base e delle preferenze di votopassati.

Per le domande relative alla percezione di altri Paesi come alleati, partner, rivali o avversari, alle future relazioni con la Russia e alla posizione da adottare nel caso di un conflitto USA-Cina, i campioni nazionali sono stati divisi in modo che un numero uguale di intervistati rispondesse dal punto di vista dell’Europa e da quello del proprio Paese.

ECFR non assume posizioni collettive. Le pubblicazioni di ECFR rappresentano il punto di vista degli autori.