Democratic defence: Come l’Italia può guidare la lotta alla disinformazione russa

Political organisation (People’s Sovereign Democracy) demonstration in St. Apostles Square to social control masquerading as a health emergency and to disinformation, single thinking, censorship of critical opinions.
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Immagine di picture alliance / Pacific Press | Andrea Ronchini
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In breve

  • Secondo una recente ricerca commissionata da ECFR, esistono varie narrazioni filo-russe e filo-cinesi nel dibattito politico tradizionale e online in Italia. Un picco anomalo di attività è stato registrato nell’imminenza delle elezioni politiche del 2022.
  • A dispetto dell’impatto dalla guerra della Russia contro l’Ucraina sulla politica estera italiana, restano in essere molti legami economici tra Roma e Mosca. Inoltre, l’ambiente politico italiano rimane un terreno fertile per l’influenza russa, come dimostrato dal fatto che i leader di quattro dei cinque maggiori partiti in Parlamento non esitano a esprimere posizioni favorevoli a Mosca e a fare appello alla “pace” suggerendo il ritiro del sostegno militare all’Ucraina.
  • L’Italia ha tardato a mettere in piedi le strutture necessarie per contrastare l’ingerenza di attori esterni. Inizialmente la nuova coalizione di governo sembrava non attribuire molta importanza al problema, ma ora ha iniziato a fare progressi sulla scorta delle iniziative intraprese dal precedente governo Draghi.
  • L’Italia dovrebbe cogliere l’opportunità di impegnarsi maggiormente nella lotta alla disinformazione, ad esempio incoraggiando la prossima Commissione europea a considerare la questione una priorità del suo mandato e inserendola nel programma della prossima presidenza italiana del G7.

L’informazione come arma

A seguito dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel 2022, il Servizio europeo per l’azione ha ammonito del  rischio dell’utilizzo da parte di Mosca di  fame e energia come armi attraverso “la manipolazione dell’informazione e la disinformazione rivolta al pubblico internazionale”. Il Cremlino ha cercato – e continua a cercare – di addossare la colpa dell’impennata dei prezzi di cibo ed energia alle sanzioni occidentali e, secondo il rapporto UE, fomenta deliberatamente la confusione ricorrendo a proxy e a varie forme di manipolazione dell’informazione sui social media strumentalizzando questioni delicate.

Nel corso dei decenni l’Italia si è guadagnata in Europa la reputazione di “conoscitore della Russia”. Anche oggi i legami tra alcuni esponenti politici e imprese italiane e le loro controparti russe rimangono alquanto solidi. Per molti anni l’ex premier Silvio Berlusconi ha caldeggiato strette relazioni con la Russia di Vladimir Putin ed è stato tra i più forti sostenitori dell’adesione di Mosca al G8 e del suo inserimento nell’orbita occidentale e della NATO. Anche altre figure di spicco della politica italiana non fanno mistero del loro orientamento filo-russo, primo fra tutti il leader della Lega Matteo Salvini, che per ben due volte –  al Parlamento europeo nel 2015 e nella Piazza Rossa nel 2017 –  ha indossato magliette con l’effigie di Putin. Inoltre, le aziende italiane rappresentano il 6,3 per cento degli attori commerciali internazionali tuttora presenti in Russia.

Negli ultimi quindici anni si è assistito a un aumento del ricorso a tattiche “ibride” messe in atto dalla Russia e da altri attori come la Cina che comportano l’uso e l’abuso dell’informazione allo scopo di perseguire obiettivi strategici più ampi. I risultati della ricerca condotta da Constella Intelligence per ECFR, che vengono presentati in questo policy brief, indicano un’impennata dell’attività russa tanto nel periodo precedente quanto durante la campagna elettorale italiana dello scorso anno. L’Italia è scesa in campo tardi nella lotta alla disinformazione, trascurando per anni l’importanza e la necessità dell’adozione di misure volte a gestire tale minaccia e, nonostante alcuni passi avanti siano stati compiuti sia dal precedente governo Draghi che dall’attuale governo Meloni, resta ancora molto da fare. A un anno dalle elezioni del Parlamento europeo, influenzare l’opinione pubblica in Paesi come l’Italia potrebbe rivelarsi una prospettiva allettante per le potenze esterne, soprattutto considerate le pesanti implicazioni che l’esito del voto avrà su altre istituzioni chiave dell’UE come la Commissione e il Consiglio europeo.

In uno scenario di guerra di lungo periodo come quello che l’Europa si trova indubbiamente ad affrontare, la percezione che i cittadini europei hanno del conflitto a oltre due anni dall’inizio dei combattimenti avrà il suo peso nelle decisioni dei governi degli Stati membri e dall’UE stessa. L’esperienza italiana potrebbe rivelarsi istruttiva per comprendere l’impatto politico della minaccia della disinformazione nei confronti della democrazia, della stabilità economica e della consapevolezza sociale del problema, anche in vista delle elezioni politiche in altri Stati membri dell’UE come Spagna e Polonia. Nell’ultima tornata elettorale in Italia, tre dei principali partiti politici hanno incentrato le rispettive campagne elettorali sull’impatto della guerra e due di essi sono ora al governo. Le tematiche sollevate in campagna elettorale hanno trovato ampio spazio sui social media, molto probabilmente amplificate da bot e falsi account che hanno dato rilievo alle argomentazioni filo-russe. Considerata la vulnerabilità dell’Italia in tal senso, sarebbe auspicabile un maggiore impegno da parte del governo al fine di raddoppiare gli sforzi per combattere la disinformazione e dare maggiore rilievo al problema in contesti internazionali come il G7 e le Nazioni Unite.

Definizioni di disinformazione

Fake news: “falsi resoconti di eventi, scritti e letti su siti web” secondo l’Oxford English Dictionary. Lo scopo delle fake news non è necessariamente quello di ingannare i lettori o creare danni.

Misinformazione: Contenuti falsi o fuorvianti creati o condivisi non necessariamente con l’intento di arrecare danno, anche se il danno può esserne il risultato.

Disinformazione: Informazioni false o fuorvianti, che i propagatori utilizzano deliberatamente per causare danni.

Manipolazione delle informazioni e ingerenze da parte di attori stranieri: Espressione utilizzata dal Servizio di azione esterna dell’UE che evidenzia un intervento esterno maligno alla base di questo tipo di strumento di guerra ibrida. Secondo il Servizio di azione esterna dell’UE  si tratta di “un modello di comportamento per lo più non illegale che minaccia o ha potenzialmente un impatto negativo su valori, procedure e processi politici. Tale attività, che ha carattere manipolativo, è condotta in modo intenzionale e coordinato. Gli attori di tali attività possono essere statali o non statali, compresi i loro proxy all’interno e all’esterno del proprio territorio”.

Disinformazione in Italia

In Italia esiste un problema di disinformazione. Il rapporto annuale pubblicato prima delle elezioni politiche del 2022 dal Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (COPASIR) ha rilevato che “la minaccia ibrida russa continua a manifestarsi attraverso i domini informativo, politico-diplomatico, cibernetico ed economico, attraverso la leva energetica”. Il documento osserva inoltre che vari aspetti di tale fenomeno sono diventati ancora più problematici dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e prosegue illustrando come le fake news e altri veicoli di disinformazione non siano altro che tentativi di influenzare i media mirando a diffondere un’immagine negativa dell’Ucraina, dell’UE e della NATO.

Se la Russia è uno dei principali attori attivi in tal senso, non è certo la sola a fare ampio ricorso a tali strumenti. Nel 2022 il Servizio per l’azione esterna dell’UE ha analizzato l’attività della Cina rilevando un “allineamento nell’ambiente informativo” tra Mosca e Pechino e sottolineando che i media e i social media controllati dal governo cinese “hanno amplificato specifiche narrazioni cospirative filo-russe” tra cui i presunti legami tra i servizi segreti statunitensi e il governo ucraino con i gruppi neonazisti in Ucraina. Il Servizio per l’azione esterna ha inoltre individuato una serie di episodi di migrazione di disinformazione tra gli ecosistemi online cinesi e russi, con contenuti creati dall’uno e amplificati dall’altro.

Il rapporto COPASIR 2022 ha inoltre evidenziato che entrambi i Paesi sono impegnati a perseguire una strategia di accesso e influenza nei Paesi occidentali, compresa l’Italia, alimentando “un’atti­vità di penetrazione nel campo economico, tecnologico, commerciale e culturale (soprattutto la Cina) o di tipo maggiormente cognitivo e comu­nicativo (la Russia) nella lettura ed interpretazione, deliberatamente distorta e manipolata, degli eventi, soprattutto di quelli legati al conflitto in corso in Ucraina”.

Tali attività hanno trovato in Italia un terreno fertile, tanto da far diventare il Paese, secondo molti, un vero e proprio laboratorio di disinformazione in virtù della tradizionale debolezza del sistema politico. Nel 2017 Joe Biden ha espresso un monito relativo alla minaccia delle attività di disinformazione russa in Italia a favore della “Lega Nord, partito nazionalista, e del Movimento Cinque Stelle, partito populista” in vista delle elezioni del 2018. Quell’anno, poche settimane prima del voto, La Stampa ha rivelato che i troll russi identificati nell’indagine del Dipartimento di Giustizia statunitense sulle interferenze russe nelle elezioni presidenziali americane del 2016 avevano ritwittato messaggi di account italiani.

Italia, Russia e Ucraina

Chiamati alle urne nel settembre 2022, gli italiani hanno mandato a casa un governo tecnocratico centrista, europeista e atlantista preferendogli un esecutivo populista-euroscettico della destra conservatrice. Si è trattato di un importante cambiamento di rotta nell’equilibrio politico e di potere, che ha visto il passaggio dal governo Draghi – la cui leadership godeva di un canale di comunicazione ad alto livello e di una stretta collaborazione con Berlino, Bruxelles, Parigi e Washington – a un governo guidato da Giorgia Meloni caratterizzato da relazioni reciprocamente scettiche tra Roma e le altre capitali europee. Ciononostante, la posizione di Roma rispetto a Russia e Ucraina è rimasta sostanzialmente invariata.

Fratelli d’Italia, il partito di Giorgia Meloni, è a capo di una coalizione turbolenta costituita dalla Lega di Salvini e da Forza Italia, il partito fondato da Berlusconi. L’esecutivo mantiene una posizione dura nei confronti dell’aggressione di Mosca, nonostante l’incessante campagna di disinformazione dei media italiani e la presenza di una fazione filo-russa all’interno del governo rappresentata dai partner di minoranza della coalizione che periodicamente si esprime in toni favorevoli alla Russia. Tale divergenza di vedute era emersa con chiarezza già durante la campagna elettorale, quando Salvini e Berlusconi (insieme all’ex premier del Movimento Cinque Stelle Giuseppe Conte) avevano sollevato la questione del sostegno militare che Roma avrebbe dovuto offrire all’Ucraina, un punto su cui Conte non aveva lesinato le parole. Altri temi caldi della campagna elettorale erano stati gli effetti delle sanzioni, un punto di cui si era fatto portavoce in particolare Berlusconi, nonché le conseguenze della guerra sui prezzi dell’energia, argomento su cui si è espresso a più riprese Salvini.

Sia in passato quando era all’opposizione che ora al governo, la premier Meloni ha sempre avuto una prospettiva diversa sulla Russia rispetto ai partner della coalizione. Il sostegno all’Ucraina è un pilastro centrale della politica estera italiana –  tanto che la Presidente del Consiglio ha avuto diversi incontri e scambi con il Presidente Volodymyr Zelensky e si è recata in visita a Kiev nel febbraio 2023 – ma la presenza nel governo di due partiti scettici sull’Ucraina crea tensioni interne e rappresenta una potenziale fonte di instabilità che potrebbe minare la posizione dell’Italia.

Inoltre, circa un terzo dei seggi in Parlamento sono occupati da partiti che simpatizzano per la Russia, tra cui i partner di minoranza della coalizione e il Movimento Cinque Stelle. Il Partito Democratico, sotto la nuova leadership di Elly Schlein che pone l’accento su “pace e negoziati”, è ora diviso sul sostegno all’Ucraina. Tuttavia, l’orientamento filorusso del Parlamento italiano si è di fatto dimezzato rispetto ai risultati delle elezioni del 2018. Le dinamiche interne al governo e le potenziali pressioni in Parlamento fanno dell’Italia il fianco debole dell’Europa e una spaccatura sulla questione Russia-Ucraina, ormai prioritaria, potrebbe indebolire politicamente il governo.

Ovviamente l’opinione pubblica gioca un ruolo fondamentale. La posizione degli italiani sulla guerra della Russia contro l’Ucraina è simile a quella di altri cittadini europei, come dimostra il policy brief dello European Council on Foreign Relations del giugno 2022 “Peace versus Justice: The coming European split over the war in Ukraine”. Tale report rilevava che il37% degli italiani era preoccupato dalla crisi economica causata dalla guerra, un dato simile a quello della Spagna (40%) e del Portogallo (38%), ma superiore alla media europea (28%). L’indagine di follow-up di ECFR nel 2023 evidenzia che l’opinione degli italiani differisce da quelle di molti europei sul prezzo che l’Ucraina dovrebbe pagare per porre fine alla guerra: se il 30% dei cittadini dell’UE dichiara di auspicare che la guerra finisca il prima possibile anche se ciò comportasse una perdita territoriale per l’Ucraina, in Italia tale opinione ottiene il sostegno del 41% degli intervistati.

A differenza di molti altri Paesi europei, in particolare dopo le elezioni politiche dello scorso anno, l’Italia si distingue per la presenza di diversi partiti di primo piano i cui leader hanno fatto la voce grossa e si sono opposti alle misure volte a limitare la capacità della Russia di portare avanti la guerra contro l’Ucraina: Conte si è detto contrario all’“escalation”, Salvini ha sostenuto che le sanzioni danneggiano l’Europa più della Russia e Berlusconi ha chiesto il dialogo con Putin.

Per quanto riguarda il ruolo dei leader politici, essi diffondono narrazioni filorusse e anti-ucraine secondo quattro dinamiche precise:

– sostenendo apertamente le narrazioni pro-Cremlino;

– evitando di smontare le false informazioni sulla guerra, sulle sanzioni e sull’energia;

– ignorando le informazioni sulla guerra, sulle sanzioni e sull’energia;

– diffondendo informazioni false sulla guerra.

Tra le figure che sostengono apertamente la narrazione filo-russa c’è l’ex europarlamentare della Lega Francesca Donato, che nel marzo 2022 è stata tra i 13 rappresentanti eletti al Parlamento europeo (di cui quattro italiani, gli altri tre del Partito Democratico) a votare contro la condanna della Russia per l’aggressione militare, mentre l’ex senatrice del Movimento Cinque Stelle Bianca Laura Granato ha condiviso sui social media le argomentazioni del Ministero degli Affari Esteri russo sul fatto che Bucha sia una “falsa strage”.

Sempre su Bucha, in uno sforzo concertato per ignorare un episodio rilevante sugli orrori della guerra, tra il 2 e il 5 aprile 2022, quando la notizia è emersa per la prima volta, Salvini ha twittato otto volte e ha postato 11 volte su Facebook e Instagram senza menzionare il massacro. Anche Berlusconi ha preso tempo per commentare la strage, limitandosi comunque a esprimere solo delusione nei confronti di Putin.

In merito alla condivisione di false informazioni e di narrazioni filo-russe, Salvini ha affermato che “a oggi chi è stato sanzionato sta guadagnando, mentre chi ha messo le sanzioni è in ginocchio…. Mentre l’Italia e la Germania soffrono per le sanzioni, altri Paesi, come gli Stati Uniti e la Norvegia, ne traggono vantaggio”. Nel settembre 2022, durante una popolare trasmissione televisiva, Berlusconi ha addirittura tentato di giustificare l’invasione russa e, meno di un mese dopo, LaPresse ha pubblicato una registrazione nella quale, rivolgendosi ai sostenitori di Forza Italia e a un deputato, lo stesso Berlusconi sosteneva che Putin è stato costretto alla guerra, ma che il suo intento era in realtà sostituire il governo Zelensky con “persone perbene”.

Sul quarto aspetto, la condivisione di false informazioni, a seguito del bombardamento dell’ospedale pediatrico di Mariupol da parte dei russi, Donato ha usato Twitter per diffondere notizie false sul fatto che la struttura fosse in realtà un quartier generale militare ucraino. A seguito di ciò, il suo account Facebook è stato sospeso e Donato ha accusato il social network di avere agito per vendetta in risposta alle opinioni da lei espresse sull’Ucraina e sulla Russia.

*

In Italia l’opinione pubblica e le élite politiche rappresentano un’opportunità per gli attori esterni che desiderano influenzare lo spazio di informazione del Paese. Alcuni esponenti politici di spicco, tra cui i leader di due partiti della coalizione di governo, hanno sposato la tradizione dei “russisti” italiani, probabilmente con un occhio ai sondaggi d’opinione e influenzati dai social media che li portano a credere che si possa capitalizzare su un elettorato euroscettico e contrario alla guerra. Da parte sua, Giorgia Meloni tiene salda la posizione sulla guerra in Ucraina, ma le vulnerabilità permangono e l’Italia ha fatto ancora troppo poco per rafforzare i propri sistemi di  protezione contro la diffusione della disinformazione online.

I progressi incerti dell’Italia sulla disinformazione

Oggi l’Italia ha finalmente adottato un quadro d’azione strutturato per la lotta alla disinformazione, in linea con le misure dell’UE e della NATO e, in base alle interviste condotte dagli autori con funzionari del governo italiano, tali misure sembrano tenere in considerazione un ampio spettro geopolitico di attori stranieri.[1]

Il Consiglio europeo ha riconosciuto per la prima volta la minaccia generale delle campagne di disinformazione online nel 2015, quando ha chiesto all’allora Alto rappresentante di affrontare le operazioni di disinformazione russa, questione di cui è stata incaricata la Task Force di Comunicazione Strategica per l’Est. Inizialmente l’UE si è concentrata sulla diffusione delle fake news, soprattutto quando l’espressione è salita agli onori delle cronache nel 2017 in seguito all’ascesa politica di Donald Trump. L’UE ha adottato il primo strumento istituzionale e legislativo nel 2018, dopo la pubblicazione di una relazione di un gruppo di esperti di alto livello della Commissione sul tema. Il suo codice di condotta sulla disinformazione è probabilmente il primo esempio a livello mondiale di standard di autoregolamentazione firmato da rappresentanti del settore su base volontaria – Facebook, Google, Twitter e Mozilla, seguiti da Microsoft nel 2019 e TikTok nel 2020.

Nel 2020 l’UE ha dovuto fare i conti non solo con la pandemia, ma anche con la relativa “infodemia” che ha visto il proliferare di fake news e disinformazione sul COVID-19. La Commissione europea non è però rimasta inerme: ha realizzato campagne di comunicazione e ha lanciato il progetto EUvsDisinfo coordinato dalla Task Force di Comunicazione Strategica per l’Est, che ha portato all’ideazione di strumenti di contro-disinformazione e ha smontato le fake news. Nel 2020 la Commissione europea ha pubblicato anche il Piano d’azione europeo per la democrazia, che mira a responsabilizzare i cittadini europei e a rafforzare la resilienza delle loro democrazie. Nel 2022 l’UE ha aggiornato il suo codice di condotta sulla disinformazione.

Nonostante la significativa esposizione alle attività di disinformazione russa e cinese, soprattutto durante la pandemia, l’Italia si è mossa con grande lentezza per affrontare il problema in senso politico e istituzionale. Il “Quadro strategico nazionale per la protezione dello spazio cibernetico” è stato adottato nel 2013, seguito dal “Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sulla protezione della sicurezza cibernetica e informatica” nel 2017, ma queste due misure non hanno ricevuto alcun seguito o sostegno istituzionale.

Il governo Draghi ha permesso al Paese di fare qualche passo avanti più deciso con la creazione di organismi e strutture ad hoc per combattere la disinformazione. Draghi ha lanciato ufficialmente la strategia nazionale italiana di cyber-sicurezza,  i cui contenuti sono esplicitamente allineati alla strategia di cyber-security dell’UE 2020, e ha osservato quanto segue: “Le nuove forme di competizione strategica che caratterizzano lo scenario geopolitico impongono all’Italia di proseguire e, ove possibile, incrementare le iniziative di cybersecurity.” La nuova strategia si basa sui principi e sulle pratiche adottate dall’UE, tra cui un approccio che “coinvolge tutta la società” e prevede la partecipazione di attori governativi, stakeholder privati, accademici, ricercatori, cittadini e società civile. I cittadini sono visti come beneficiari indiretti ma anche come soggetti attivi che possono contribuire a raggiungere gli obiettivi nella lotta contro la disinformazione online, anche nel più ampio contesto delle minacce ibride.

Un importante passo avanti in Italia è stato compiuto poi con la creazione, nel giugno 2021, dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN), che ha razionalizzato e semplificato quello che era un settore frammentato, composto da competenze, ruoli e funzioni diverse. Il governo ha stanziato un budget pari all’1,2 percento degli investimenti nazionali da integrare con i fondi Horizon Europe e Digital Europe e, più di recente, con i fondi per la ripresa assegnati all’Italia, con un investimento complessivo in cybersicurezza pari a 623 milioni di euro.

Accanto all’ACN, un ruolo fondamentale è svolto dal Ministero degli Esteri italiano, il cui mandato prevede di fungere da punto di contatto focale e da organo di coordinamento per le misure e le strategie nazionali ed europee di contrasto alle narrazioni ostili di disinformazione. Nel 2022 il Ministero degli Esteri italiano, su impulso politico del Governo, ha istituito la Direzione Generale per la Diplomazia Pubblica e Culturale, incaricandola di analizzare, pianificare e sostenere il ruolo dell’Italia nei forum internazionali e di promuoverne il soft power. La nuova direzione si coordina con gli organi e le strategie della NATO e dell’UE come StratCom, la Bussola strategica e la Commissione speciale sulle ingerenze straniere in tutti i processi democratici nell’Unione europea (comitati INGE1 e ING2). Questi organismi mirano a contrastare la manipolazione delle informazioni e l’ingerenza da parte di attori stranieri. 

Il Ministero degli Esteri persegue quattro obiettivi, per i quali fornisce supporto ad altre organizzazioni che lavorano sulla disinformazione. Il primo è rafforzare la resilienza della società e dell’opinione pubblica perseguendo l’approccio “whole-of-society”: l’Italia sostiene pienamente l’Osservatorio europeo dei media digitali (EDMO) lanciato nel 2020 per fornire una piattaforma digitale indipendente di servizio centrale per combattere la disinformazione in Europa, sia attraverso attività di monitoraggio che di alfabetizzazione informativa. L’EDMO è finanziato dall’UE, ma è diretto dall’Istituto universitario europeo di Firenze e si avvale delle competenze della sua Scuola di governance transnazionale e del Centro per il pluralismo e la libertà dei media.

La seconda priorità del Ministero degli Esteri italiano è sostenere la coregolamentazione dello spazio digitale, obiettivo che persegue coordinandosi con il Gruppo dei regolatori europei per i servizi di media audiovisivi. La terza è sostenere un processo di raccordo tra i diversi attori e istituzioni italiane in un quadro d’azione condiviso. La quarta è valutare i costi politici della manipolazione, ovvero le sanzioni contro gli organi di informazione che diffondono disinformazione, come nel caso di Russia Today e Sputnik. Varie conversazioni con funzionari governativi italiani indicano che su quest’ultimo punto sussiste ancora una spaccatura in Europa tra Paesi come l’Italia, la Spagna e i Paesi Bassi, che preferiscono un ricorso più cauto alle sanzioni in risposta alla disinformazione, e il fronte orientale e baltico.[2]

La lotta alla disinformazione in Italia oggi

I risultati delle elezioni politiche del 2022 non facevano ben sperare per la prosecuzione della lotta alla disinformazione in Italia. Nel suo programma elettorale Fratelli d’Italia ha descritto la disinformazione come un aspetto di una “nuova Guerra Fredda” e come “contrasto alla censura arbitraria dei social network e garanzia del rispetto della libera manifestazione del pensiero da parte delle grandi piattaforme di comunicazione”. Nel 2022 Meloni aveva bollato un’iniziativa del governo italiano per la creazione di una task force contro la disinformazione in relazione al COVID-19 come “minaccia alla libertà”.

Tuttavia, da allora Meloni ha cominciato a farsi carico della questione sul piano politico. Nel maggio 2023 il Consiglio dei Ministri italiano ha nominato all’ACN il consigliere diplomatico del Ministro della Difesa italiano, l’ambasciatore Massimo Marotti, una mossa che indica la volontà, innanzitutto, di rafforzare i legami tra il Ministero degli Esteri e l’ACN. La nomina di diplomatici italiani in posizioni strategiche presso aziende ed enti italiani chiave non è un passo insolito per un governo italiano: è già accaduto infatti con Eni, ENEL e Cassa Depositi e Prestiti. L’aggiunta dell’ACN non fa che collocare l’Agenzia nel gruppo degli asset strategici nazionali. Il background di Marotti, che ha fornito consulenza al ministro in tempo di guerra, rafforza il legame tra la lotta alle minacce informatiche e la sicurezza e la difesa nazionale.

Tuttavia, l’attività del governo su questo fronte manca di una visione politica che sia all’altezza, ad esempio, degli sforzi messi in campo per ridurre la dipendenza italiana dall’energia russa. A differenza dei Paesi del versante orientale e baltico dell’UE, il governo Meloni non ha ancora definito una strategia per affrontare definitivamente la disinformazione come minaccia all’ordine democratico.

Canali di influenza

La portata della sfida è illustrata dalla ricerca condotta da Constella Intelligence per ECFR sull’ascesa e la presenza di “comunità” politiche basate sui social media. La loro crescita in vista delle elezioni politiche italiane del 2022 indica che i social media italiani sono stati facile preda di attori stranieri e questo potrebbe aver galvanizzato alcuni partiti ora al governo spingendoli a mantenere posizioni filo-russe.

Constella ha analizzato sei narrazioni su tematiche chiave: energia, guerra della Russia contro l’Ucraina, sanzioni contro la Russia, vaccini, euro e migrazione. Secondo EUvsDisinfo il concetto di “narrazione” descrive “un messaggio complessivo, comunicato attraverso testi, immagini, metafore e altri mezzi”. Le narrazioni trasmettono storie adattate a un pubblico specifico. L’immigrazione e l’euro sono stati temi chiave della campagna per le politiche italiane del 2018, sfociate nell’elezione di un governo populista e sovranista composto dal Movimento Cinque Stelle e dalla Lega, e hanno dominato anche le elezioni del Parlamento europeo del 2019 vinte dalla Lega. Tuttavia, durante le politiche del 2022 l’attenzione dell’opinione pubblica si era spostata sulla guerra in Ucraina, compresa l’energia e le sanzioni contro la Russia.

Constella ha rilevato che tra il 27 agosto e il 25 settembre 2022 (data del voto in Italia), il settore energetico e la guerra russa in Ucraina hanno rappresentato oltre il 67% dei commenti totali associati a tutte le narrazioni. Il tema principale oggetto delle discussioni online è stato l’impatto delle sanzioni alla Russia, dell’invio di armi all’Ucraina e delle politiche dell’UE sull’economia italiana, un argomento che ha catturato maggiore attenzione rispetto al dibattito sui vaccini e sull’immigrazione.

La ricerca ha inoltre rilevato la creazione di un numero insolito di account nei mesi di luglio e agosto 2022, dopo la caduta del governo Draghi. Gli analisti hanno osservato l’attività di 235.428 account unici e ne hanno individuati 1.763 che hanno registrato un’attività insolitamente elevata. Questi rappresentano l’1,2% del numero totale di account e in totale hanno pubblicato 1.538.919 post, ovvero il 33,3% di tutte le attività identificate come discussioni politiche su Twitter in Italia.

Di questi 1.763 autori, il 28% apparteneva alla comunità del Movimento Cinque Stelle: essi costituivano il 4,5% del numero totale di utenti appartenenti a questa comunità ma hanno generato il 55,2% della sua attività totale. Questi utenti anomali del Movimento Cinque Stelle hanno promosso principalmente la campagna elettorale del partito e hanno cercato di posizionarlo come alternativa di sinistra al Partito Democratico, esprimendo un forte sostegno alla leadership di Conte e l’opposizione al conflitto in Ucraina.

Il 24,1% di questi 1.763 autori apparteneva alla comunità del “populismo conservatore”, di cui rappresenta appena l’1,7% degli utenti ma ha generato il 25,4% delle attività della comunità. Questi utenti erano caratterizzati da un sentimento nazionalista, dalla propensione a diffondere teorie pseudoscientifiche e da una forte opposizione all’UE, alla NATO e agli Stati Uniti. Gli hashtag e i domini più condivisi da questi utenti si sono concentrati sul prezzo del gas, sul sostegno al movimento no-vax e sull’accusa a Draghi e al Partito Democratico di alimentare il sentimento anti-occidentale e contro le sanzioni alla Russia.

Le questioni legate all’energia, come i prezzi del gas, si sono sovrapposte alle posizioni no-vax, anti-UE e anti-sanzioni. Questo quadro riflette la valutazione della comunità di intelligence italiana nel suo rapporto annuale del 2022, che ha evidenziato quanto segue: “Sul piano nazionale è stata rilevata all’interno delle principali piattaforme social una saldatura tra i profili ‘no-vax’ e ‘no-pass’ e la messaggistica pro-Russia sulla crisi in atto tra Mosca e Kiev, attuata mediante il rilancio e la ‘ri-condivisione’ di contenuti originati da media e organi istituzionali vicini al Cremlino, al fine di orientare l’opinione pubblica italiana”.

Il dibattito nelle reti analizzate da Constella ha rivelato modelli di comportamento che i ricercatori hanno ritenuto anomali per i dibattiti politici online. I modelli hanno mostrato un livello di interazione tra blocchi ideologici opposti molto diverso da quello dei normali dibattiti politici, dove ci si aspetta che i sostenitori di ideologie diverse non interagiscano. In Italia, le interazioni hanno generato un dibattito conflittuale e polarizzato. Ciò suggerisce che i membri iperattivi delle comunità identificate stessero cercando, in realtà, di alimentare le tensioni politiche prima delle elezioni, in particolare sulle questioni relative all’UE e alla NATO.

La guerra dell’informazione: offensiva terrestre e aerea

La guerra dell’informazione online è stata accompagnata da un “supporto aereo” fornito da attori chiave, che hanno portato questioni legate all’energia e alle sanzioni al centro delle narrazioni online di alcuni leader italiani e funzionari russi. Constella ha rilevato che i leader della Lega e di Italexit, partito euroscettico guidato dall’ex giornalista e deputato Gianluigi Paragone, hanno ottenuto un elevato coinvolgimento con alcuni dei loro commenti.

Nel frattempo Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, ha commentato il piano di risparmio energetico italiano in un post complottista che cercava di minare il sostegno alle sanzioni imposte alla Russia e, più in generale, l’unità dell’Occidente: “È chiaro che questo piano è imposto a Roma da Bruxelles (che, a sua volta, agisce su ordine di Washington), ma alla fine è il popolo italiano a soffrire”. Gazprom ha pubblicato un video che mostra un inverno freddo per l’Europa senza il gas russo (la cui fornitura è stata tagliata dal Cremlino in risposta alle sanzioni). I tempi, il contesto e il contenuto di missive come quella dell’ex Presidente russo Dmitry Medvedev, suggeriscono la volontà di “punire” i politici italiani attraverso le urne.

Prima delle elezioni del 2022, alcuni attacchi di gruppi cybercriminali legati alla Russia hanno preso di mira il settore critico dell’energia in Italia. All’inizio di settembre 2022, poche settimane prima delle politiche, l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale ha riferito che gli attacchi agli operatori e alle infrastrutture energetiche italiane erano aumentati in seguito a due attacchi informatici a importanti società: l’hackeraggio del gigante dell’energia Eni e il cyberattacco che ha colpito il Gestore dei Servizi Energetici, l’Agenzia che gestisce il mercato elettrico del Paese. Le due aziende hanno avuto un ruolo cruciale nel piano italiano di diversificazione dalle fonti energetiche russe. Secondo il rapporto annuale delle agenzie di sicurezza italiane diffuso dopo le elezioni politiche, “Mosca non smetterà di interferire nelle dinamiche politiche e nei processi decisionali interni ai Paesi NATO, ricorrendo ancor più che in passato a metodi coercitivi e manipolativi, quali attacchi cyber, disinformazione, ricatti e utilizzo di leve come quella migratoria ed energetica, quest’ultima destinata a perdere di rilevanza con l’impegno occidentale a trovare alternative alla dipendenza energetica dalla Russia”.

Da ritardataria a prima della classe: Come l’Italia può essere leader nella lotta alla disinformazione

Misinformazione e disinformazione sono problemi impegnativi per le società aperte e affrontarli è fondamentale per garantirne la protezione. Con l’avvicinarsi delle elezioni del Parlamento europeo del 2024 e nell’imminenza delle elezioni politiche in Stati membri dell’UE come la Spagna e la Polonia, la questione di come impedire alle interferenze straniere di manipolare l’opinione pubblica attraverso la disinformazione – e quindi di destabilizzare gli Stati membri dal punto di vista politico ed economico – rimane una questione vitale per l’UE. Il caso delle campagne di disinformazione russe relative alla guerra in Ucraina e agli effetti delle sanzioni è un esempio lampante dei rischi che ci attendono.

Nel contesto del conflitto e della possibilità di una guerra lunga, l’UE dovrebbe attingere all’esperienza acquisita nella lotta alla disinformazione durante la pandemia di Covid-19 e rafforzare la sua azione su questo fronte. La prossima Commissione europea dovrebbe, a prescindere dagli orientamenti politici, inserire la lotta alla disinformazione nel suo mandato e anche il Parlamento europeo dovrebbe farne una priorità.

In Italia l’attuale ambiente politico potrebbe offrire un terreno potenzialmente fertile a posizioni che sarebbero gradite a Mosca, ma diversi fattori potrebbero cambiare le carte in tavola. Se il contesto più ampio, a livello europeo e di Stati membri, ha focalizzato l’attenzione politica sul tema della disinformazione, in Italia manca una strategia strutturata e a 360 gradi per combattere la disinformazione e le fake news. Occorre quindi uno sforzo per rafforzare il quadro istituzionale nella lotta a questo problema, al di là degli organismi e della legislazione attualmente in vigore. Il governo dovrebbe investire maggiormente nel monitoraggio delle tendenze della disinformazione, anche sfruttando al meglio i fondi europei disponibili, dovrebbe concentrarsi sul rafforzamento dell’alfabetizzazione digitale dei cittadini – offrendo loro una formazione specifica e dotandoli di strumenti per riconoscere la disinformazione – e sulla formazione dei rappresentanti politici e dei funzionari pubblici.

L’Italia potrebbe cogliere l’occasione della prossima presidenza del G7 nel 2024 per inserire la lotta alla disinformazione nel suo programma ufficiale. Finora le priorità divulgate dal governo sono piuttosto generiche e di ampio respiro e spaziano dalla sicurezza alimentare al partenariato con l’Africa, la sicurezza economica e la sfida climatica. C’è ancora tempo perché il governo riconosca la disinformazione come una minaccia globale da includere nel programma di lavoro del G7. 

L’Italia può promuovere queste tematiche anche al di fuori dell’Europa, proponendo un organismo di coordinamento come la creazione di un inviato speciale delle Nazioni Unite per la libertà e la protezione dei giornalisti, come suggerito da Reporter senza frontiere. Ciò potrebbe contribuire a creare un quadro d’azione multilaterale più definito per promuovere il giornalismo indipendente così come la Giornata mondiale della libertà di stampa, la Giornata internazionale per porre fine all’impunità dei crimini contro i giornalisti e il quadro legislativo del Piano d’azione delle Nazioni Unite sulla sicurezza dei giornalisti e la questione dell’impunità. Oltre all’attuale meccanismo di risposta rapida del G7, ciò consentirebbe di creare un ulteriore pilastro multilaterale per affrontare e combattere la disinformazione.

Nota sugli autori

Gabriele Carrer è visiting fellow presso l’ufficio di Roma Di ECFR – European Council on Foreign Relations, dove svolge ricerche sulla disinformazione straniera e sulle minacce di ingerenza in Italia. Carrer è un giornalista specializzato in politica estera e sicurezza nazionale italiana. Lavora per la rivista Formiche e collabora con HuffPost Italia.

Teresa Coratella è programme manager presso l’ufficio di Roma di ECFR –  European Council on Foreign Relations. Si occupa delle tendenze della politica estera italiana e del ruolo dell’Italia in Europa ed è attivamente coinvolta alla serie “View from Rome”. Tra i suoi contributi più recenti ricordiamo “Il momento di Roma: Draghi, il multilateralismo e la nuova strategia italiana”, pubblicato nel 2021. 

Silvia Samorè è stata pan-European fellow presso l’ufficio di Roma di ECFR –  European Council on Foreign Relations. Le sue aree di competenza comprendono gli studi sulla sicurezza, l’Unione europea, la NATO e la riforma del settore della sicurezza. Ha conseguito una laurea e un master in studi strategici presso l’Università di Torino e un master in studi strategico-militari internazionali presso il Centro Alti Studi per la Difesa di Roma.

Ringraziamenti

Gli autori desiderano ringraziare i colleghi dell’ufficio di Roma di ECFR, il Direttore della ricerca Jeremy Shapiro per il suo contributo durante l’intero processo di ideazione, Adam Harrison per il suo lavoro e la meticolosa attività di editing della nostra ricerca, il membro del Consiglio di ECFR Alejandro Romero e i colleghi della Constella Intelligence per averci fornito dati interessanti e, infine, la politica italiana per essere un’infinita fonte di ispirazione.

Questo policy brief è stato reso possibile dal sostegno offerto dalla Fondazione Compagnia di San Paolo.


[1] Conversazioni degli autori con esperti e funzionari di Roma, condotte tra gennaio e febbraio 2023.

[2] Conversazioni degli autori con esperti e funzionari di Roma, condotte tra gennaio e febbraio 2023.

ECFR non assume posizioni collettive. Le pubblicazioni di ECFR rappresentano il punto di vista degli autori.