Keeping the lights on: le relazioni energetiche dell’UE dallo scoppio della guerra in Ucraina
Per rispondere alla crisi energetica, l’Europa si è rivolta ai propri fornitori più consolidati e fidati, nonché a Paesi terzi. Ora il blocco deve trovare un equilibrio tra l’acquistare gas e il contribuire alla transizione energetica dei Paesi fornitori di combustibili fossili
L’invasione russa dell’Ucraina non ha solo profonde implicazioni geopolitiche, ma anche gravi conseguenze per i mercati energetici globali, in particolare per l’UE e le sue relazioni energetiche con i principali fornitori di combustibili fossili.
Per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento energetico, l’UE e i suoi Stati membri si sono rivolti ai propri fornitori di petrolio e gas più consolidati e affidabili, nonché a Paesi terzi, concludendo circa cento accordi di cooperazione energetica – una parte significativa dei quali si concentra sulle importazioni di gas. Tuttavia, il proseguimento di questa cooperazione rischia di compromettere gli obiettivi di transizione verde dell’UE, mentre l’assenza di una strategia europea comune rischia di generare rivalità e vulnerabilità politica all’interno dell’Unione.
Nel suo nuovo policy brief, “Keeping the lights on: The EU’s energy relationships since Russia’s invasion of Ukraine“, Szymon Kardas, Senior Policy fellow di ECFR, analizza quali Paesi terzi possano contribuire a rafforzare le relazioni energetiche dell’UE, non solo per soddisfare le attuali esigenze di approvvigionamento energetico, ma anche in vista di alleanze durature che aumentino le possibilità di raggiungere gli obiettivi dell’Unione riguardo la transizione energetica verde. Il report delinea inoltre i passi che i Paesi dell’UE dovrebbero compiere per realizzare questi partenariati strategici in materia di energia.
Dal punto di vista geografico, l’analisi si concentra su quei Paesi che, prima dell’invasione russa dell’Ucraina, erano tra i maggiori fornitori di gas e petrolio dell’UE: Norvegia, Stati Uniti, Algeria, Qatar, Nigeria, Azerbaigian, Kazakistan e Arabia Saudita. Il policy brief include inoltre anche la Turchia in quanto Paese di transito dei combustibili fossili verso l’Europa.
Le principali raccomandazioni del policy brief:
- Rafforzare le alleanze energetiche: L’UE dovrebbe dare priorità alla creazione di alleanze energetiche durature con i Paesi che hanno sostenuto il suo approvvigionamento energetico durante la guerra della Russia contro l’Ucraina, come la Norvegia per i combustibili fossili e la cooperazione in materia di energie rinnovabili/idrogeno, e gli Stati Uniti per la fornitura stabile di gas e la cooperazione sul clima.
- Costruire partnership energetiche equilibrate: I decisori politici dovrebbero dare priorità alla creazione di partenariati energetici basati su un equilibrio di interessi con i principali fornitori di combustibili fossili, al fine di mantenere canali di approvvigionamento stabili. L’UE dovrebbe specificare la quantità e il periodo delle importazioni dai maggiori fornitori per prevenire capacità eccedenti ed evitare di investire in idrocarburi in Paesi terzi.
- Investire in progetti green: L’UE dovrebbe investire in progetti green in Paesi terzi come l’Algeria per ridurre i livelli di consumo di gas e concentrarsi sul sostegno a progetti energetici che abbiano come obiettivo la decarbonizzazione delle economie e dei settori energetici dei Paesi terzi.
- Collaborare con i Paesi produttori di materie prime critiche: L’UE dovrebbe collaborare con Paesi come il Kazakistan o l’Arabia Saudita, che vantano un potenziale significativo in ambito di materie prime critiche per le tecnologie a basse emissioni di carbonio.
- Sfruttare lo status di partner commerciale: Il fatto che l’UE sia tra i maggiori partner commerciali di molti Paesi fornitori di combustibili fossili dovrebbe essere utilizzato per rafforzare la posizione negoziale europea negli accordi di cooperazione energetica.
- Sostenere l’integrazione energetica regionale: L’UE dovrebbe sostenere gli sforzi per intensificare l’integrazione energetica regionale in Asia centrale e in Africa – un esempio è l’approfondimento dell’integrazione del settore elettrico in Kazakistan per la decarbonizzazione.
Secondo Szymon Kardas: “L’UE e i suoi Stati membri hanno gli strumenti e dovrebbero sforzarsi di utilizzare anche il potenziale di altri partner per creare partnership che non riguardino solo l’immediata necessità europea, ma anche il processo di transizione energetica in senso più ampio”.
Il report è stato pubblicato in concomitanza con l’aggiornamento dello “EU Energy Deals Tracker” di ECFR. Questo strumento offre ai decisori politici, ai giornalisti e a chiunque fosse interessato informazioni sugli accordi energetici, sia bilaterali che collettivi, stipulati all’interno dell’UE-27 dal gennaio 2022. L’ultimo aggiornamento include ulteriori 28 accordi tra Stati membri dell’UE e Paesi terzi.
ECFR ha inoltre pubblicato un nuovo policy brief a cura di Susi Dennison e Mats Engström, “Decarbonisation nations: How EU climate diplomacy can save the world“, che espone un approccio aggiornato alla diplomazia climatica. Il policy brief analizza come gli eventi recenti, dal rapido distacco dell’UE dall’energia russa in risposta alla guerra in Ucraina all’introduzione da parte degli Stati Uniti dell’Inflation Reduction Act, abbiano modificato le dinamiche dell’impegno dell’UE nell’azione esterna per il clima.
ECFR non assume posizioni collettive. Le pubblicazioni di ECFR rappresentano il punto di vista degli autori.