United West, divided from the rest: L’opinione pubblica mondiale a un anno dall’inizio della guerra russa in Ucraina

From left, European Commission President Ursula von der Leyen, Ukraine’s President Volodymyr Zelenskyy, center, and European Council President Charles Michel join hands after addressing a media conference at an EU summit in Brussels on Thursday, Feb. 9, 2023. European Union leaders are meeting for an EU summit to discuss Ukraine and migration. (AP Photo/Olivier Matthys)
Da sinistra, la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, il Presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelenskyy, al centro, e il Presidente del Consiglio europeo Charles Michel si stringono
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In breve

  • Un recente sondaggio suggerisce che la guerra della Russia in Ucraina ha consolidato “l’Occidente”; europei e americani assumono posizioni molto simili riguardo alle principali questioni globali.
  • Europei e americani concordano sulla necessità di aiutare l’Ucraina, sul fatto che la Russia è l’avversario dichiarato e che il futuro ordine globale sarà molto probabilmente definito da due blocchi guidati rispettivamente dagli Stati Uniti e dalla Cina.
  • Al contrario, Cina, India e Turchia sarebbero più propense a mettere fine rapidamente alla guerra, anche se l’Ucraina dovesse rinunciare a parte del suo territorio.
  • Gli intervistati di questi tre Paesi non occidentali e della Russia ritengono più probabile l’emergere di un ordine mondiale multipolare invece che bipolare.
  • I decisori occidentali dovrebbero tenere conto del fatto che il consolidamento dell’Occidente avviene in un mondo post-occidentale sempre più diviso e che le potenze emergenti, come l’India e la Turchia, agiranno alle loro condizioni e non si lasceranno coinvolgere in uno scontro tra America e Cina.

Introduzione

Un anno dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, restano pochi dubbi sul fatto che tale conflitto rappresenti un punto di svolta nella storia del mondo. La guerra ha messo in discussione i presupposti più elementari degli europei sulla sicurezza, ha risvegliato lo spettro del confronto nucleare nel Vecchio Continente e ha sconvolto l’economia globale, lasciando dietro di sé crisi energetiche e alimentari.

Tuttavia, sebbene l’aggressione russa sia un evento di portata globale, essa viene vissuta e interpretata in modi diversi nelle diverse parti del mondo. Secondo un ex consigliere per la sicurezza nazionale del primo ministro indiano, “in molti Paesi del mondo, un anno di guerra in Ucraina è servito non a ridefinire l’ordine mondiale, ma a mandarlo ulteriormente alla deriva, sollevando nuovi interrogativi su come si possano affrontare le urgenti sfide transnazionali.” A differenza dell’opinione in Occidente, i cittadini di molti Paesi non occidentali sembrano convinti che l’era del dopo Guerra Fredda sia finita, non si aspettano che il futuro ordine internazionale sia caratterizzato dalla polarizzazione tra due blocchi guidati dagli Stati Uniti e dalla Cina e ritengono più probabile la frammentazione in un mondo multipolare.

I principali risultati di un recente sondaggio internazionale indicano che, a un anno dall’inizio della guerra della Russia contro l’Ucraina, gli Stati Uniti e i loro alleati europei hanno ritrovato un senso di unità e di appartenenza. Tuttavia, lo studio rivela anche un ampio divario tra l’Occidente e il resto del mondo per quanto riguarda l’auspicata fine della guerra e la diversa visione dei motivi per cui gli Stati Uniti e l’Europa sostengono l’Ucraina. Il sondaggio si è svolto nel dicembre 2022 e nel gennaio 2023 in nove Paesi dell’UE e in Gran Bretagna, oltre che in Cina, India, Turchia, Russia e Stati Uniti (i Paesi CITRUS, per usare la sigla del progetto Europe in a Changing World dell’Università di Oxford). I risultati suggeriscono che l’aggressione della Russia in Ucraina segna sia il consolidamento dell’Occidente sia l’emergere del tanto annunciato ordine internazionale post-occidentale.

Fermare la guerra o vincere la guerra

Il nuovo consenso  tra i governi europei è che solo una vittoria ucraina fermerà la guerra di Putin. Sebbene un numero significativo di cittadini europei continui ad auspicare che la guerra cessi il prima possibile, il sondaggio sembra mostrare una chiara tendenza, nel corso dell’ultimo anno, a preferire la vittoria dell’Ucraina, anche se il conflitto dovesse durare più a lungo. Anche gli americani ritengono che l’Ucraina debba riconquistare il proprio territorio se si vuole garantire una pace duratura.

Al contrario, i cittadini dei Paesi non occidentali sono molto più favorevoli a porre fine alla guerra in tempi brevi, anche a condizione che l’Ucraina ceda parte del suo territorio. In Cina prevale nettamente (42%) l’opinione che il conflitto tra Russia e Ucraina dovrebbe cessare il prima possibile, anche se ciò comportasse la cessione di parte del territorio ucraino alla Russia; una posizione, questa, che raccoglie ancora più consensi in Turchia (48%) e in India (54%). Vale la pena notare, tuttavia, che quasi un terzo degli intervistati in questi ultimi due Paesi preferirebbe che l’Ucraina riconquistasse tutto il suo territorio, anche se ciò comportasse una guerra più lunga o un maggior numero di morti e sfollati ucraini.

Which of the following best reflects your view?

Riflettendo sulla guerra, americani ed europei sono uniti nel ritenere la Russia un “avversario” o un “rivale”: il 71% degli intervistati negli Stati Uniti, il 77% in Gran Bretagna e il 65% nei Paesi dell’Unione Europea opta per uno di questi due termini, prevedendo che, in futuro, il rapporto con la Russia sarà caratterizzato da ostilità.

Which best reflects your view on what Russia is to your country?

La crescente ostilità degli europei nei confronti della Russia si riflette nella preferenza a non acquistare combustibili fossili russi, anche se ciò comporta problemi di approvvigionamento energetico. Questa è l’opinione prevalente in tutti i nove Paesi dell’UE oggetto del sondaggio, con una media a favore del 55%. Di contro, solo il 24% è favorevole a garantire le forniture energetiche senza ostacoli, continuando dunque ad acquistare dalla Russia.

What approach should your country take to buying energy from Russia?

Non tutto riguarda la democrazia

I risultati degli intervistati non occidentali differiscono da quelli occidentali non solo per quanto riguarda il possibile epilogo del conflitto, ma anche riguardo al motivo per cui gli Stati Uniti e l’Europa stanno aiutando l’Ucraina.

Il Presidente americano Joe Biden ha inquadrato la guerra come una lotta tra democrazia e autoritarismo e ha cercato di usare la difesa della democrazia come un grido d’allarme in patria e all’estero. Negli Stati Uniti è tornata in auge la retorica della leadership del “mondo libero”.

Sebbene una tale rappresentazione del conflitto possa aver contribuito a unificare l’Occidente, nei Paesi non occidentali l’effetto di tale retorica si è rivelato quasi controproducente. Molti cittadini non occidentali ritengono che il proprio Paese sia esso stesso una democrazia, forse addirittura una democrazia migliore di quelle occidentali. Alla domanda su quale Paese si avvicini di più a una “vera democrazia”, il 77% dei cinesi risponde “Cina” e il 57% degli indiani risponde “India”. Le posizioni sono meno marcate in Russia e in Turchia, ma la risposta più frequente tra i turchi è comunque il proprio Paese (36%) e anche in Russia (20%) prevale il riferimento alla patria (anche se quasi un terzo degli intervistati in Russia non ha indicato alcun Paese quale “vera democrazia”).

Which of the following countries comes closest to having a real democracy?

Altri risultati del sondaggio indicano che i cittadini di Cina, India e Turchia sono scettici nei confronti delle affermazioni sulla difesa della democrazia.

Molti in Cina affermano che il sostegno americano ed europeo all’Ucraina è dettato dal desiderio di salvaguardare il dominio occidentale. Per la stragrande maggioranza dei cinesi e dei turchi il sostegno occidentale all’Ucraina è motivato da ragioni che esulano dalla difesa dell’integrità territoriale o della democrazia del Paese.

Tra le potenze in ascesa fa eccezione l’India, dove (analogamente agli Stati Uniti) più della metà degli intervistati indica una di queste due ragioni per spiegare la solidarietà occidentale. Tuttavia, la mancanza di democrazia in Russia non impedisce agli indiani di avere un’opinione generalmente positiva del Paese: il 51% lo descrive come un “alleato” e il 29% lo vede come un “partner”.

What do you think is the main reason the United States stands behind Ukraine?
What do you think is the main reason Europe stands behind Ukraine?

Il sondaggio rivela che la guerra di aggressione di Vladimir Putin e i suoi fallimenti militari durante il conflitto non sembrano aver indotto i cittadini dei Paesi non occidentali a rivedere la propria opinione sulla Russia o a mettere in dubbio la sua potenza relativa: la Russia è ritenuta un “alleato” o un “partner” dal 79% dei cinesi e dal 69% dei turchi. Inoltre, circa tre quarti degli intervistati in questi due Paesi e in India ritengono che la Russia sia più forte, o almeno altrettanto forte, di quanto fosse prima della guerra.

Does the current conflict between Russia and Ukraine make you think Russia is stronger or weaker than you had previously thought?

Podcast

"Mark Leonard's World in 30 minutes" - In questo episodio, Mark Leonard, Timothy Garton Ash e Ivan Krastev approfondiscono i risultati dell'ultimo sondaggio di opinione di ECFR

Frammentazione o polarizzazione: cosa definirà il futuro ordine mondiale?

Uno dei risultati più sorprendenti del sondaggio riguarda le diverse idee sul futuro ordine mondiale. La maggior parte degli intervistati, sia in Occidente che nel resto del mondo, ritiene che l’ordine liberale guidato dagli Stati Uniti sia destinato a scomparire.

In maniera quasi paradossale, la ritrovata unità dell’Occidente in risposta all’aggressione della Russia non corrisponde a una rinnovata fiducia nel ritorno a un ordine internazionale a guida americana: solo il 9% degli intervistati negli Stati Uniti, il 7% nei Paesi dell’UE e il 4% in Gran Bretagna ritiene che la supremazia americana a livello globale sia l’opzione più probabile da qui a un decennio.

In Europa e in America prevale l’opinione che si tornerà al bipolarismo. Un numero significativo di persone prefigura un mondo dominato da due blocchi guidati da Stati Uniti e Cina, forse sulla scia del ricordo della Guerra Fredda, che probabilmente influenza la visione del futuro di americani ed europei.

In ten years from now, which of the following do you think is more likely?

Di contro, al di fuori dell’Occidente, si tende a pensare che il futuro ordine internazionale sarà caratterizzato dalla frammentazione piuttosto che dalla polarizzazione. La maggior parte degli intervistati nei principali Paesi non occidentali, come Cina, India, Turchia e Russia, prevede che l’Occidente sarà presto solo un polo globale tra tanti, magari molto forte ma non dominante.

L’opinione più diffusa in Russia e in Cina prevede una distribuzione più uniforme del potere globale tra più Paesi, ovvero l’emergere del multipolarismo, uno scenario che si aspetta anche oltre il 20% dei turchi e degli indiani. Tuttavia, in India prevale l’idea che saranno gli Stati Uniti a dominare, mentre in Turchia la previsione dell’egemonia americana, dell’egemonia cinese, di un mondo bipolare e del multipolarismo trovano ciascuna pressoché lo stesso sostegno.

Nel complesso, per il 61% dei russi, il 61% dei cinesi, il 51% dei turchi e il 48% degli indiani il futuro ordine mondiale sarà definito dal multipolarismo o dal dominio cinese (o di altri Paesi non occidentali). Questa opinione è condivisa dal 37% degli americani, dal 29% dei britannici e dal 31% dei cittadini dell’UE.

India e Turchia: grandi potenze (ri)emergenti

Nello scenario mondiale bipolare delineato da americani ed europei, il ruolo di Paesi come l’India e la Turchia potrebbe essere quello di swing states che, per quanto a malincuore, saranno costretti a definire le proprie alleanze, e quindi a schierarsi.

Tuttavia, il sondaggio rivela che tale opinione non è condivisa dai Paesi interessati, che vedono in maniera diversa il proprio ruolo nel futuro ordine internazionale. In un mondo sempre più frammentato e polarizzato, Paesi come l’India e la Turchia sembrano attratti dal sovranismo libero, dove ogni conflitto tra superpotenze diventa un’opportunità per affermare la propria rilevanza e la capacità di prendere decisioni sovrane.

India

L’India è il più importante tra i Paesi convinti di ciò, e i suoi cittadini sembrano avere una chiara idea del posto che occupano nel mondo. Gli intervistati in India si distinguono nel descrivere sia gli Stati Uniti (47%) che la Russia (51%) come “alleati”, probabilmente anche perché vedono la Cina come un “avversario” (39%) o un “rivale” (37%). Anche la percezione dell’Unione Europea e della Gran Bretagna, ritenuti “alleati” o “partner”, è prevalentemente positiva.

India and others: mutual perceptions.

La maggioranza dell’opinione pubblica indiana percepisce quasi tutte le grandi potenze –  tra cui gli Stati Uniti (70%), la Russia (63%), la Cina (53%), l’UE (67%), la Gran Bretagna (63%) e l’India stessa (68%) – come “più forti” rispetto a prima della guerra della Russia contro l’Ucraina. Gli indiani sono gli unici ad esprimere tale opinione contemporaneamente per quanto riguarda gli Stati Uniti, la Russia, l’UE, la Gran Bretagna e il loro stesso Paese.

Gli indiani sembrano avere una visione positiva del futuro. Le risposte prevalenti alla richiesta di descrivere il proprio Paese sono “in crescita” (35%), “forte” (28%) e “pacifico” (18%). Solo una piccola percentuale ritiene che sia “in declino” (8%) o “debole” (7%). A titolo di confronto, il 31% degli americani e dei britannici definisce il proprio Paese “in declino”.

L’India è anche, come si è detto, l’unico Paese CITRUS in cui prevale l’opinione che gli Stati Uniti (28%) e l’Europa (36%) stiano sostenendo l’Ucraina per difenderla come democrazia, forse a riprova del fatto che l’India si ritiene la più grande democrazia del mondo.

Turchia

Più vicina all’Europa, la Turchia si considera in grado di svolgere un ruolo simile a quello a cui aspira l’India a livello globale. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha usato il conflitto in Ucraina per affermare il ruolo del suo Paese come attore ineludibile nella politica europea, ed è riuscito a essere sia un fondamentale fornitore di armi per l’Ucraina sia uno dei partner economici più fidati della Russia.

L’opinione pubblica turca sembra essere dello stesso avviso, e infatti considera quasi tutti gli attori prevalentemente come “partner”, che si tratti di Stati Uniti (51%), Cina (47%), Russia (55%) o UE (53%). La percezione della Turchia da parte degli altri Paesi si riflette in quella della Turchia nei loro confronti: Ankara è considerata soprattutto un “partner” da Russia (60%), Cina (38%) e India (39%), anche se un terzo dei cinesi e degli indiani la descrivono come un “rivale” o un “avversario”.

Anche in Occidente la Turchia è vista per lo più come un “partner”. Tuttavia, una percentuale sorprendentemente alta di intervistati, compresa tra il 40 e il 50%, negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e nell’UE afferma di non sapere come definire la Turchia. La ragione di questa incertezza occidentale deriva probabilmente dall’ostentata nuova politica estera sovrana del Paese, che pure rimane, almeno sulla carta, un membro della NATO.

Turkiye and others: mutual perceptions.

Conclusione: Il paradosso dell’unità occidentale e della disunità globale

Durante la guerra in Iraq del 2003, intellettuali europei di spicco come Jacques Derrida e Jürgen Habermas hanno cercato di definire l’identità politica dell’UE in contrasto a quella degli Stati Uniti, celebrando la potenza civile dell’Europa in contrapposizione alla potenza militare dell’America. Nell’ultimo decennio, in particolare dopo gli anni della presidenza Trump, i concetti di sovranità europea e di autonomia strategica sono tornati al centro dei dibattiti europei. Nella realtà, tuttavia, l’invasione russa dell’Ucraina non ha fatto che confermare la rinnovata centralità della potenza americana per l’Europa: miliardi di dollari sono stati spesi per garantire la continuità dello sforzo bellico, che ha promosso la vicinanza tra le due sponde dell’Atlantico sulle sanzioni e sulla posizione delle diplomazie nei confronti della Russia e ha dato nuova vita alle istituzioni guidate dall’Occidente, come la NATO e il G7.

Questa realtà non è passata inosservata all’opinione pubblica mondiale. Le potenze in ascesa considerate in questo studio spesso considerano l’Europa e l’America come parte di un unico Occidente. Il 72% dei turchi, il 60% dei cinesi e il 59% dei russi vede poche differenze tra le politiche dell’UE e degli USA nei confronti dei loro Paesi (senza dubbio con disappunto del Presidente Emmanuel Macron e di altri campioni dell’autonomia strategica europea). Detto questo, come notato rimangono ancora alcune sfumature importanti, in particolare per quanto riguarda la posizione di Stati Uniti ed Europa nei confronti di India e Cina.

Do you think the EU's and the United States' policies towards your country are the same?

È ormai chiaro che, contrariamente alle aspettative del Cremlino, la guerra ha consolidato l’Occidente anziché indebolirlo. Se ancora sussiste il rischio di una spaccatura transatlantica, esso proviene dall’interno: un’eventuale vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali americane del 2024 potrebbe essere più pericolosa per l’unità dell’Occidente di qualsiasi azione che la Russia sia stata finora in grado di mettere in campo.

Anche se è oggi più unito, l’Occidente non è necessariamente più influente nella politica globale. Il paradosso è che questa ritrovata unità coincide con l’emergere di un mondo post-occidentale. L’Occidente non si è disintegrato, ma il suo consolidamento è arrivato in un momento in cui le altre potenze non sembrano intenzionate a seguirne i desiderata.

I leader e le società occidentali sono pronti per questo nuovo mondo? I risultati del nostro sondaggio indicano che molti in Occidente vedono il futuro ordine internazionale come un ritorno di un bipolarismo da Guerra Fredda tra Occidente e Oriente, tra democrazia e autoritarismo. In questo contesto, i decisori politici negli Stati Uniti e nell’Unione Europea potrebbero essere tentati di considerare Paesi come l’India e la Turchia come swing states che possono essere indotti a schierarsi con l’Occidente.

Ma in questi Paesi, il punto di vista è in realtà molto diverso: essi si ritengono infatti grandi potenze emergenti che possono schierarsi con l’Occidente su alcune questioni ma non su altre. A differenza dei tempi della Guerra Fredda, oggi i principali partner commerciali non sono solitamente anche partner per la sicurezza. Anche quando le potenze emergenti si allineano alle posizioni dell’Occidente, spesso mantengono buone relazioni con la Russia e la Cina. Lo stesso atteggiamento è stato adottato anche dal Brasile, dove il Presidente Lula si esprime a favore del mantenimento della neutralità del suo Paese nei confronti dell’Ucraina e della Russia, per evitare “qualsiasi coinvolgimento, anche indiretto”, pur ammettendo che la Russia “ha sbagliato” a invadere il suo vicino.

Anche se gli europei potrebbero sentirsi delusi dal fatto che i governi e le opinioni pubbliche di Paesi come l’India e la Turchia tendono a valutare l’aggressione della Russia attraverso la lente dell’interesse nazionale piuttosto che dei principi universali, c’è in realtà ben poco di cui sorprendersi. Molti Paesi non occidentali hanno provato la stessa delusione per il modo in cui i Paesi occidentali hanno trascurato crisi che sono state estremamente significative per questi attori. L’ipocrisia occidentale si manifesta soprattutto nel diverso trattamento riservato ai rifugiati provenienti dall’Ucraina e dalla Siria, ma per molte potenze emergenti si tratta solo della punta dell’iceberg.

A nostro avviso, l’Occidente farebbe bene a trattare l’India, la Turchia, il Brasile e altre potenze simili come nuovi soggetti sovrani della scena mondiale piuttosto che come pedine da trascinare dalla parte giusta della storia. Questi Paesi non rappresentano un nuovo terzo blocco o polo nella politica internazionale, non condividono un’ideologia comune e spesso, al contrario, hanno interessi divergenti o contrastanti. Sanno di non avere l’influenza globale degli Stati Uniti o della Cina, ma non si accontentano certo di adeguarsi ai capricci e ai piani delle superpotenze. E la loro popolazione sostiene questo approccio, come dimostra ad esempio la riluttanza a farsi coinvolgere nella questione dell’invasione dell’Ucraina. Piuttosto che aspettarci che sostengano gli sforzi occidentali per difendere l’ordine post-Guerra Fredda che sembra giunto al tramonto, dobbiamo essere pronti a collaborare con loro per costruirne uno nuovo.

La vittoria dell’Ucraina nella guerra sarà cruciale per la configurazione del futuro ordine europeo, ma è altamente improbabile che si riesca a ripristinare un ordine liberale globale a guida americana. Più probabilmente, l’Occidente dovrà convivere, come uno tra tanti attori in un mondo multipolare, con dittature ostili come Cina e Russia, ma anche con grandi potenze indipendenti come India e Turchia. Potrebbe essere proprio questo il grande punto di svolta geopolitico che emergerà dalla guerra: la presa di coscienza che il consolidamento dell’Occidente sta avvenendo in un mondo post-occidentale sempre più frammentato.

Metodologia

I sondaggi e le analisi presentati in questo policy brief sono il risultato di una collaborazione tra lo European Council on Foreign Relations (ECFR) e il progetto Europe in a Changing World  del Dahrendorf Programme del St. Antony’s College dell’Università di Oxford.

Questo policy brief si basa su un sondaggio di opinione condotto tra la fine di dicembre 2022 e l’inizio di gennaio 2023 in dieci Paesi europei (Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Polonia, Portogallo, Romania e Spagna) e in cinque Paesi extraeuropei (Cina, India, Turchia, Russia e Stati Uniti). Il numero totale di intervistati è stato pari a 19.765.

In Europa i sondaggi sono stati effettuati online per conto di ECFR da Datapraxis e YouGov in Danimarca (1.064 intervistati, 3-11 gennaio), Francia (2.051, 3-12 gennaio), Germania (2.017, 4-11 gennaio), Gran Bretagna (2.200, 4-10 Gennaio), Italia (1.599, 4-12 gennaio), Polonia (1.413, 3-20 gennaio), Portogallo (1.057, 4-12 gennaio), Romania (1.003, 4-11 gennaio) e Spagna (1.013, 4-11 gennaio); e da Datapraxis e Norstat in Estonia (1.022, 18-24 gennaio). In tutti i Paesi europei il campione era rappresentativo a livello nazionale dei dati demografici di base e dell’orientamento di voto. Nel Regno Unito il sondaggio non ha riguardato l’Irlanda del Nord, motivo per cui il documento fa riferimento alla Gran Bretagna.

Al di fuori dell’Europa i sondaggi sono stati condotti da Gallup International Association (GIA) attraverso partner locali indipendenti come sondaggio online negli Stati Uniti (1.074, 17 gennaio, tramite Distance/SurveyMonkey), in Cina (1.024, dal 3 al 17 gennaio, tramite Distance/Dynata) e in Turchia (1.085, dal 3 al 19 gennaio, tramite Distance/Dynata) e attraverso interviste di persona in Russia (800, dal 26 dicembre al 17 gennaio, tramite BeMedia Consultant) e India (1.343, 27 dicembre-18 gennaio, tramite Convergent). La scelta di condurre i sondaggi di persona in questi ultimi due Paesi è stata dettata dalla tesa situazione politica e sociale interna della Russia e dalla scarsa qualità di Internet nelle città più piccole dell’India. In Turchia e negli Stati Uniti il campione era rappresentativo a livello nazionale dei dati demografici di base. In Cina il sondaggio ha interessato solamente le aree di Shanghai, Pechino, Guangzhou e Shenzhen. In Russia sono state coinvolte solo le città con più di 100.000 abitanti. In India, inoltre, non sono state analizzate le aree rurali e le città di terzo livello. Pertanto, i dati di Cina, Russia e India devono essere considerati rappresentativi solo per la popolazione coperta dal sondaggio. Infine, considerando la portata del sondaggio e del questionario, i risultati di Russia e Cina devono essere interpretati con cautela, tenendo conto della possibilità che alcuni intervistati si siano sentiti limitati nell’esprimere liberamente le proprie opinioni.

Autori

Timothy Garton Ash è Professore di studi europei all’Università di Oxford e Co-direttore del progetto Europe in a Changing World. Il suo nuovo libro, Homelands: A Personal History, sarà pubblicato in primavera.

Ivan Krastev è Presidente del Centre for Liberal Strategies di Sofia e Permanent fellowpresso l’Istituto per le Scienze Umane (IWM) di Vienna. Tra le sue numerose pubblicazioni, si ricorda Is It Tomorrow Yet?: Paradoxes of the Pandemic.

Mark Leonard è Cofondatore e Direttore di ECFR. Il suo nuovo libro, The Age of Unpeace: How Connectivity Causes Conflict, è stato pubblicato da Penguin in brossura il 2 giugno 2022. Presenta inoltre il podcast settimanale di ECFR “World in 30 Minutes”.

Ringraziamenti

Questo policy brief non sarebbe stato possibile senza lo straordinario lavoro del team Unlock di ECFR. Gli autori desiderano ringraziare in particolare Pawel Zerka e Gosia Piaskowska, che hanno individuato alcune delle tendenze più interessanti e svolto un lavoro minuzioso sui dati alla base di questo documento, nonché Marlene Riedel e Nastassia Zenovich, che hanno lavorato alla visualizzazione grafica dei dati. Adam Harrison ha svolto un ottimo lavoro di editing. Andreas Bock ha guidato le attività strategiche di sensibilizzazione sui media, mentre Lucie Haupenthal e Michel Seibriger sono stati fondamentali per coordinare gli sforzi di advocacy. Susi Dennison, Josef Lolacher e Anand Sundar hanno fornito suggerimenti utili e rilevanti sui contenuti. Gli autori desiderano inoltre ringraziare Paul Hilder e il suo team Datapraxis per la paziente collaborazione nello sviluppo e nell’analisi dei sondaggi a cui si fa riferimento nel policy brief. Nonostante i numerosi e variegati contributi, gli eventuali errori restano imputabili agli autori.

Questo sondaggio e questo policy brief sono il risultato di una collaborazione tra ECFR e il progetto "Europe in a Changing World" del Programma Dahrendorf del St Antony's College, Università di Oxford. ECFR ha collaborato a questo progetto con la Fondazione Calouste Gulbenkian, il Think Tank Europa e l’International Centre for Defence and Security.

ECFR non assume posizioni collettive. Le pubblicazioni di ECFR rappresentano il punto di vista degli autori.