La sfida di Draghi: gli italiani e la guerra russa contro l’Ucraina

La linea politica di Draghi verso la Russia a livello italiano ed europeo non riflette l’orientamento dell’opinione pubblica italiana. Per ottenere consenso popolare per le sue scelte di politica estera, il Premier dovrà agire tempestivamente.

Il Premier Draghi saluta il Presidente Zelensky

I problemi che il Presidente francese Emmanuel Macron ha riscontrato nelle elezioni parlamentari potrebbero aver oscurato la sua recente visita a Kiev. Per i suoi compagni di viaggio – il Presidente del Consiglio italiano Mario Draghi, il Cancelliere tedesco Olaf Scholz e il Presidente rumeno Klaus Iohannis – il viaggio in Ucraina, breve ma politicamente intenso, resta invece rilevante. Draghi è tornato in Italia e nell’Unione europea come il leader che ha dato l’impulso per la concessione dello status di candidato UE all’Ucraina. È probabile che ora questi svolga un ruolo chiave, insieme a Scholz e Macron, per ottenere il benestare dei leader degli altri 24 Stati Membri.

Tuttavia, il sostegno militare e politico di Draghi all’Ucraina potrebbe alterare gli equilibri di potere interni all’Italia. Lo scorso 21 giugno il Ministro degli Affari Esteri Luigi Di Maio e una sessantina di altri parlamentari hanno lasciato le fila del Movimento 5 Stelle a causa della ferma opposizione di Giuseppe Conte a fornire armi all’Ucraina. Mentre Di Maio continua a sostenere il governo Draghi e Conte si oppone alla linea del premier sulla Russia, la scissione potrebbe essere il segnale di un’ulteriore frammentazione all’interno di altri partiti.

Come già sostenuto  poco dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, il divorzio tra Roma e Mosca è complicato. La forte opposizione di Draghi al regime del Presidente russo Vladimir Putin sarebbe stata inimmaginabile prima del 24 febbraio. I leader europei lo riconoscono, così come l’opinione pubblica italiana.

In Italia le sfide politiche ed economiche legate alla guerra, nonché quelle relative alla dipendenza energetica dalla Russia, si stanno evolvendo, e con esse cambiano anche l’orientamento e le aspettative degli italiani e delle organizzazioni della società civile – a maggior ragione visto che il Paese sta ancora affrontando le conseguenze della pandemia. In questo quadro, il supporto militare e politico di Draghi all’Ucraina potrebbe sconvolgere gli equilibri di potere in Italia.

Come spiegato da Mark Leonard e Ivan Krastev, se da un lato gli europei provano grande solidarietà nei confronti dell’Ucraina e sostengono le sanzioni europee contro la Russia, dall’altro sono divisi su quale dovrebbe essere l’esito della guerra: poco più della metà di loro, infatti, vorrebbe la pace il prima possibile (anche se questo implica che l’Ucraina debba scendere a compromessi) anziché ottenere giustizia nei confronti della Russia. Tale posizione è soprattutto dovuta alle preoccupazioni inerenti al costo delle sanzioni economiche contro Mosca e alla minaccia di un’escalation nucleare. Allo stato attuale, dunque, la maggioranza degli europei si oppone a un conflitto lungo e protratto. Per questo motivo, i governi europei devono trovare un modo per alleviare i timori dei propri cittadini ed evitare la polarizzazione tanto tra i Paesi europei quanto all’interno degli stessi. L’ultimo sondaggio di ECFR indica che il governo italiano potrebbe essere quello sottoposto a maggiori pressioni per agire in merito.

Sebbene il 56% degli italiani ritenga che la Russia sia responsabile per lo scoppio della guerra, il 27% di loro pensa invece che l’Ucraina, l’UE o gli Stati Uniti siano responsabili. In confronto a un Paese come la Finlandia – dove il 90% della popolazione intervistata incolpa la Russia e solo il 5% considera UE, USA o Ucraina responsabili –la posizione sostanzialmente diversa degli italiani sulla Russia risulta evidente.

Al pari dei cittadini francesi, rumeni e tedeschi, gli italiani tendono ad avere una posizione relativamente favorevole verso la Russia. Alla domanda su quale Paese costituisca il principale ostacolo alla pace tra Russia e Ucraina, il 35% degli italiani ha indicato l’Ucraina, l’UE o gli Stati Uniti – la percentuale più alta rilevata tra i Paesi dove è stato effettuato il sondaggio. Per mettere tale percentuale in prospettiva, basti pensare che soltanto il 5% dei cittadini finlandesi ha risposto allo stesso modo.

Naturalmente, l’Italia e la Finlandia sono due Paesi con differenze storiche, economiche e politiche profonde. In questo senso, i risultati italiani potrebbero risentire delle conseguenze della politica estera, economica ed energetica adottate dal Paese negli ultimi trent’anni, nonché della posizione euroscettica e antioccidentale di alcuni partiti politici italiani e della loro peculiare relazione con i regimi autoritari. Per esempio, quando ricopriva la carica di Premier, Silvio Berlusconi ha dato ampio spazio alle relazioni con Mosca in materia di energia ed economia – anche se in misura minore rispetto ai cancellieri tedeschi. La tendenza a stringere accordi con regimi autoritari, tuttavia, ha raggiunto l’acme durante il primo governo di Conte, il quale ha privilegiato l’avvicinamento alla Russia e alla Cina a scapito delle relazioni euroatlantiche.

Economia, energia e politica sono state al centro della relazione tra l’Italia e la Russia, ma anche la cultura ha svolto un ruolo importante. Fondato nel 1921 e scioltosi nel 1991, il Partito comunista italiano è stato il più grande partito comunista dell’Europa occidentale. Nell’arco di settant’anni, e quindi fino al crollo dell’Unione sovietica, il partito ha mantenuto un legame stretto con Mosca e ha avuto un ruolo fondamentale nel plasmare la politica, le priorità, la cultura e la società italiane. Il dibattito pubblico di oggi risente ancora di questa parentesi della storia italiana. Di fatti, pur avendo riadattato il proprio pensiero, allineandolo con i cambiamenti di politica interna degli ultimi anni, molti commentatori, analisti, giornalisti ed esperti italiani di spicco provengono da quel trascorso politico ed erano un tempo membri, affiliati o sostenitori del partito comunista.

Questa vicinanza alla Russia può contribuire a spiegare un altro risultato del sondaggio di ECFR relativo alla guerra in Ucraina. Il sondaggio indica che gli italiani sono i più propensi in Europa a volere la pace il prima possibile, anche qualora questa implicasse delle concessioni da parte dell’Ucraina. Il 52% degli italiani intervistati si schiera a favore del cosiddetto “fronte della pace”; in Polonia, solo il 16% della popolazione fa altrettanto. Questo risultato mette in luce i più grandi timori degli italiani circa l’impatto della guerra: l’aumento dei prezzi dell’energia, la recessione economica e l’afflusso di rifugiati ucraini in Italia.

Anche le sopracitate simpatie storiche del Paese verso la Russia potrebbero però aver influenzato tale risultato, così come il sentimento antiamericano diffuso in Italia – che è più vicino all’antimilitarismo che a un vero e proprio desiderio di pace. I politici italiani sono ampiamente favorevoli agli Stati Uniti (con la sola eccezione di alcuni populisti), ma l’opinione pubblica italiana è stata profondamente critica nei confronti delle principali questioni di politica estera statunitense: si pensi alle guerre in Vietnam e in Iraq, a Guantanamo, nonché alla presenza militare americana in Italia a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale e al sostegno degli Stati Uniti a Israele.

Il sondaggio di ECFR rivela, pertanto, come l’approccio di Draghi alla politica italiana ed europea verso la Russia sia in contrasto con l’orientamento dell’opinione pubblica italiana. Infatti, il 48% degli italiani pensa che il governo Draghi stia dedicando troppa attenzione alla guerra in Ucraina rispetto ad altri problemi da affrontare. In un Paese politicamente fragile come l’Italia questa narrativa è perfetta per i populisti. Oltretutto, a Roma tira già aria di campagna elettorale per il voto politico del 2023, che potrebbe condurre alla vittoria un governo euroscettico.

Alla luce di tutto ciò, Draghi dovrà lavorare più duramente di tutti i suoi compagni di viaggio a Kiev al fine di ottenere il sostegno dell’opinione pubblica italiana alla sua linea verso la Russia. Se non riuscirà ad affrontare i timori degli italiani riguardo alla guerra, il Paese diventerà probabilmente ancora più polarizzato. All’indomani della pandemia, le sue scelte di politica estera così nette – soprattutto quelle nei confronti di Russia, Stati Uniti e Cina – sono ancora piuttosto difficili da accettare per gli italiani.

Sebbene Draghi non appartenga ad alcun partito politico, la sua posizione dipende dal sostegno di una ampia e composita coalizione, per cui potrebbe rivelarsi impossibile accontentare tutti. Con le elezioni politiche alle porte, il grande interrogativo del momento è se la maggioranza di governo reggerà e quale sarà l’evoluzione della sua linea politica rispetto all’invasione dell’Ucraina.

Alla luce di tutto ciò, la politica estera ricopre un ruolo inedito nel dibattito pubblico da dieci anni a questa parte. Il problema delle relazioni con la Russia potrebbe ridefinire la politica italiana, causando un’ulteriore polarizzazione tra coloro che si oppongono e coloro che invece sostengono gli aiuti militari all’Ucraina. Per concludere, la guerra potrebbe finalmente costringere i leader dei partiti italiani a decidere da che parte della storia vogliono stare.

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