Gli scambi commerciali tra Europa e Cina nel 2020

L'accordo commerciale tra USA e Cina potrebbe rendere la vita all'Europa più difficile. Tuttavia, ci sono rischi anche per la Cina: la nascita di una maggiore coalizione contro di essa.

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Questa settimana il vice-premier cinese Liu He volerà a Washington per firmare un accordo commerciale con gli Stati Uniti. Nel frattempo, le capitali europee staranno a guardare con attenzione mentre si preparano ad un periodo critico per i rapporti con Pechino in quello che la Cina ha definito essere l’ “anno dell'Europa”.

Negli ultimi due anni, l'Unione Europea è stata spesso uno dei beneficiari involontari delle tensioni tra Cina e Stati Uniti. Mentre l'amministrazione Trump modificava il normale ordine degli affari con la Cina, Pechino si è preoccupata di mantenere legami stabili con le altre grandi potenze, di prevenire la minaccia di una più ampia coalizione contro di essa, e di dimostrare che un approccio più misurato alle questioni bilaterali può produrre risultati migliori. La scorsa primavera, l'Unione Europea ha minacciato di annullare il previsto vertice UE-Cina e ha definito la Cina un “rivale sistemico”. Senza la pressione degli Stati Uniti, l'UE avrebbe probabilmente dovuto affrontare la risposta Pechino. Tuttavia, la dichiarazione ha invece provocato concessioni all'ultimo minuto.

Nonostante ciò, il contesto nel 2020 è diverso. Mentre molte altre dimensioni della concorrenza tra Stati Uniti e Cina continueranno ad intensificarsi, l'accordo commerciale di fase uno che i due firmeranno questa settimana ha dato a Pechino un po' di respiro in vista delle elezioni americane di novembre. Firmando quello che è essenzialmente un’intesa per incrementare gli acquisti di prodotti statunitensi piuttosto che il più ampio accordo originariamente in discussione, la Cina entrerà nei negoziati commerciali e di investimento di quest'anno con l'UE senza dover affrontare una seria pressione statunitense sui sussidi interni e su altri cambiamenti economici strutturali che però sono ancora in cima all'agenda negoziale di Bruxelles. Sul fronte commerciale, è l'UE stessa ad essere ora nel mirino dell'amministrazione Trump, dopo che questa ha concluso gli accordi con ciascuna delle altre principali mire tra cui, più recentemente, Giappone, Messico e Canada.

Nel 2020 l'Europa si troverà ad avere a che fare con una posizione cinese più assertiva. Mentre nella primavera del 2019 la Cina ha girato con delicatezza attorno alle mosse dell'UE per stabilire una nuova direzione politica, Pechino è ora sull'offensiva. Alla fine dello scorso anno, il ministro degli esteri cinese Wang Yi ha tenuto un discorso a Bruxelles in cui ha attaccato praticamente tutti i nuovi elementi dell'approccio europeo: il concetto di “rivale sistemico”, le richieste di maggiore reciprocità e gli adeguamenti agli scopi dell'apertura economica dell'Europa alla Cina. Su Huawei, Hong Kong e i diritti umani, le minacce pubbliche e private cinesi all'Europa sono diventate di recente ancora più esplicite, con gli ambasciatori cinesi da Stoccolma a Berlino che hanno lanciato un chiaro avvertimento sulle ripercussioni commerciali in caso di decisioni “sbagliate”.

Anche le prospettive per un accordo globale sugli investimenti, un tempo inteso come il più grande risultato atteso di quest'anno, sembrano scarse: la principale responsabile commerciale dell'UE, Sabine Weyand, ha dichiarato che le due parti “non sono ancora sulla strada giusta” per un accordo, con i colloqui che si muovono “a passo di lumaca”. Nel frattempo, la Cina ha consolidato il divisorio incontro “17+1” con gli Stati dell'Europa centrale e orientale e l'incontro di aprile sarà presieduto da Xi Jinping. Secondo i funzionari europei, si tratta di una mossa cinese per indebolire uno degli obiettivi del vertice di Lipsia previsto per settembre 2020, che Berlino aveva inteso come una dimostrazione del fatto che gli Stati dell'Europa centrale e orientale avrebbero guadagnato di più dalla Cina lavorando attraverso i formati dell'UE. In effetti, ci sono molte probabilità che l'incontro tedesco tra Xi e i leader europei possa finire per essere una delusione, un imbarazzo o una resa dei conti. I nove mesi a venire sembra che saranno difficili per l'Europa sulla questione della Cina.

Il fattore USA guadagnerà di nuovo terreno dopo Lipsia. I restanti mesi della presidenza tedesca dell'UE nella seconda metà del 2020 vedranno quasi sicuramente un'altra seria rivalutazione collettiva a Bruxelles e nelle capitali nazionali riguardo all’eventualità di indurire ulteriormente gli elementi cooperativi, competitivi e rivali nell'approccio europeo alla Cina. Queste misure saranno condizionate dalle elezioni americane di novembre.

Sebbene tutti i recenti cambiamenti nella politica statunitense sulla Cina abbiano avuto una qualità bipartisan, le differenze di approccio tra un'amministrazione Trump e la maggior parte delle amministrazioni democratiche immaginabili modificherebbero in modo significativo le decisioni europee. I Democratici hanno sottolineato in modo quasi uniforme che il proprio approccio alla Cina darebbe maggiore importanza ai partner e agli alleati, inclusa la stessa UE; al di là del commercio, questo è ancora più un punto di discussione piuttosto che una serie di proposte vere e proprie. Tuttavia, riguardo al solo commercio non c'è dubbio che un diverso contesto politico emergerebbe dall'eliminazione dell’attuale e tanto minacciata sezione 232 sulle tariffe doganali all'UE, un approccio meno “terra bruciata” all'Organizzazione Mondiale del Commercio, e un allontanamento dalla fissazione di deficit bilaterali. Anche in altre aree, una piattaforma democratica sarebbe altrettanto dura con la Cina ma più in linea con l'UE e gli altri alleati statunitensi. Questo includerebbe la ripresa di alcuni aspetti della cooperazione con la Cina su questioni come il cambiamento climatico; un nuovo impegno con il sistema multilaterale in cui Pechino ha approfittato degli spazi che l'amministrazione Trump ha lasciato liberi; e un approccio più impegnato sulle questioni dei valori nelle relazioni con la Cina rispetto a quello adottato dall'attuale presidente americano.

Anche in caso di rielezione di Trump, sia l'Europa che gli Stati Uniti dovranno affrontare lo stesso problema di influenza nei confronti della Cina. Gli ultimi due anni sono stati in parte un esperimento per verificare se gli Stati Uniti hanno la capacità unilaterale di determinare un cambiamento importante nelle pratiche economiche cinesi. Se da un lato l'escalation delle tariffe ha contribuito, insieme alle restrizioni agli investimenti e ai controlli sulle esportazioni, ad accelerare il disaccoppiamento delle due economie in alcune aree, dall'altro non ha indotto il governo cinese a ripensare la fattibilità del proprio modello. Tuttavia, è chiaro che non ci si può aspettare che un'Unione Europea “strategicamente autonoma” al massimo possa raggiungere anche questo obiettivo. Allo stato attuale, lo scenario migliore per l'approccio dell'Europa alla Cina di quest'anno prevede, tra l'altro, che l'UE stabilisca: una strategia industriale ambiziosa e una serie di piani di connettività; un approccio più rigoroso all'applicazione delle norme commerciali; un nuovo strumento antitrust focalizzato sulla Cina; misure di reciprocità per gli appalti pubblici; e una maggiore attenzione alla sicurezza e ai valori nella gestione delle telecomunicazioni, dei dati e delle questioni digitali in senso lato.

Tutto ciò rafforzerebbe notevolmente la capacità dell'Europa di proteggere i propri valori e interessi. Al di là degli strumenti difensivi, qualsiasi speranza di esercitare una pressione efficace su Pechino o di plasmare il più ampio panorama politico ed economico in cui opera la Cina richiederà coalizioni più ampie da riunirsi per diverse aree critiche. Inoltre, per tutto ciò che l'UE potrebbe aspettarsi di ottenere con Giappone, India, Australia, Canada, Regno Unito post-Brexit e altri partner simili, gli Stati Uniti rimarranno la controparte critica.

Una parte importante dell'agenda europea per la Cina nel 2020 rimarrà interna. Le battaglie per la politica europea sulla Cina, e molte delle più ampie modifiche che ne deriveranno, saranno intense, e si terranno tra pressioni notevolmente maggiori da parte di Pechino. Tuttavia, c'è un rischio reale anche per la Cina. Se l’ “anno dell'Europa” si svolge come molti funzionari europei si aspettano, non è solo l'approccio dell'UE che andrebbe nella direzione della concorrenza e della rivalità sistemica. Il 2020 potrebbe segnare l'inizio di una coalizione più organizzata tra le democrazie liberali che, nonostante tutte le differenze, hanno ancora sostanziali punti in comune sulla Cina e stanno iniziando ad affrontare i limiti della speranza di poterla sfidare da sole.

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