Gli attacchi aerei americani in Siria e la lotta allo Stato Islamico

Secondo Julien Barnes-Dacey, Senior Policy Fellow del Programma MENA, “finché la guerra civile siriana imperverserà, i tentativi internazionali di sconfiggere militarmente l’IS saranno ostacolati in maniera significativa”.

Gli Stati Uniti, insieme ad alcuni alleati della regione, hanno cominciato a lanciare attacchi aerei contro le postazioni dello Stato Islamico (IS) in Siria, con l’obiettivo dichiarato di contrastare il terrorismo piuttosto che favorire un cambio di regime. Dopo più di tre anni di guerra civile, gli Islamisti radicali hanno finalmente costretto gli Stati Uniti all’intervento diretto.

Tuttavia, con un’ azione statunitense che probabilmente non sarà immediatamente decisiva, soprattutto data l’assenza di truppe di terra, le prospettive di successo rimangono molto incerte. Sia il Presidente siriano Bashar al-Assad che i ribelli non appartenenti all’IS stanno attivamente cercando di affermarsi come partners naturali dell’Occidente nella lotta all’estremismo, ma essi, così come gli attori regionali che attualmente supportano gli attacchi aerei, continuano ad avere fini contrastanti rispetto agli Stati Uniti sul piano bellico, e relativamente alla minaccia posta dall’IS.

Il focus di Obama sulla lotta al terrorismo non è affatto condiviso dai gruppi di ribelli siriani non affiliati all’IS, che guardano alla rilevanza del gruppo attraverso la lente della guerra civile in corso. Diversamente dalle potenze occidentali, né il regime né i ribelli non appartenenti all’IS sono interessati alla forza dell’IS come gruppo jihadista – nonostante ciò sia certamente un motivo di preoccupazione.

Piuttosto, entrambi guardano all’IS come ad un mezzo per fare leva sul supporto internazionale ed assicurarsi la vittoria nel più vasto conflitto regionale. Questo istinto è parzialmente condiviso da due dei partner regionali coinvolti nei raid aerei, l’Arabia Saudita ed il Qatar. Le ripercussioni degli attacchi infatti fanno temere nuove incertezze e potenziali problematiche ancora più profonde.

L’Europa è rimasta in silenzio. Né il Regno Unito né la Francia si sono uniti alla prima ondata di azioni militari, un’esitazione che può essere in parte vista come sintomo di mancanza di una strategia chiara. Le incertezze inerenti agli attacchi stanno a significare che il governo britannico è cauto nei confronti dell’opposizione parlamentare all’intervento, mentre la Francia teme che un intervento limitato non possa che rafforzare il regime di Damasco.

Per Assad, la creazione di una coalizione internazionale focalizzata sull’IS rappresenta la speranza che culminerebbe nel successo della sua strategia lunga tre anni, deliberatamente orientata, in parte, a costringere l’Occidente a riconoscerlo come partner necessario.

Nonostante le affermazioni su una collaborazione diretta tra Assad ed IS appaiano ampiamente infondate, il regime ha da tempo orientato la sua campagna militare sui ribelli non appartenenti all’IS come mezzo per consolidare le tendenze estremiste.

Ora, nonostante tutto, il regime ha finalmente iniziato una campagna di attacchi aerei contro l’IS – anche se molte delle sue risorse sono ancora destinate contro i più deboli ribelli non-IS – e si appella alla comunità internazionale per la costituzione di un fronte comune. L’Occidente continua ad affermare che Assad non potrà ricoprire alcun ruolo di partnership nella campagna, mentre Assad crede che gli Stati Uniti e l’Europa alla fine cambieranno opinione. Esistono già scambi di dossier nel campo dell’intelligence ed il governo statunitense ha allertato Damasco prima dell’inizio dei raid.

Ciò nonostante, Assad sta giocando una partita rischiosa. L’IS può sì rappresentare un’opportunità, ma pone anche minacce significative, non ultima la crescente forza militare. L’espansione dell’IS, insieme ad un numero di recenti vittorie contro le forze del regime sta provocando un crescente dissenso tra i leali al regime, che sono indignati per l’apparente riluttanza o incapacità di Assad di contrastare il gruppo a tutto campo. Il dissenso interno, anche se non rischia di sfociare in un cambio di regime, è degno di nota, in particolare se legato allo scontento da parte dei più importanti supporter esterni del regime, Iran ed Hezbollah, circa la posizione ancora esitante di Assad verso un gruppo che minaccia i loro vasti interessi regionali.

La maggiore preoccupazione del regime, comunque, è che ora si sta agendo come programmato dai ribelli non IS: attraverso la  fornitura internazionale di armi all’opposizione. Anche se Obama si è inizialmente impegnato a restringere le ambizioni statunitensi alla Siria, inclusi l’addestramento limitato e l’armamento dei ribelli – destinati a contenere l’IS, piuttosto che abbattere il regime – l’insistenza che non ci possa essere cooperazione con Assad offre ai ribelli l’opportunità di affermarsi come unico partner sul territorio accettabile per l’Occidente. Con i raid aerei in grado probabilmente solo di indebolire un IS sempre più radicato e sicuro di sé, ciò potrebbe rivelarsi un massiccio armamento diretto.

Ciò che è chiaro è che molti di questi ribelli considerano la lotta all’IS di importanza secondaria.  Il rovesciamento del regime rimane la preoccupazione centrale dei ribelli, e le armi ad essi destinate saranno principalmente destinate a questo fine.

I rispettivi posizionamenti dei ribelli non IS ed Assad evidenziano una sconveniente realtà: finché la guerra civile siriana imperverserà, i tentativi internazionali di sconfiggere militarmente l’IS saranno ostacolati in maniera significativa, in particolare fin quando gli alleati regionali spingeranno in direzioni diverse. Mentre i raid aerei potrebbero causare uno spostamento delle linee tattiche, è poco probabile che essi possano provocare riallineamenti strategici significativi. Data la loro probabile natura inconcludente, essi rischiano di trascinare l’Occidente in un intervento più serio. Nonostante Obama abbia chiaramente affermato che l’intervento in Siria rimarrà limitato, coloro che chiedono un’azione più ampia potrebbero interpretare gli iniziali raid e l’armamento dei ribelli come l’avvio di una escalation inevitabile

Bisogna inoltre tener presente che raid aerei limitati, che infliggono danni secondari e lasciano il regime illeso, rischiano di rafforzare ulteriormente l’IS e consolidare la sua auto-dichiarata posizione di solo difensore legittimo del popolo siriano sunnita. L’apparente provocazione dell’IS di intervenire in Siria ed in Iraq attraverso le decapitazioni pubbliche di un numero di ostaggi potrebbe apparire azzardata dato il potenziale militare che l’America potrebbe mettere in campo. Ma un intervento militare di impatto potrebbe favorire il consolidamento del supporto locale al gruppo. 

ECFR non assume posizioni collettive. Le pubblicazioni di ECFR rappresentano il punto di vista degli autori.