Give and Take: come l’UE può riavvicinarsi al Sud globale

Per sostenere la transizione energetica, l’Unione e i suoi Stati Membri devono rafforzare le iniziative di “friend-shoring” con Paesi del sud globale. Le materie prime critiche, l’agricoltura sostenibile e le tecnologie rinnovabili mature sono tre aree di promettente collaborazione economica con pochi rischi.

Paesaggio con pannelli solari. Bolero PV project, Región de Antofagasta, Chile

Le tensioni geopolitiche e le problematiche delle catene del valore mettono in pericolo la transizione ecologica dell’Europa. L’acquisto di materiali essenziali da potenze rivali per motivi di pura convenienza economica è ormai riconosciuto in tutta l’UE come un grave rischio – e più forte è la dipendenza da questi rivali, maggiore è la vulnerabilità a misure coercitive. Pratiche di “friend-shoring”, ovvero il rivolgersi ad alleati e Paesi affini per l’importazione di beni strategici, sono emerse come uno degli strumenti principali per ridurre queste pericolose dipendenze. Tuttavia, la Cina domina molti settori delle catene del valore legate alla transizione, rendendo questo ridisegno un compito assai delicato.

La nuova strategia UE per la sicurezza economica riconosce pienamente tali dipendenze esterne e, pur non auspicando esplicitamente un’ottica di friend-shoring, prospetta un rafforzamento della cooperazione con gli alleati più stretti di NATO e G7. Questa prospettiva si amplia poi per includere “il più ampio spettro possibile di partner”, aprendo quindi ai Paesi del Sud globale. La strategia indica infatti, correttamente, che proprio la transizione può costituire la strada maestra di interazione con le economie emergenti e in via di sviluppo. Se anche molti di questi Paesi non sono alleati tradizionali, né condividono il sostegno UE all’Ucraina contro l’invasione russa o gli standard europei in materia di diritti umani, tuttavia non rappresentano dei rivali come invece sono Mosca e Pechino.

Gli europei dovrebbero vedere la cooperazione green con il Sud globale come un aspetto fondamentale della ridefinizione delle catene del valore, e di conseguenza come una componente chiave della propria sicurezza economica. Occorre però che l’Europa sappia presentare un’offerta di partnership migliore della Cina, includendo sostegno tecnologico per gli sforzi di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, anziché ragionare in un’ottica esclusiva di riduzione delle vulnerabilità esterne. Soltanto così l’Unione e i suoi Stati membri possono ottenere il triplice beneficio di combattere il riscaldamento globale, diminuire le dipendenze più rilevanti e recuperare il terreno perduto con i Paesi del Sud globale.

Rischi e benefici

Nella sua cooperazione industriale e tecnologica, l’UE è chiamata a bilanciare attentamente i rischi e i benefici, guardando solo agli alleati più stretti per i settori maggiormente strategici, ma intensificando la cooperazione in aree di minore rischio con tutti i partner non rivali. Tre aree di ridotto rischio che fino ad ora si stanno dimostrando promettenti sono le materie prime critiche (CRM), l’agricoltura sostenibile, e le tecnologie rinnovabili ormai mature.

Materie prime critiche

La spinta occidentale a ridurre le dipendenze da Pechino nelle filiere delle tecnologie verdi ha fornito a diversi Paesi in Asia, Africa e America Latina un nuovo potere contrattuale, soprattutto grazie alle loro vaste riserve di minerali strategici. Le turbine eoliche, i veicoli elettrici e altri componenti essenziali della transizione richiedono enormi quantità di questi materiali: basti pensare che, per raggiungere gli obiettivi di REPowerEU nell’eolico onshore, l’Europa avrà bisogno di circa 390mila tonnellate di materie prime critiche all’anno. E l’UE non è certo sola nel corteggiare i Paesi con vasti giacimenti: la Cina, che già domina la lavorazione a livello globale, si offre infatti di sviluppare infrastrutture e filiere nei Paesi di estrazione come in Bolivia o in Africa – un’offerta che viene accolta con un certo entusiasmo.

Per competere adeguatamente, l’Europa dovrebbe concentrarsi sullo sviluppo di industrie nei Paesi fornitori e sulla protezione delle loro economie dai cambiamenti climatici. Ad esempio, potrebbe sostenere lo sviluppo di capacità di raffinazione iniziali in Namibia, dove recentemente è stata vietata l’esportazione di minerali grezzi. Per incoraggiare poi gli investitori a costruire impianti di lavorazione, la Commissione potrebbe rendere strutturale l’attuale sospensione dei dazi su diversi materiali strategici. Pur trattandosi di imposte relativamente modeste – tra il 3 e il 5,5% –  il loro prospettato ritorno nel 2025 è ancora percepito dalle aziende come un freno agli investimenti esteri. Inoltre, le istituzioni di finanza allo sviluppo potrebbero introdurre meccanismi di accesso preferenziale a fondi di adattamento e mitigazione, oltre che all’assistenza tecnica, per quei Paesi che sottoscrivono con l’UE accordi di fornitura di minerali critici. Una simile mossa aiuterebbe ad evitare il pericolo di trattare questi Paesi come meri fornitori di materie prime, migliorando così le complesse relazioni con diversi attori africani e aumentando la possibilità che essi in futuro si allineino maggiormente alle posizioni europee.

Agricoltura sostenibile

L’agricoltura costituisce un altro settore dove la cooperazione non presenta significativi rischi geoeconomici o di sicurezza per l’Europa, a fronte invece di importanti benefici condivisi. Il Kazakistan, per esempio, ha già rafforzato le relazioni con l’UE in tema di energia e materie prime, ma mantiene tutt’ora elevati dazi nei macchinari agricoli. L’Europa, sfruttando la partnership già esistente, potrebbe migliorare il quadro normativo e investire nella produzione di componenti in loco, in cambio di tariffe minori per i macchinari che contengono parti realizzate in questa repubblica dell’Asia Centrale.

L’Africa rappresenta poi il destinatario ideale della cooperazione europea in agricoltura sostenibile, in un’ottica che può ottenere grandi risultati nella sicurezza alimentare e promuovere il passaggio da agricoltura di sussistenza a coltivazioni più redditizie. Da parte europea si dovrebbero rafforzare i rapporti – già esistenti, ma poco intensi – in ricerca e innovazione nei sistemi alimentari e nell’agricoltura sostenibile, fornendo ai partner africani migliori soluzioni per affrontare l’aumento delle temperature e la scarsità idrica, garantendo però anche un maggiore accesso al mercato unico per i loro prodotti agricoli. Uno scenario che richiede un ribaltamento nell’atteggiamento europeo, ancora oggi protezionista in materia di agricoltura: si tratta, infatti, di una dinamica che pesa – ad esempio – sul destino dell’accordo commerciale tra UE e Mercosur.

Tecnologie mature per le rinnovabili

Le tecnologie rinnovabili ormai mature, come le pompe di calore, sono un altro settore dove la cooperazione tra UE e Sud globale presenta pochi rischi, a partire dai Paesi del Mediterraneo. Si tratta poi di un ramo dove le crescenti capacità di produzione cinesi rischiano di erodere l’attuale posizione di forza in cui si trova l’Europa. Il Net-Zero Industry Act prevede un obiettivo di produzione domestica del 40% nelle pompe di calore e in altre tecnologie verdi entro il 2030. Da un lato, questo richiederà nuova forza lavoro qualificata, che può essere formata nei Paesi del Vicinato meridionale tramite programmi comunitari. Dall’altro lato, un sostengo finanziario al “near-shoring” di queste produzioni può rafforzare l’industria europea in una parte del mondo che soffre temperature sempre più elevate e che beneficerebbe dalla maggiore efficienza energetica delle pompe di calore rispetto ad altre forme di climatizzazione.

Nelle tecnologie di transizione più rivoluzionarie, invece, l’UE e gli Stati membri dovrebbero essere più cauti, valutando attentamente eventuali cooperazioni al di fuori di NATO e G7. Le vulnerabilità sarebbero infatti maggiori e vi è tutto l’interesse a proteggere ogni vantaggio competitivo da possibili potenze rivali. La realizzazione di filiere produttive nelle componenti ormai maggiormente diffuse – partendo dalla lavorazione delle materie prime per arrivare alla produzione di componenti – migliorerebbe invece la posizione dell’Unione nel Sud globale e sosterrebbe la transizione in loco e in Europa, il tutto aprendo potenzialmente nuovi mercati.

Un’alleanza per il pianeta

Studi effettuati dal gigante assicurativo Allianz indicano Vietnam, Messico, Indonesia, Brasile e Malesia come i migliori candidati per le partnership europee con il Sud globale. Tutti questi Paesi dispongono di importanti capacità industriali e di risorse naturali, rendendoli partner ideali nei tentativi dell’UE di differenziare le proprie forniture. L’Indonesia ha vietato l’esportazione di nickel grezzo, ottenendo investimenti nella raffinazione domestica. La ricerca brasiliana di investitori nel proprio settore del litio rappresenta una chiara opportunità: se l’UE saprà inserirsi, condividendo tecnologie di estrazione e sviluppando industre locali alimentate da rinnovabili, potrà ridurre alcune dipendenze e contribuire al tempo stesso alla transizione energetica di un partner economico importante come il Brasile. L’UE sta già sviluppando un modello simile con il Cile, in un quadro di collaborazione che include anche l’idrogeno rinnovabile.

Il Sud globale è anche la parte del mondo più esposta ai disastrosi effetti dei cambiamenti climatici, ma molti di questi Paesi non dispongono delle tecnologie e delle risorse per le misure di mitigazione e adattamento. Con i costi del debito che crescono rapidamente come le temperature, i governi si trovano di fronte alla difficile scelta tra fornire i servizi essenziali ai propri cittadini o avviare costosi progetti ecologici che forniranno risultati solo nel lungo periodo. Una maggiore cooperazione con l’Europa nelle filiere non strategiche, se accompagnata dalla condivisione di tecnologia sostenibile, può migliorare le prospettive di crescita e contenere le emissioni.

Finanziare queste iniziative resta una sfida per l’Europa, imponendo di puntare sulle soluzioni più efficienti e sui settori in cui già vi sono attori industriali europei dotati di importanti capacità. Il recente scambio del debito tra Egitto e Germania può essere un esempio da seguire: gli Stati membri UE e le banche di sviluppo possono prestarsi a riduzioni del debito a condizione che le somme condonate vengano impiegate sul fronte climatico, in stretto coordinamento con le istituzione europee di finanza allo sviluppo. Iniziative di questo tipo richiedono un forte impegno politico ed economico da parte europea, ma costituiscono un investimento nella sicurezza economica e nel futuro del pianeta.
  

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