Transizioni instabili? Le minacce al pluralismo in Egitto, Tunisia e Libia

Il futuro di Egitto, Tunisia, Libia

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Il processo di transizione politica in Nordafrica sembra vacillare. Il sistema democratico sta mostrando non soltanto i benefici ma anche i rischi derivanti dalla competizione politica. Due anni dopo le rivoluzioni, ci si chiede se i governi in carica e le divisioni sociali stiano allontanando la prospettiva di  democrazie reali e inclusive in Egitto, Tunisia e Libia.

Anthony Dworkin sostiene che questo sia un periodo cruciale per lo sviluppo di una sana competizione democratica e che l’Unione europea possa svolgere un ruolo decisivo nel supportare questo processo. La stabilità nella regione sarà raggiungibile solo con pluralismo politico e autentiche riforme.

In Egitto, il tentativo dei Fratelli Musulmani di consolidare il potere e il rifiuto da parte dell’opposizione di accettare le istituzioni esistenti hanno provocato una crisi politica e portato disordini sociali e violenza. L’Ue deve intervenire dialogando con le parti in causa per identificare un compromesso politico in grado di sostenere la competizione elettorale e una riforma imparziale delle istituzioni pubbliche.

La Tunisia è inizialmente riuscita ad evitare i livelli di scontro sociale già verificatisi in Egitto, ma recentemente ha dovuto gestire un’escalation di violenza. Nonostante l’importante esperienza di secolarizzazione, anche in Tunisia  è presente un movimento salafita più radicale il quale ha dimostrato preferire lo scontro anziché il ricorso alle urne. L’Europa dovrebbe usare la propria influenza per fermare l’utilizzo della violenza a fini politici e sostenere il dialogo, fornendo strumenti di sostegno all’economia tunisina.

In Libia l’eredità di Gheddafi ostacola i progressi verso il consolidamento di un sistema democratico e verso il principio dell’eguaglianza politica. La religione rappresenta un fattore di scontro politico meno rilevante rispetto a quanto non sia in Egitto e Tunisia, ma la “legittimazione rivoluzionaria” continua a costituire un mezzo di forzatura della competizione politica e ad alimentare l’opposizione politica al principio del monopolio dell’uso legittimo della forza da parte del governo nazionale. L’Europa può essere d’aiuto gettando le fondamenta per lo sviluppo di capacità di governo, di esperienza politica e di un sistema giudiziario e di sicurezza credibili.

Secondo lo  European Foreign Policy Scorecard 2013, pubblicato il 31 gennaio:

  • Se da una parte, l’Ue ha agito per consolidare le relazioni con il governo tunisino, dall’altra ha sempre cercato di non interferire nel dibattito politico interno
  • Per quanto riguarda l’Egitto, l’approccio europeo è stato poco determinante e ciò ha indebolito la capacità dell’Ue di intervenire nella definizione di standard validi per l’evoluzione del processo di transizione;
  • Nel 2012 l’Ue è stata poco presente in Libia se non per la missione di gestione della sicurezza dei confini.

Secondo Anthony Dworkin “Le differenze di religione e le divergenze sugli obiettivi della rivoluzione in Egitto, Libia e Tunisia hanno esacerbato la sfiducia tra le parti in causa. Esiste un chiaro rischio che un circolo vizioso tra esasperazione delle posizioni in campo e disordini sociali possa distruggere la speranza di procedere verso democrazie compiute. Il cammino verso uno sviluppo pacifico in questi paesi deve passare attraverso una democrazia inclusiva e uno Stato nazionale che tratti tutti gli attori sociali in modo imparziale”.

 

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