Living in an à la carte world: What European policymakers should learn from global public opinion (riassunto)

Un nuovo sondaggio d’opinione globale di ECFR rivela che molte persone al di fuori dell’Occidente vogliono l’Europa e gli Stati Uniti nella loro vita per tutto ciò che hanno da offrire, ma questo non si traduce in un pieno allineamento politico. I cittadini preferiscono invece un accordo “à la carte”, in cui i loro governi scelgono pragmaticamente i loro partner a seconda della questione da trattare

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Il cancelliere tedesco Olaf Scholz partecipa al pranzo del vertice del G20, il gruppo dei paesi industrializzati più forti e delle economie emergenti
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  • Un nuovo sondaggio svolto da ECFR a livello internazionale rivela forti divergenze nelle prospettive per il futuro ordine mondiale: il 47% dei cittadini americani ha una visione “pessimista” del futuro del proprio paese, in contrasto con l’ottimismo diffuso nelle potenze emergenti, come India (dove l’86% ha espresso una visione ottimista), Indonesia (74%), Cina (69%), Russia (54%) e Brasile (40%). 
  • A livello globale, l’attrattiva dell’Occidente, la sua leadership e i suoi valori godono ancora di una grande considerazione. In quasi tutti i Paesi esaminati, nella maggior parte dei settori i cittadini preferiscono lavorare con gli Stati Uniti e i suoi partner, piuttosto che con la Cina. L’unica eccezione riguarda il commercio, dove molti hanno indicato una preferenza per le collaborazioni con la Cina piuttosto che con gli Stati Uniti ed i relativi partner. 
  • Un gran numero di cittadini, in particolare nelle nazioni emergenti, è favorevole all’espansione dell’attività economica cinese nel proprio Paese: Russia (74% degli intervistati), Arabia Saudita (60%), Sud Africa (60%), Indonesia (53%) e Turchia (50%). In Europa la percentuale è del 29%. Tuttavia, per quanto riguarda il tema sicurezza, il quadro appare molto diverso: molti preferiscono la leadership degli Stati Uniti e hanno indicato l’Europa come luogo preferito in cui vivere. 
  • Il sondaggio mostra inoltre come 4 intervistati su 10, al di fuori dell’Europa, credono che la potenza dell’UE si sgretolerà nei prossimi 20 anni, e molti sembrano legarne il destino all’esito della guerra Russia-Ucraina. Anche un terzo degli europei (33%) ne è convinto, mentre il 50% non è d’accordo.  
  • I coautori di questo studio, Timothy Garton Ash, Ivan Krastev e Mark Leonard, ritengono che l’UE dovrebbe perseguire una politica di “interdipendenza strategica” sulla scena mondiale, investendo maggiormente nell’esercito e nella sicurezza e migliorando la propria posizione di “hard power”, nell’ottica di rafforzare quanto già ottenuto mostrando il proprio sostegno all’Ucraina. Aggiungono che, se l’UE vuole sopravvivere alle imminenti lotte di potere, deve “smettere di aggrapparsi all’irenico mondo del passato”. 

Nel contesto dei conflitti in Europa e Medio Oriente e in vista dell’importante incontro di questa settimana tra Joe Biden e Xi Jinping, l’European Council on Foreign Relations (ECFR) ha condotto un nuovo sondaggio a livello internazionale, in collaborazione con l’Università europea di Oxford in il progetto Changing World. Da questa indagine è emerso come le alleanze geopolitiche stiano diventando sempre più fratturate e complesse, rivelandosi quindi incompatibili con le strutture bipolari ed i ruoli attribuiti ai Paesi nelle discussioni sugli eventi mondiali. Europa e America mantengono la loro attrattiva e sono viste come portatrici di valori più ammirevoli rispetto a Cina e Russia, ma questa percezione non si traduce necessariamente in un allineamento politico. I risultati suggeriscono che viviamo in un’epoca di un mondo “à la carte”, dove gli Stati stringono alleanze frammentarie, suddivise in base alle questioni di interesse, invece di impegnarsi in una fedeltà con confini ben delineati. 
 
L’ultimo studio dell’ECFR, Living in an à la carte world: What European policymakers should learn from global public opinion, realizzato dagli esperti di politica estera Timothy Garton Ash, Ivan Krastev e Mark Leonard, fa riferimento ai dati del sondaggio della Gallup International Association svolto in Stati Uniti, Cina, India, Russia, Turchia, Brasile, Sud Africa, Arabia Saudita, Indonesia, Corea del Sud, nonché ai dati Datapraxis, YouGov e Norstat raccolti in undici Paesi europei. Lo studio rivela come il soft power occidentale (inteso come attrattiva, sia di uno stile di vita che di un insieme di valori) è ancora popolare a livello globale, ma gli intervistati appaiono divisi per quanto riguarda altri settori di affari con l’Occidente, in particolare il commercio e la presenza economica della Cina nel proprio Paese. 
 
I risultati suggeriscono come il dominio occidentale del sistema internazionale e l’impostazione bipolare della politica estera di Washington e Bruxelles non reggeranno in un contesto di crescente multipolarità. Questa tesi è dimostrata dal fatto che molti cittadini del cosiddetto blocco occidentale (Stati Uniti e Corea del Sud sono stati intervistati dall’ECFR relativamente a questo aspetto, e altri sondaggi confermano gli stessi dati per i Paesi dell’UE) hanno una visione “pessimista” del loro futuro. Inoltre, un’ampia percentuale degli intervistati a livello internazionale ritiene che l’UE potrebbe sgretolarsi e che gli Stati Uniti potrebbero non essere più una democrazia entro i prossimi vent’anni. Tutto questo, sostengono gli autori, è indice della frattura dei blocchi di potere consolidati. L’indagine rivela anche che un gran numero degli intervistati e, in alcuni casi, la maggioranza, è disposto a collaborare con la Cina ed i suoi partner su questioni internazionali, compreso il commercio, accettando ampiamente la presenza economica cinese nel proprio Paese. 
 
Nonostante ciò, la buona notizia per l’Occidente e, in particolare, per i suoi valori, è che l’ECFR ha rilevato come, in media, solo il 5% dei cittadini provenienti da Paesi non occidentali sceglierebbe di vivere in Cina, se ne avesse la possibilità, mentre il 56% sceglierebbe l’Occidente, come gli Stati Uniti o un Paese europeo. È stato inoltre riscontrato che gli intervistati in quasi tutte le Nazioni esaminate (ad eccezione della Russia), se costretti a prendere posizione, preferirebbero cooperare con un blocco guidato dagli americani piuttosto che con uno guidato dalla Cina. Inoltre, rimane un forte allineamento con l’Occidente sui diritti umani: Corea del Sud (75%), India (64%), Brasile (62%), Sud Africa (54%) e Turchia (51%) sottolineano di sentirsi più vicini, su questo argomento, a Washington che a Pechino, un’opinione che appare prevalente anche in Arabia Saudita (47%). 
 
La frattura dell’ordine bipolare si riflette anche nell’atteggiamento pubblico nei confronti della guerra in Ucraina. I dati mostrano che questo conflitto è determinante, e persino esistenziale, per l’Occidente: il 33% in Europa e il 42% negli Stati Uniti ritiene che l’Ucraina debba riconquistare tutto il suo territorio, anche a costo di una guerra più lunga e maggiori costi umani, mentre la minoranza sostiene che la guerra dovrebbe finire il prima possibile, anche se ciò dovesse comportare una perdita di territori per l’Ucraina. 
 
La prima opinione, tuttavia, non è condivisa nei Paesi non occidentali, dove prevale l’idea che la guerra dovrebbe finire il prima possibile, anche a costo di perdita di territori per l’Ucraina. Allo stesso modo, in netta opposizione con l’Occidente, molti degli intervistati al di fuori degli Stati Uniti e dell’Europa ritengono che gli Stati Uniti siano già in guerra con la Russia, come se la guerra in Ucraina fosse un conflitto per procura tra le due potenze della Guerra Fredda: sono di questa opinione Russia (63%), Cina (57%), Arabia Saudita (54%), Turchia (51%), Indonesia (43%) e Sud Africa (50%). 
 
Date le ampie divergenze di vedute emerse dallo studio dell’ECFR, Garton Ash, Krastev e Leonard suggeriscono che viviamo un’epoca di un mondo “à la carte”, dove gli Stati stringono alleanze frammentarie, suddivise in base alle questioni di interesse, invece di impegnarsi in consolidare fedeltà con confini ben delineati. 


I principali risultati del nuovo studio di ECFR includono:
 

  • L‘Occidente appare in declino, secondo l’opinione dei Paesi allineati al blocco. Il 47% degli intervistati negli Stati Uniti e il 40% in Corea del Sud hanno una visione pessimista sul futuro del proprio Paese. Nell’Ue27, secondo dati Eurobarometro comparabili, una media del 59% dei cittadini ritiene che nel proprio Paese le dinamiche stiano andando nella direzione sbagliata. Al contrario, l’86% degli intervistati in India, il 74% in Indonesia, il 69% in Cina e il 54% in Russia si dichiarano ottimisti, opinione prevalente anche in Brasile (40%). 
  • Tuttavia, a livello globale, l’Occidente gode ancora grande considerazione. L’ECFR ha riscontrato che la maggior parte degli intervistati ritiene che l’Europa e gli Stati Uniti siano i luoghi in cui, in una situazione ipotetica, vorrebbero trasferirsi. Grandi maggioranze in Corea del Sud (75%), Arabia Saudita (62%), Brasile (68%), Turchia (71%), Sud Africa (65%) e Arabia Saudita (62%) hanno espresso la preferenza per vivere in entrambi i Paesi. Per quanto concerne la scelta di vivere in Russia o in Cina, la percentuale più alta è quella del Sud Africa, dove comunque una minoranza, il 16%, ha espresso questo parere (mentre il 65% sceglierebbe l’UE o gli Stati Uniti). 
  • Anche gli Stati Uniti ed i suoi partner sono visti positivamente per quanto riguarda la loro leadership geopolitica. L’ECFR ha riscontrato che gli intervistati, se costretti a scegliere, quasi ovunque preferirebbero far parte del blocco americano piuttosto che cooperare con la Cina ed i suoi partner. Questa è l’opinione più diffusa in Corea del Sud (82%), India (80%), Brasile (66%), Sud Africa (54%), Turchia (51%) e Arabia Saudita (50%). La Russia è l’unico caso anomalo: la maggioranza preferirebbe la Cina, mentre in Indonesia la risposta è divisa e nessuna delle due alternative ha ottenuto la maggioranza. 
  • I valori occidentali sono popolari in tutto il mondo. Per quanto riguarda i diritti umani, la maggioranza in Corea del Sud (75%), India (64%), Brasile (62%), Sud Africa (54%) e Turchia (51%) ha affermato che preferisce che il proprio Paese sia più allineato agli Stati Uniti ed ai suoi partner, piuttosto che alla Cina e relativi alleati. Opinione che risulta prevalente anche in Arabia Saudita (47%). In materia di cooperazione sulla sicurezza, maggioranze o percentuali altrettanto ampie in Corea del Sud (80%), India (70%), Brasile (59%), Sud Africa (48%), Arabia Saudita (48%), Turchia (43%) e Indonesia (38%) hanno dichiarato di sentirsi più vicine agli Stati Uniti piuttosto che alla Cina. 
  • La forza cinese, a livello globale, è particolarmente evidente in ambito economico. Alla domanda se si sentano più vicini agli Stati Uniti o alla Cina sul piano commerciale, la maggioranza degli intervistati in Russia (74%), Arabia Saudita (60%), Sud Africa (60%), Indonesia (53%) e Turchia (50%) ha scelto la Cina. Solo in India (65%) e Brasile (50%) è emersa una maggiore vicinanza agli Stati Uniti rispetto alla Cina. Nel frattempo, in Corea del Sud è emersa una forte divisione in merito: il 42% preferisce gli Stati Uniti ed i suoi partner, mentre il 37% la Cina ed i relativi alleati. 
  • I cittadini di numerose nazioni in crescita sono ricettivi alla presenza economica cinese nel proprio Paese. La maggioranza in Arabia Saudita (64%), Sud Africa (58%), Brasile (52%) e Turchia (52%) ha dichiarato di accettare cinque tipi di presenza economica cinese nel proprio Paese, inclusa la possibilità che le aziende cinesi possano essere autorizzate ad acquistare una grande squadra sportiva, un giornale, un’azienda tecnologica o un’infrastruttura e che venga loro consentito di costruire tale infrastruttura. Mentre in Europa, secondo un risultato di un precedente sondaggio dell’ECFR, solo il 29% si è dichiarato favorevole. È interessante notare che i Paesi più reticenti all’impegno economico cinese risultano essere non solo la Corea del Sud ma anche la Russia, mentre gli indonesiani appaiono fortemente divisi sulla questione. 
  • Per molti non occidentali, il conflitto in Ucraina è in realtà una guerra per procura tra Stati Uniti e Russia. La maggioranza in Russia (63%), Cina (57%), Arabia Saudita (54%) e Turchia (51%) ritiene che gli Stati Uniti siano già “in guerra” con la Russia. In Europa (36%, in media), Stati Uniti (20%), India (24%) e Brasile (28%) gli intervistati ritengono invece che gli Stati Uniti non siano in guerra con la Russia. 
  • Al di fuori dell’Occidente, c’è poca propensione a sostenere l’Ucraina a lungo termine. In Cina (48%), Russia (46%), Arabia Saudita (46%), Sud Africa (46%), India (45%), Turchia (43%), Indonesia (34%) e Brasile (31%) la maggioranza ritiene che il conflitto debba finire il prima possibile, anche a costo di perdite territoriali per l’Ucraina. Mentre negli Stati Uniti (42%) e in Europa (33%), prevale la visione opposta, secondo cui “l’Ucraina deve riconquistare tutto il suo territorio, anche a costo di una guerra più lunga o più ucraini uccisi e sfollati”. Gli intervistati in Corea del Sud appaiono equamente divisi (42% e 42%) tra queste due opzioni. 
  • In gran parte del mondo, in questa guerra l’Occidente è visto come un ostacolo alla pace più grande rispetto alla Russia. Grandi maggioranze in Cina (82%), Russia (71%) e Arabia Saudita (57%), Indonesia (46%), Turchia (49%) e India (39%) ritengono che gli Stati Uniti, l’UE o l’Ucraina siano il più grande ostacolo alla pace tra Russia e Ucraina. Mentre in Corea del Sud (67%) e Brasile (37%) ritengono viceversa che la Russia sia l’ostacolo maggiore, opinione maggiormente condivisa anche tra gli americani (58%) e gli europei (56%). 
  • Molti al di fuori dell’Europa e degli Stati Uniti pensano che la Russia vincerà la guerra. La maggioranza degli intervistati in Russia (86%), Cina (74%), Arabia Saudita (70%), India (63%), Indonesia (60%), Sudafrica (59%), Turchia (55%) ritiene probabile che la Russia vincerà il conflitto nei prossimi 5 anni. Stati Uniti (52%), Europa (46%) e Corea del Sud (43%) sono invece dell’opinione opposta (è improbabile che la Russia vinca), mentre negli Stati Uniti prevale una maggioranza (50%) che ritiene probabile la vittoria dell’Ucraina nell’arco di 5 anni. 
  • Molti cittadini extraeuropei si dichiarano a favore del possesso di armi nucleari da parte del proprio Paese. In Cina (86%), Arabia Saudita (62%), Corea del Sud (56%), Stati Uniti (55%), India (54%) e Turchia (48%) ampie maggioranze sostengono che il proprio Paese debba dotarsi di armi nucleari. Gli europei appaiono più in disaccordo, poiché solo il 16% sarebbe favorevole a questa proposta, mentre il 63% contrario. Anche in Brasile e Indonesia prevalgono opinioni contrarie alla disponibilità di armi nucleari. 
  • Al di fuori dell’Europa, il 41% degli intervistati ritiene che l’UE potrebbe “sgretolarsi” nei prossimi venti anni, e molti sembrano legare il destino europeo all’esito della guerra tra Russia e Ucraina. L’idea che l’UE potrebbe andare in frantumi entro i prossimi venti anni appare più radicata in Cina (67%), Arabia Saudita (62%) e Russia (54%), ma è condivisa anche da quasi la metà dei cittadini in Turchia, India e Sud Africa (rispettivamente 45%, 41% e 40%). Anche negli Stati Uniti (34%) e in Europa (33%, in media) è stata riscontrata una notevole diffusione di questa opinione. Le visioni sul futuro dell’UE sembrano anche in parte correlate al futuro esito della guerra tra Russia e Ucraina. Al di fuori dell’Europa, il 73% di chi ritiene probabile un collasso dell’UE si aspetta anche una vittoria russa, opinione condivisa dal 53% di coloro che però ritengono improbabile il collasso europeo. La stessa correlazione è stata osservata in Europa, dove il 45% di chi pensa che l’UE crollerà nei prossimi venti anni si aspetta anche una vittoria russa, mentre il 58% ritiene improbabile sia il collasso europeo sia la vittoria della Russia.  


Commentando il nuovo sondaggio, Mark Leonard, coautore e 
Direttore dell’European Council on Foreign Relations, ha dichiarato: 

“I risultati della nostra indagine suggeriscono che l’Europa, invece di restare aggrappata al mondo irenico di ieri, dovrebbe comprendere le nuove regole di un “gioco à la carte”, rispetto alle relazioni internazionali, e cercare nuovi partner per affrontare le questioni cruciali del nostro mondo devastato dalla guerra”. 

Ivan Krastev, coautore e Presidente del Centro per le strategie liberali, ha aggiunto: 

“Il mondo sta cambiando, e non a favore dell’Europa. Qualsiasi strategia deve iniziare analizzando il mondo così com’è e non come vorremmo che fosse. Osservando l’atteggiamento fiducioso delle potenze in crescita come Turchia, India, Brasile, Sud Africa e Arabia Saudita sulla scena mondiale, l’UE dovrebbe prenderne atto e cercare di ampliare la portata delle sue alleanze”. 

Timothy Garton Ash, coautore, professore di Studi europei all’Università di Oxford e Senior Fellow presso la Hoover Institution, ha dichiarato: 

“La lezione è molto chiara: il soft power dell’Europa deve essere integrato da maggiori investimenti a livello militare e di sicurezza dell’hard power. Un ulteriore allargamento dell’UE verso est, inclusa l’Ucraina, renderà l’Europa un attore globale più potente e credibile in un mondo di competizione geopolitica e geoeconomica sempre più accanita”. 

Questo nuovo studio e l’analisi correlata fanno parte di un progetto più ampio dell’European Council on Foreign Relations finalizzato a comprendere le opinioni dei cittadini sulle principali questioni globali. Le precedenti pubblicazioni, basate sui sondaggi svolti, includono esami degli atteggiamenti europei nei confronti dell’Ucraina e della Russia prima, sei mesi e un anno dopo l’attuale conflitto; la misura in cui la pandemia di COVID-19 ha riordinato le opinioni e le identità politiche in Europa; e l’analisi dell’opinione pubblica e delle aspettative nei confronti degli Stati Uniti e di altre potenze internazionali. 

È possibile trovare ulteriori informazioni e dettagli su altri risultati nell’ambito di questo programma al seguente indirizzo web: https://www.ecfr.eu/europeanpower/unlock

ECFR non assume posizioni collettive. Le pubblicazioni di ECFR rappresentano il punto di vista degli autori.