La resilienza relativa della Russia: Perché Putin si sente legittimato dalla pandemia
Il COVID-19 ha danneggiato l’economia russa e l’agenda politica del presidente Vladimir Putin. Tuttavia, la crisi ha dato al Cremlino una certa – seppur sinistra – sicurezza: le cose vanno sì male, ma per altri la situazione è ben peggiore
- Putin ritiene che il comportamento della maggior parte dei Paesi in seno alla pandemia abbia confermato la sua filosofia degli affari internazionali: il liberalismo e le regole universali sono in ritirata, mentre l’approccio stato-centrico sta guadagnando terreno.
- La pandemia ha fatto emergere molte delle debolezze della Russia, dal suo sistema sanitario ad una generale mancanza di fiducia nelle istituzioni statali.
- Eppure, nessuno di questi problemi implica l’imminente collasso delle infrastrutture fisiche o politiche del Paese.
- Il fatto che l’economia russa sia destinata a subire meno perdite di quelle della maggior parte dei Paesi occidentali fa sì che il Cremlino si senta legittimato nelle proprie politiche economiche.
- L’esperienza russa del COVID-19 ha favorito un approccio attendista in materia di politica estera: il Cremlino sembra aspettarsi che il tempo sia dalla propria parte.
Il COVID-19 ha danneggiato l’economia russa e l’agenda politica del presidente Vladimir Putin. La seconda ondata pandemica sta crescendo . Tuttavia, la crisi ha dato al Cremlino una certa – seppur sinistra – sicurezza: le cose vanno sì male, ma per altri la situazione è ben peggiore.
Nel nuovo policy brief brief, Russia’s relative resilience: Why Putin feels vindicated by the pandemic, Kadri Liik, Senior Policy Fellow ECFR, sostiene che agli occhi del presidente Vladimir Putin la risposta internazionale alla pandemia abbia probabilmente solo confermato la sua filosofia degli affari internazionali: il liberalismo e le regole universali sono in progressiva ritirata, mentre l’approccio stato-centrico – manifestatosi con chiarezza nella chiusura delle frontiere dell’Unione europea nella scorsa primavera – si rafforza.
Per Kadri Liik:
Mosca ha notato che le democrazie non erano meglio attrezzate delle autocrazie nell’ affrontare il virus – e che l’UE, con il proprio attaccamento alla libera circolazione, sembrava quasi filosoficamente inadatta a rispondere alla sfida.
Così come il resto del mondo, la Russia ha subito una serie di perdite economiche; ciononostante, grazie alla sua politica fiscale conservatrice e al Fondo nazionale di previdenza sociale, il Paese se la sta passando molto meglio di quanto il Cremlino temesse inizialmente – e, quanto è fondamentale, meglio dei suoi concorrenti in Occidente.
Kadri Liik aggiunge:
Una performance economica forte, seppur in termini comparativi, si è tradotta in una certa fiducia in sé stessi – il pensiero del Cremlino che, in termini relativi, la Russia sta vincendo. Questo è esemplificato dalle dichiarazioni del consigliere presidenziale Maxim Oreshkin, che lo scorso settembre ha affermato che la Russia sarebbe diventata la quinta economia del mondo (in termini di parità di potere d’acquisto) a spese della Germania entro la fine del 2020 – anziché nel 2024, come invece previsto nel 2018.
Sulla base dell’attuale contesto politico delineato in questo policy brief, Liik si aspetta una certa continuità nella politica estera russa: Mosca continuerà ad agire come un power-broker a livello regionale. Sul breve periodo, la cooperazione tra il Cremlino e i Paesi occidentali dovrà probabilmente sottostare alle condizioni del Cremlino, e sarà influenzata dall’ opinione russa sulla fattibilità a lungo termine del sistema occidentale.
La Russia prenderà sul serio l’Europa – e persino gli Stati Uniti – come partner globale solo se gli europei dimostreranno di aver saputo gestire la propria situazione interna, e se si assicureranno che il proprio sistema politico sia solido e sostenibile.
ECFR non assume posizioni collettive. Le pubblicazioni di ECFR rappresentano il punto di vista degli autori.