Veti su veti: l’integrazione europea in un mondo incerto

La saga Orban sottolinea la necessità di prendere decisioni in modo più effettivo all’interno dell’UE – specialmente ora che l’allargamento è tornato pienamente in agenda

Belgium, Brussels, 2023-12-14. President of the European Council Charles Michel, President of Ukraine Volodymyr Zelenskyy via VTC in the meeting of the European Council, EU leaders meet on 14 December 2023 in Brussels. Over the course of a two-day summit, EU leaders discuss the unfolding situation in the Middle East, continued support for Ukraine in the face of Russias war of aggression. Belgique, Bruxelles, 2023-12-14. Le president du Conseil europeen Charles Michel, President de Ukraine Volodymyr Zelensky via VTC lors de la reunion du Conseil europeen, les dirigeants de UE se reunissent le 14 decembre 2023 a Bruxelles. Au cours d un sommet de deux jours, les dirigeants de UE discutent de la situation au Moyen-Orient, du soutien continu a Ukraine face a la guerre agression de la Russie. || Mininum fee EUR 10
Il Presidente del Consiglio europeo Charles Michel, il Presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelenskyy via VTC durante la riunione del Consiglio Europeo, i leader dell’UE si incontrano il 14 dicembre 2023
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La saga Orban sottolinea la necessità di prendere decisioni in modo più effettivo all’interno dell’UE – specialmente ora che l’allargamento è tornato pienamente in agenda.

Il 1 febbraio, i leader europei hanno approvato all’unanimità  un pacchetto di aiuti e ripresa di 50 miliardi di euro per l’Ucraina, convincendo il primo ministro Viktor Orban ad annullare il suo precedente veto ai fondi. Questo fa seguito alla storica decisione di dicembre del Consiglio Europeo di aprire i negoziati per l’accesso di Ucraina e Moldavia, nonostante la temporanea astensione per “pausa caffè” di Orban. La decisione del Consiglio Europeo assume ancor più rilevanza nel momento in cui l’amministrazione Biden sta lottando per assicurare maggiori fondi americani a Kyiv, senza parlare del potenziale ritorno del Presidente Trump il prossimo anno.

Come parte del loro risveglio geopolitico dal febbraio 2022, i leader europei (26 di loro, perlomeno) sembrano aver compreso l’importanza strategica dell’allargamento ad est dell’Unione. Il fatto che il vertice d’eccezione del Consiglio Europeo di questo mese fosse necessario, insieme alle incertezze generate da Trump, mette tuttavia in evidenza una sfida più grande per un’Europa allargata: la necessità di una maggiore integrazione interna. Come ha affermato lo scorso novembre l’ex Presidente del Consiglio Mario Draghi, “o l’Europa agisce tutta insieme e diventa un’Unione più profonda, un’unione capace di esprimere una politica estera e di difesa così come tutte le politiche economiche, o non sopravviverà se non come mercato unico.” Ciò significa che l’Europa necessita di meccanismi operativi più effettivi dal punto di vista politico se deve sopravvivere in un mondo di pesi massimi – un mondo che richiede un meccanismo decisionale rapido.

Un ostacolo chiave per un’Unione più forte sembra essere l’opinione pubblica europea. Le narrative politiche di vari paesi sono ancora altamente autoreferenziali e legate principalmente a interessi nazionali. Non sembra esserci un grande spirito europeo “dal basso” che possa aiutare a mantenere una forte posizione difensiva nel contesto ucraino, con l’impiego di risorse militari, economiche e politiche, e allo stesso tempo imprimere una nuova direzione all’integrazione. Le élite politiche europee – e dunque la spinta “dall’alto” – sembrano attualmente prive di ambizione per guidare l’opinione pubblica verso una nuova fase.

Ma questo potrebbe cambiare. Come ha rivelato il sondaggio di ECFR, le giovani generazioni appaiono più motivate delle anziane in merito a interessi comuni come il cambiamento climatico. Ed è possibile che, dopo una fase di polarizzazione dovuta alle campagne per le elezioni del Parlamento Europeo questa primavera, il cammino dell’integrazione trovi terreno fertile per ricominciare su nuove basi. Sembra che i leader dei cinque paesi europei più grandi rimarranno in carica per i prossimi due o tre anni, il che offre tempo e sicurezza necessari per far fronte a tale imperativo. I sistemi di governance francese e tedesco assicurano Emmanuel Macron ed Olaf Scholz; Giorgia Meloni sembra non avere rivali interni e fino ad ora sta cavalcando l’instabilità cronica dell’Italia. La Spagna di Pedro Sánchez, nel frattempo, è stata appena riconfermata, e Donald Tusk sembra che stia riportando la Polonia ad un europeismo più classico.

Tuttavia, il compromesso che segue le elezioni del Parlamento Europeo tende a non produrre una leadership forte a livello UE, e l’asse tra Francia e Germania non sembra funzionare come un tempo.

Tuttavia, il compromesso che segue le elezioni del Parlamento Europeo tende a non produrre una leadership forte a livello UE, e l’asse tra Francia e Germania non sembra funzionare come un tempo. In questo vuoto, possono emergere nuove figure e nuovi modelli – e Meloni e Tusk potrebbero giocare un ruolo importante. In alcuni dossier, Meloni ha adottato posizioni anti-europee, come la decisione di non ratificare il Patto di Stabilità e Crescita (MES). Ma il suo gioco è differente da quello degli euroscettici del filone di Orban. Meloni sembra piuttosto riposizionare il suo partito, Fratelli d’Italia, come una forza che lavora per un’Europa diversa, con più spazio per i nazionalisti; una forza però costruttiva, non distruttiva.

In questa situazione, una soluzione potrebbe essere quella di cercare di raggiungere accordi al livello di integrazione europea tra i principali attori europei, e poi tra i più piccoli. Italia, Francia e Germania costituiscono il 65% del mercato interno ed hanno ancora un forte potere di attrazione. Senza dubbio, è stata questa triade, insieme alla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, a guidare i negoziati con Orban durante l’incontro di questo mese, prima di estendere la discussione agli altri leader. Meccanismi variabili di integrazione trilaterale o quadrilaterale (con Spagna o Polonia, per esempio) potrebbero essere il punto di partenza per un’Europa dai centri concentrici. Questo costituirebbe sicuramente qualcosa di più vicino all’idea di Europa secondo Meloni – e secondo altri nazionalisti o populisti, che potrebbero uscire rafforzati dalle incombenti elezioni europee.

Per la fine dell’anno, il Consiglio Europeo avrà nominato un nuovo Presidente. Draghi stesso potrebbe essere un buon candidato per guidare avanti questa nuova strada, e per assicurare la leadership forte richiesta da questo tipo di cambio. Draghi non è un politico, ma un tecnocrate super-europeo che, nonostante ciò, ha supervisionato periodi politici molto difficili sia all’interno dell’UE che in Italia. Questo significa che egli comprende le pressioni domestiche che devono affrontare i leader europei, avendo anche l’impulso e l’esperienza per trovare nuove vie per raggiungere una maggiore integrazione europea. Supportare la nomina di Draghi sarebbe una buona opportunità per Meloni di dimostrare che sa come si lavora in squadra anche da una prospettiva nazionale; probabilmente sarebbe un eccellente candidato anche per altri governi. Un’Europa concentrica con Draghi alla guida potrebbe quindi riconciliare la vecchia idea di integrazione europea, le nuove pressioni conservative, e l’urgente bisogno europeo di presentare un fronte unito verso i pericoli esterni.

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