Valori ed interessi: il gioco d’equilibrio dell’Europa in Egitto

L’Italia e l’EU non devono dare per scontatoche un’azione congiunta per il rilascio di George Zaki sia destinata al fallimento.

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Il caso dello studente egiziano George Zaki ha destato preoccupazione nella sua patria temporanea, l’Italia, e altrove in Europa. Zaki e’ stato arrestato e presumibilmente torturato al Cairo il 7 febbraio, di ritorno da Bologna dove stava studiando. E’ al momento detenuto su varie accuse, dalla pubblicazione di “fake news” e menzogne all’incitazione ad atti di terrorismo. I suoi avvocati e gli attivisti indipendenti sostengono che queste accuse non hanno base e dicono che in realta’ Zaki e’ stato arrestato per il suo lavoro a sostegno dei diritti umani.  Temono che adesso egli possa restare in detenzione in maniera indefinita – un destino inflitto a molti altri attivisti in Egitto.  

Per l’Italia, il caso di Zaki ha fatto riemergere ricordi del caso di Giulio Regeni, un ricercatore italiano rapito e ucciso nel 2016, presumibilmente da membri dei servizi segreti egiziani. Le autorita’ egiziane si sono continuamente rifiutate di cooperare col governo italiano sul caso. In seguito all’arresto di Zaki, i genitori di Regeni hanno pubblicato un comunicato, esortando le “istituzioni italiane ed europee a porre immediatamente in essere tutte quelle azioni concrete che non sono mai state esercitate per salvare la vita di Giulio”.

E’ possibile che il governo egiziano possa essere ammonito sul caso di Zaki, e altri simili, per quanto difficile cio’ possa sembrare. 

La situazione sui diritti umani in Egitto e’ critica: le autorita’ al momento detengono migliaia di attivisti con impunita’. In seguito ad un discutibile referendum costituzionale nel 2019 che potenzialmente esteso l’abilita’ di Sisi di rimanere al potere fino al 2030,  il regime ha consolidato il suo potere. Il potere giudiziario manca di indipendenza e il governo egiziano al momento si sente incoraggiato a reprimere dissidenti e proteste.  

La situazione sui diritti umani in Egitto e’ critica: le autorita’ al momento detengono migliaia di attivisti

Detto questo, il suo carapace non e’ impermeabile. Casi passati mostrano che le autorita’ egiziane si sono dimostrate vulnerabili allo scrutinio pubblico globale riguardo ai loro abusi dei diritti umani. Per esempio, nel 2015 Sisi decise di liberare due giornalisti di Al Jazeera prima dell’incontro dell’Assemblea Generale dell’ONU a New York, quando una spinta propulsiva si e’ formata attorno al caso. Ufficiali di Stati Uniti, Canada, Regno Unito e Australia espressero tutti insieme grande preoccupazione sul trattamento riservato ai giornalisti. Anche le Nazioni Unite condannarono le sentenze e si appellarono per ottenere la liberta’ dei prigionieri. Analogamente, il rilascio in quello stesso anno dell’importante attivistaHossam Bahgat fu possibile in gran parte grazie allo slancio creato dalle critiche europee e dell’ONU.

Fin’ora ci sono pochi segni di uno sforzo europeo per la liberazione di Zaki. I comunicati ufficiali sono stati cauti. Il Portavoce principale per gli affari esteri UE Peter Stano ha semplicemente dichiarato che si stanno “valutando” le opzioni, mentre il presidente del Parlamento Europeo David Sassoli ha ricordato le autorita’ egiziane che “l'UE condiziona i suoi rapporti con i Paesi terzi al rispetto dei diritti umani”. Pochi stati membri oltre l’Italia hanno seguito la pista dell’UE e del Parlamento Europeo. Neppure con un mero commento.   

Non c’e’ dubbio che l’Europa considera il Cairo un interlocutore influente su sicurezza e migrazione. Su Libia e Israele-Palestina, l’Egitto e’ un partner essenziale; e l’abilita’ di Sisi di impedire alle barche dei migranti di raggiungere le coste europee ha destato elogi sontuosi dalle cancellerie europee, come nel caso della visita del leader austriaco Sebastian Kurz nel 2018. Durante una visita ancora piu’ recente, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel si e' focalizzato sulla Libia anziche’ sulle pratiche egiziane sui diritti umani.

Anche l’aspetto economico della relazione suggerisce un approccio realista verso l’Egitto, incluso da parte dell’Italia nonostante i suoi due casi di diritti umani di maggior profilo. Nel 2015, l’allora premier italiano Matteo Renzi fu l’unico leader occidentale che partecipo’ alla conferenza per lo sviluppo economico dell'Egitto a Sharm El-Sheikh, la prima importante presentazione delle ambizioni di Sisi. Lo stesso anno, Eni scopri il giacimento Zohr nelle vicinanze della costa egiziana, un elemento di prima linea nella campagna di espansione degli investimenti italiani nel paese. Italia ed Egitto inoltre hanno di recente firmato molteplici accordi con l’obiettivo di aumentare la cooperazione su difesa e industria civile. Altre potenze europee hanno interessi simili: la Francia, con una vendita pari a circa $4.3 miliardi, e’ di recente diventata il maggior esportatore di armi in Egitto, sottraendo il primato che gli Stati Uniti detenevano dagli anni ’70.  

Nonostante cio’, l’Europa e i suoi stati membri possono fare di piu’ per metter in moto una campagna efficace di pressione sull’Egitto. I comunicati del Parlamento Europeo sono generalmente coerenti nella loro enfasi su questioni di diritti umani, anche se cio’ e’ meno vero nel caso specifico di Zaki. Il presidente francese Emmanuel Macron cambiò tono quando visito’ l’Egitto nel gennaio 2019 – tuttavia a cio’ non seguirono cambiamenti sul fronte delle vendite di armi. Tale caso assomiglia a quello di altri stati europei, i quali possono anche appellarsi per un miglioramento generale delle condizioni, ma allo stesso tempo si trovano impreparati a cambiare il loro approccio.

Mentre e’ chiaro che l’Europa non ha la volonta’ di apportare un cambiamento sistemico al regime di Sisi, la pressione europea puo’ ancora svolgere un ruolo di forza nel creare uno spazio capace di prevenire abusi diffusi e repressione della societa’ civile. Esercitare una pressione sostenuta e’ stato efficace in passato, aiutando attivisti indipendenti ad-hoc: gli europei dovrebbero fare lo stesso adesso nel caso di Zaki. I suoi legami con l’Italia mettono tale stato membro europeo in posizione di comando nell’appellarsi per il suo rilascio, ma anche per ottenere la tanto attesa giustizia riguardo al caso Regeni. Oltre ad aumentare la pressione pubblica, l’Italia e il suoi partner dovrebbero anche considerare l’arresto della vendita di due navi militari all’esercito egiziano in assenza di progresso su entrambi i fronti.

L’Egitto potrebbe cedere. Le capitali europee percepiscono il Cairo come un alleato indispensabile, un partner per i loro profitti economici, e una guardia dei flussi migratori. Il governo egiziano lo sa, ma l’esperienza dimostra che l’Egitto ha altrettanto bisogno dei suoi partner europei. Esso ha a cuore la sua reputazione ed e’ sensibile alle critiche. I governi europei hanno la possibilita’ di mettere insieme campagne coordinate e congiunte per il bene dei loro cittadini. Con un maggior margine di manovra di quello che sembra a prima vista, dovrebbero approfittarne.

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