Policy alert: Meloni alla ricerca di un equilibrio su Cina e BRI

L’adesione dell’Italia alla BRI rischia di danneggiare le sue relazioni con i partner del G7. È tempo che l’Italia si distanzi con cautela dall’iniziativa.

L’incontro di fine luglio tra Giorgia Meloni e Joe Biden a Washington è stato accolto come successo in Italia e  Stati Uniti.

Tuttavia, tra le righe della dichiarazione finale, accanto ai consueti temi di politica estera bilaterale tra Italia e Stati Uniti – tra cui la situazione in Tunisia e l’imminente presidenza italiana del G7 – è emerso l’impegno congiunto “a rafforzare le consultazioni bilaterali e multilaterali su opportunità e sfide poste dalla Repubblica Popolare Cinese”. In quanto unico Paese del G7 e principale Paese occidentale a partecipare alla Belt and Road Initiative (BRI) cinese, la cooperazione economica dell’Italia con la Cina è stata probabilmente al centro dei colloqui tra Biden e Meloni. In seguito alla visita, il Ministro della Difesa Guido Crosetto ha dichiarato che l’adesione alla BRI è stata una “mossa atroce” e che “il problema oggi è: come fare marcia indietro (dalla BRI) senza danneggiare le relazioni [con Pechino]. Perché è vero che la Cina è un concorrente, ma è anche un partner”.

Un delicato disimpegno

Meloni sa che l’adesione dell’Italia alla BRI potrebbe danneggiare le relazioni con i partner del G7. Già in campagna elettorale aveva criticato la decisione del governo Lega-Movimento 5 Stelle di aderirvi. Ora la Meloni ha deciso di svincolarsi dall’iniziativa.

L’accordo sulla BRI scadrà nel marzo 2024, ma sarà automaticamente prorogato a meno che la Cina o l’Italia non si ritirino. Meloni dovrebbe segnalare il ritiro dell’Italia entro la fine dell’anno, sia per ragioni procedurali – serve un preavviso di tre mesi per rescindere l’accordo – sia per ragioni politiche. L’Italia deve dimostrare di aver preso provvedimenti prima delle elezioni del Parlamento europeo e della presidenza del G7 nel 2024, dato che la Cina sarà un dossier importante nell’agenda di entrambi.

A Washington, Meloni ha annunciato che si recherà in Cina durante una delle sue prossime missioni diplomatiche all’estero, mostrando pubblicamente il desiderio di Roma di continuare a intrattenere relazioni economiche con Pechino, proprio come altri Stati membri dell’Unione Europea. Prima e durante la visita, Meloni dovrebbe cercare di rassicurare Pechino sul fatto che le relazioni economiche bilaterali continueranno, con particolare attenzione a macchinari, abbigliamento, prodotti farmaceutici e chimici, settori che sono al centro delle esportazioni italiane in Cina. Inoltre, dovrebbe sottolineare che mentre le esportazioni cinesi verso l’Italia sono aumentate considerevolmente tra il 2020 e il 2022, le esportazioni italiane verso la Cina non sono aumentate, usando questo come premessa per ritirarsi dalla BRI.

Privilegiare i partner

L’adesione dell’Italia alla BRI è stata un problema per tutti i governi italiani in carica da quando l’accordo è stato firmato nel 2019. Mentre l’ex Presidente del Consiglio Mario Draghi ha avuto la possibilità di ignorare la questione a livello internazionale, a Meloni non è toccato questo lusso.

La sua priorità è quella di presentarsi come un partner credibile alle controparti europee e del G7. Ha già iniziato questo percorso mettendo al primo posto le relazioni dell’Italia con i partner occidentali su altre questioni, tra cui la decisione di continuare a sostenere pienamente l’Ucraina, nonostante i trascorsi di Roma con Mosca, e gli sforzi per lavorare a fianco dei partner europei sulla migrazione.

ECFR non assume posizioni collettive. Le pubblicazioni di ECFR rappresentano il punto di vista degli autori.