Migration first: Perché Italia e Gran Bretagna collaborano sul contrasto all’immigrazione 

Gli sforzi italiani per instaurare relazioni bilaterali con altri Stati europei non hanno ancora dato risultati concreti. Ma questa volta potrebbe andare diversamente.

Italian Prime Minister visits UK. Prime Minister Rishi Sunak with Italian Prime Minister Giorgia Meloni in 10 Downing Street, London, ahead of a bilateral meeting. Picture date: Thursday April 27, 2023. See PA story POLITICS Italy. Photo credit should read: Alberto Pezzali/PA Wire URN:71919058
Londra, giovedì 27 aprile 2023. Il Primo Ministro britannico Rishi Sunak con la Presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni al numero 10 di Downing Street prima di un colloquio bilaterale.
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Nell’aprile del 2023, la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il Primo Ministro britannico Rishi Sunak hanno firmato un Memorandum d’Intesa sulla Cooperazione Bilaterale al cui centro vi è l’impegno a ridurre l’immigrazione. L’iniziativa riflette l’attivismo italiano per attirare l’attenzione internazionale sulla questione. 

Oltre ad altri punti come il sostegno all’Ucraina, l’accordo ha sancito la creazione di un partenariato strategico sulla migrazione tra i due Paesi e di un Comitato Strategico Congiunto per la Sicurezza tra il Ministero dell’Interno italiano e l’omologo britannico. L’obiettivo è combattere la migrazione irregolare, che i firmatari designano come una sfida condivisa e una minaccia alla sicurezza. Meloni ha affermato esplicitamente di guardare con attenzione a quanto il Regno Unito sta già facendo in questo delicato settore.

Recentemente, Roma ha firmato un accordo bilaterale con la Francia, e l’ex Presidente del Consiglio Mario Draghi ha gettato le basi per un accordo simile con la Germania. Ma tali sforzi sono in gran parte falliti. L’Italia avrà più fortuna questa volta?

Per quanto il nuovo dialogo sulla migrazione abbia probabilmente diversi scopi, sembra particolarmente adatto a rafforzare la posizione interna del governo italiano. Per entrambi i Paesi, la lotta alla migrazione illegale è prioritaria, con il Regno Unito che punta ancora a trasferire i richiedenti asilo in Rwanda, e Sunak che sta facendo della lotta alle traversate della Manica “su piccole imbarcazioni” una priorità del suo mandato. Il governo italiano ha esibito nel dibattito interno il risultato ottenuto con il Memorandum d’Intesa, utilizzandolo per delineare le misure concrete che intende prendere. L’accordo ha assicurato a Meloni la copertura mediatica auspicata per raggiungere gli elettori tradizionali così come il più ampio pubblico dei cittadini italiani. Inoltre, il Memorandum ha dimostrato la capacità del nuovo governo di stabilire partenariati con Paesi rilevanti come il Regno Unito – indipendentemente e di là dall’UE.

Ma l’iniziativa ha mostrato anche che l’Italia cerca attivamente alleati al di fuori dell’UE su un argomento estremamente sensibile in Italia e centrale per Fratelli d’Italia. La politica di immigrazione dell’UE costituisce uno dei principali bersagli delle critiche del governo italiano a Bruxelles. A differenza del suo predecessore, Meloni è stata esplicita (sia quando era all’opposizione sia adesso che è al governo) nel sostenere che il quadro attuale mette l’Italia in una posizione di svantaggio rispetto agli altri Stati europei, che l’hanno lasciata sola nel far fronte a un elevato numero di arrivi senza un adeguato meccanismo di gestione condivisa. Anche la Lega e il suo leader Matteo Salvini fanno campagna su questo fronte. L’accordo con il Regno Unito si inserisce così negli sforzi di Roma per dimostrare la proattività italiana su questo dossier – e per cercare soluzioni extra UE. 

L’accordo con Londra non è l’unica mossa giocata da Roma sullo scenario internazionale. Durante il vertice del G7 di maggio a Hiroshima, infatti, Meloni è riuscita a inserire la migrazione nell’ordine del giorno: il comunicato finale includeva un riferimento diretto alla cooperazione in materia di migrazione internazionale e alla lotta contro il traffico e la tratta di persone. A giugno, la visita in Tunisia del “Team Europe” – composto da Meloni, il Primo ministro olandese Mark Rutte e la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen – ha rappresentato un’ulteriore piattaforma da cui Meloni ha potuto attirare l’attenzione sulla questione e sollecitare l’aiuto di istituzioni e partner UE. La presidenza svedese del Consiglio UE ha fatto eco al discorso del governo italiano: “I Paesi alla frontiera esterna hanno bisogno della nostra solidarietà”, ha dichiarato il Ministro dell’immigrazione svedese. Infatti, il nuovo accordo del Consiglio dei ministri dell’UE sui regolamenti chiave su  asilo e migrazione migliora l’approccio UE alla gestione della migrazione. L’accordo prevede la modifica del regolamento di Dublino, l’introduzione di forme di solidarietà obbligatoria tra gli Stati membri e a favore dei Paesi di arrivo e il rafforzamento della cooperazione con i Paesi terzi grazie all’enfasi sulla dimensione esterna della governance del fenomeno migratorio. Meloni ha espresso la sua soddisfazione per il nuovo pacchetto e ha rivendicato il ruolo chiave giocato nel sollevare il tema: “Sono soddisfatta di essere riuscita a sollevare la questione”, ha commentato. 

Ma non è finita qui. Nel marzo 2023 il governo italiano ha approvato il decreto immigrazione, che inasprisce le pene per i trafficanti di persone e per la tratta di esseri umani. Il decreto accelera altresì le procedure di espulsione per i migranti irregolari, mentre il governo sta cercando di abolire la protezione speciale, lo status concesso ai richiedenti asilo che non soddisfano i criteri per essere riconosciuto come rifugiato o per ottenere la protezione sussidiaria.Nei prossimi mesi vedremo probabilmente Meloni fare pressione affinché il Nuovo Patto UE sulla migrazione dell’UE rifletta le sue vedute: a livello nazionale, fermare i migranti che raggiungono le coste italiane; a livello europeo, garantire che vi sia un sistema di quote efficace e durevole per gestire i flussi migratori; a livello internazionale, perseguire cooperazioni concrete con i Paesi terzi.

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