L’enigma libico per l’Italia: i rischi di un pensiero a breve termine
L'Italia e l'UE, dando priorità ai benefici a breve termine in materia di migrazione irregolare e sicurezza energetica, hanno contribuito a creare una situazione insostenibile politica e di sicurezza in Libia.
All'inizio di novembre, l'Italia ha deciso di non ritirarsi dal memorandum d'intesa (MoU) che ha firmato nel febbraio 2017 con il Governo di Accordo Nazionale (GAN) della Libia e sostenuto dalle Nazioni Unite. Il MoU ha stabilito un quadro di cooperazione tra la Libia e l'Italia “nel settore dello sviluppo, nella lotta all'immigrazione clandestina, tratta di esseri umani, contrabbando e nel rafforzamento della sicurezza delle frontiere”. L'accordo, pur coprendo diversi temi, è stato ampiamente interpretato come negoziato con un unico obiettivo: ridurre il numero di migranti irregolari che viaggiano dalla Libia verso l'Europa. Tuttavia, il MoU comprende inoltre impegni politici che sono stati spesso trascurati.
In materia di migrazione, l'accordo impegna l'Italia a fornire formazione e attrezzature alla Guardia Costiera libica, nonché a cofinanziare progetti (con l'Unione Europea) per migliorare le condizioni dei centri di detenzione per immigrati, che attualmente ospitano circa 4.400 persone. Il dibattito sul MoU si è incentrato più di ogni altra cosa sulle implicazioni pratiche dell'accordo.
Tuttavia, nonostante le numerose ostentazioni, il MoU è in gran parte un simbolo politico, e come tale dovrebbe essere trattato. A parte permettere all'Italia di consegnare diverse navi alla Guardia Costiera Libica, il MoU ha avuto poche conseguenze pratiche. In effetti, le autorità italiane hanno iniziato a rafforzare la guardia costiera molto prima della firma del MoU: le forze navali hanno intercettato circa lo stesso numero di migranti, 15.000, riportandoli in Libia nel 2016 e 2017, l'anno in cui è stato firmato il MoU. Nonostante ci sia stato un improvviso calo delle partenze dei migranti dalla Libia a metà luglio 2017, ciò è dovuto principalmente alla decisione di molte milizie libiche di trattenere i migranti in centri di detenzione formali e informali per periodi più lunghi.
Nel complesso, indipendentemente dal MoU, la strategia messa in atto dall'Italia e dall'UE dal 2016 è stata efficace nel convincere le milizie libiche a fermare o rinviare le partenze dei migranti. Queste partenze sono diminuite dell'80% nel primo anno e sono ora diminuite del 95% rispetto al 2016. Il declino delle partenze è durato per tutto il 2019, mentre in Libia scoppiava nuovamente la guerra civile, con le forze del generale Khalifa Haftar che mirano direttamente alla capitale libica.
Tuttavia, il fatto che la cooperazione europea con le milizie abbia raggiunto il suo obiettivo principale non deve far dimenticare due fatti importanti. In primo luogo, gli accordi che Italia e UE hanno stretto con le milizie possono aver ridotto il flusso di migranti irregolari e protetto le infrastrutture energetiche, tra cui il gasdotto GreenStream, che collega l'Italia agli impianti libici per il petrolio e il gas naturale, ma non hanno regolato i gruppi a livello politico. In quanto tali, le milizie non operano nell'ambito di alcun tipo di piano di riconciliazione nazionale o di un processo di disarmo, smobilitazione e reinserimento, ma hanno preso il sopravvento sui partner europei. Esse non sembrano disposte a prendere parte a colloqui volti a farli ritornate sotto il controllo dello Stato.
In secondo luogo, nel trattare con le milizie in quanto potenziali attori politici, Italia e UE non sono riuscite a renderle più sensibili alle richieste di tutela dei diritti umani e della dignità delle persone detenute. Nonostante i contatti intensivi e le frequenti attività di formazione e di capacity-building con le milizie, l'Italia e l'UE non sono riuscite a convincere questi gruppi a cambiare il modo in cui effettuano le intercettazioni in mare o gestiscono i centri di detenzione. In particolare, le milizie non hanno voluto o potuto emarginare alcuni dei membri più violenti.
Dando la priorità ai benefici a breve termine in materia di migrazione irregolare e sicurezza energetica, Italia e UE hanno contribuito a creare una situazione insostenibile in termini di politica e sicurezza. Ciò potrebbe mettere a repentaglio i progressi compiuti: l'instabilità della situazione in Libia richiede un costante monitoraggio (e, talvolta, anche azione) europeo. È difficile per l'Italia e l'UE creare una soluzione sostenibile ad un unico problema politico quando la dissociano dai più ampi sforzi per ripristinare condizioni politiche e di sicurezza stabili in Libia.
Mentre i tentativi di cooptare le milizie non sono intrinsecamente sbagliati, Italia e UE avrebbero dovuto affrontare il compito in modo molto diverso. Avrebbero dovuto lavorare per sostenere le autorità centrali della Libia, fornendo gli strumenti necessari per negoziare con le milizie, tenendole nel frattempo sotto controllo. Invece, gli accordi europei con i miliziani hanno accelerato il processo, ma hanno anche contribuito a rafforzare attori locali già potenti rispetto al governo centrale. In questo modo, l'Italia e l'UE hanno inavvertitamente delegittimato il GAN.
Nel frattempo, invece di proteggere dagli abusi le persone vulnerabili, il sostegno europeo ha autorizzato gli attori non statali a sottoporli a ulteriori violazioni dei diritti umani. Il nuovo conflitto in Libia ha reso ancora più difficile per le istituzioni internazionali, in particolare l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni e l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, tornare a lavorare in sicurezza nelle regioni della Tripolitania o Fezzan.
I fatti suggeriscono che Roma sta abbandonando i tentativi di svolgere un ruolo costruttivo e visibile in Libia. Sembra aver scelto di parlare più da vicino con Haftar. Il governo italiano ha avuto una risposta smorzata al recente lancio da parte di Haftar di diversi attacchi aerei sull'aeroporto di Misrata (dove si trova un ospedale militare italiano), facendo intendere come il suo rapporto con il generale stia diventando più ambiguo. Allo stesso modo, quando le forze di Haftar avrebbero bombardato un centro di detenzione a Tajoura, a Tripoli, all'inizio di luglio, uccidendo almeno 60 migranti, Roma ha lievemente condannato l'attacco e non ha intrapreso alcuna azione contro i suoi autori.
Questo apparente riavvicinamento tra l'Italia e Haftar avviene molto tempo dopo che altri attori internazionali, come Egitto, Russia, Emirati Arabi Uniti e soprattutto Francia, hanno sviluppato un rapporto privilegiato con il generale. In questo modo, l'Italia rischia di perdere credibilità sia tra coloro che sostengono il generale che tra gli altri alleati internazionali della GAA del Presidente Fayez al-Sarraj. Infatti, la maggior parte degli osservatori sembra aver interpretato la volontà di Roma di parlare con i sostenitori di Haftar come una tacita ammissione che la precedente strategia, quella di sostenere Sarraj e la missione ONU in Libia, stava fallendo.
Per porre rimedio alla situazione, l'Italia dovrebbe approfittare delle discussioni sul MoU per stabilire orientamenti politici molto più chiari per la sua strategia libica. Roma dovrebbe utilizzare la rinegoziazione del MoU per promuovere il dialogo e la riconciliazione nazionale, dimostrando di sostenere ancora in GAN. Se l'Italia vuole davvero migliorare le sue relazioni con Haftar, dovrebbe utilizzare i colloqui del MoU per farlo in un contesto diplomatico più ampio.
L'Italia dovrebbe usare il sostegno al governo di Sarraj per spingere verso un impegno molto più credibile per la tutela dei diritti umani in Libia. Roma è stata in prima linea nello sforzo europeo per aiutare i migranti bloccati in Libia, lavorando in modo coerente con le organizzazioni internazionali per stabilire corridoi umanitari verso l'Europa, evacuazioni di emergenza in Niger e Ruanda, e rimpatri volontari assistiti verso i paesi di origine. L'Italia dovrebbe proseguire tali sforzi in un quadro comunitario più ampio, coinvolgendo sistematicamente altri partner europei e le autorità libiche.
Infine, l'Italia e l'UE dovrebbero continuare a cercare soluzioni politiche a lungo termine in Libia. Per diversi anni, gli esperti politici hanno sostenuto la necessità di un dialogo nazionale pragmatico nel paese. Tale dialogo dovrebbe includere attori chiave come le milizie, nonostante il loro coinvolgimento in violazioni dei diritti umani. E' imperativo che Italia e UE comunichino agli elettori europei la necessità di questo tipo di approccio realistico. Tuttavia, dovrebbero anche garantire che i tentativi di coinvolgere le milizie nella riconciliazione nazionale siano accompagnati da condizioni che contribuiscano all'obiettivo di disarmare questi gruppi e trasformarli in attori esclusivamente politici.
È nell'interesse nazionale italiano portare pace e stabilità in Libia, tuttavia dovrebbe farlo con una serie di obiettivi chiari in mente. Inoltre, dovrebbe concentrarsi sulla stabilità a lungo termine, non sui suoi benefici nel breve periodo. Non deve necessariamente rifuggire da decisioni controverse, ma riconoscere che le critiche degli esperti al suo approccio sono risultate spesso accurate. E l'Italia dovrebbe fare del suo meglio per assicurare che, durante questo processo complesso e dettagliato, i civili in Libia non paghino per i suoi errori.
Questo articolo è una cooperazione di ECFR e ISPI.
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