Le 1001 risorse dello Stato Islamico
Secondo Myriam Benraad, Policy Fellow del Programma MENA di ECFR, “Con milioni di dollari a propria disposizione, lo Stato Islamico è il gruppo terroristico più ricco al mondo” (…) “Tale consolidamento economico renderà improbabile una sconfitta jihadista”.
La guerra lampo lanciata dallo Stati Islamico (ex ISIS) ha sorpreso e atterrito gli osservatori occidentali. In circa un mese, il gruppo ha conquistato ampie fette di territorio, dalla provincia di al-Anbar a Nineveh, Diyala, Kirkuk e Salahddin nel nord dell’Iraq. Tale fenomeno e tali conquiste sono parte di una strategia di lunga data. L’offensiva dello Stato Islamico, intrapresa da un centinaio di jihadisti nella città di Mosul agli inizi di giugno, rappresenta l’ultimo stadio di una strategia più ampia: creare un emirato sunnita oltre i confini contemporanei del Medio Oriente per ripristinare l’antica istituzione del califfato. Per i jihadisti, la creazione del califfato implica la soppressione dell’Islam sciita e dei suoi seguaci nella regione.
Sin dal momento dell’annuncio del progetto nell’ottobre del 2006, i jihadisti avevano compreso che la loro credibilità sarebbe dipesa dalla realizzazione di uno stato, attraverso reclutamento di uomini, conquista di territori e acquisizione di nuove risorse. Hanno così sviluppato un’economia di guerra, fondamentale per la realizzazione della strategia. Sin dall’occupazione statunitense dell’Iraq (2003 – 2011), lo Stato Islamico ha ottenuto il controllo del contrabbando e di numerose riserve petrolifere nel paese e, più recentemente, in Siria, in seguito a conflitti con altri attori locali, comprese le tribù e i ribelli, in competizione per le stesse risorse.
Nel 2007 alcune tribù sunnite, mosse da interessi economici, hanno deciso di allearsi con gli americani contro i jihadisti per riacquisire controllo sui traffici di risorse energetiche, che Saddam Hussein aveva parzialmente concesso loro in cambio del controllo dei confini, soprattutto della rotta Amman – Baghdad. Sotto il regime di terrore dei jihadisti, persino i cittadini ordinari si sono uniti alla mobilitazione. Tuttavia, i benefici in termini di sicurezza sono rimasti limitati al breve periodo, permettendo ai jihadisti di perseguire comunque il proprio progetto e arrivare in Siria subito dopo le rivolte del 2011.
Da questa prospettiva, il controllo della parte settentrionale dell’Iraq nell’area della città di Mosul, la seconda regione più ricca di idrocarburi, è diventata una necessità quasi vitale per lo Stato Islamico, che ha fatto ritorno alla base irachena in seguito allo scontro fratricida contro fazioni più moderate nel Nord-Est della Siria. Oltre ai giacimenti di petrolio, lo Stato Islamico necessita di infrastrutture, servizi e stazioni di pompaggio, necessità resa evidente dall’attacco alla raffineria di Baiji nella provincia di Salahaddin, la più grande raffineria in Iraq che fornisce il 60% del carburante iracheno, sfuggita al controllo governativo e teatro di violenti scontri. Secondo fonti irachene, lo Stato Islamico è presente nella zona dal 2008, coinvolto in traffici lucrativi su operazioni petrolifere. Si pensa che i giacimenti di gas e di petrolio della provincia di Salahaddin riforniscano lo Stato Islamico di milioni di dollari.
Oltre allo sfruttamento di risorse petrolifere e materie prime, altre attività illecite, quali la vendita di energia elettrica e donazioni private provenienti soprattutto dal Golfo, hanno reso lo Stato Islamico auto-sufficiente. Il saccheggio di regioni e soprattutto di banche è una fonte di introiti significativa. Solo nella città di Mosul sono conservati oro e refurtive per $450 milioni. Tale patrimonio permette allo Stato Islamico di acquistare armi pesanti, corrompere autorità e tribù e arruolare combattenti. Lo Stato Islamico ha la reputazione di offrire ricompense più alte per i propri membri, i quali incrementano gli introiti tramite saccheggio e traffico di reperti archeologici con ricavi superiori ai $36 milioni. Inoltre, lo Stato Islamico impone tasse alle imprese locali come ogni altro stato e pratica vari tipi di estorsione, soprattutto sulle minoranze, in cambio di una presunta protezione.
Con milioni di dollari a propria disposizione, lo Stato Islamico è il gruppo terroristico più ricco al mondo, molto più del commando centrale di al-Qaeda, da cui si è deliberatamente allontanato. Tale consolidamento economico renderà improbabile una sconfitta jihadista e può essere ostacolato solo qualora il prossimo governo iracheno, indipendentemente dalla composizione politica, adotterà riforme socio-economiche veloci ed adeguate.
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