L’Atlantico non basta: i difficili rapporti del governo italiano in Europa.

La politica estera di Giorgia Meloni è un successo dall’altra parte dell’Atlantico, ma le cose non sembrano andare altrettanto bene in Europa

Italy’s Prime Minister Giorgia Meloni and President of the European Council Charles Michel pose during family photo at Castille Square in Valletta, Malta, Friday, Sept. 29, 2023. The leaders of nine southern European Union countries met in Malta on Friday, Sept. 29, 2023, to discuss common challenges such as migration, the EU’s management of which has vexed national governments in Europe for years. (AP Photo/Rene Rossignaud)
Il Primo Ministro italiano Giorgia Meloni e il Presidente del Consiglio europeo Charles Michel posano per una foto in Castille Square, Valletta, Malta, Venerdi 29 settembre 2023
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“Finora è stata abbastanza brava in politica estera”, ha twittato qualche mese fa Francis Fukuyama, scienziato politico statunitense, a proposito del Primo Ministro italiano Giorgia Meloni. In effetti, ad un anno dal suo insediamento, Meloni e il suo governo sembrano servire piuttosto bene le relazioni transatlantiche.

Meloni ha mostrato un fermo sostegno all’Ucraina, forse cercando di nascondere che all’interno del suo governo siede il vicepresidente del consiglio Matteo Salvini – controverso leader della Lega, partito tradizionalmente filorusso. Inoltre, nel maggio di quest’anno, Meloni ha annunciato che l’Italia avrebbe effettivamente posto fine al suo coinvolgimento nella Belt and Road Initiative (BRI) cinese. L’Italia è poi diventata firmataria dei piani – sostenuti dagli Stati Uniti e svelati al vertice del G20 di agosto – per sviluppare un corridoio commerciale rivale della BRI. Il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden parla positivamente di Meloni e ha accolto la vicinanza sempre più stretta tra Stati Uniti ed Italia.

Quindi, se l’atlantismo fosse l’unico parametro rispetto al quale valutare la politica estera di Meloni, le buone recensioni sarebbero sicuramente giustificate. Ma con Bruxelles e altre capitali europee, le cose sembrano andare meno bene.

Data la storica rivalità tra Roma e Parigi, non è stato un grande shock assistere, nell’ultimo anno, ai battibecchi tra Meloni ed Emmanuel Macron su temi che vanno dagli inviti ai Summit all’immigrazione. Tuttavia, la questione migratoria contribuisce anche a una più profonda retorica antieuropea nel governo Meloni. Gli sbarchi in Italia attraverso il Mediterraneo potrebbero raggiungere quest’anno il record di 200,000 persone. Salvini ha insinuato che si tratti di una cospirazione anti-italiana da parte di Francia e Germania, accusandoli di “mancato interesse” nell’arginare i flussi in entrata. La tensione con la Germania è poi proseguita a fine settembre, quando Meloni ha scritto al cancelliere Olaf Scholz esprimendo il suo “stupore” per il sostegno del governo tedesco ad alcune Ong che conducono operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo.

Esponenti del governo italiano hanno accusato il Commissario Europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, di “non fare abbastanza” per l’Italia.

Ma i problemi non finiscono con l’immigrazione. Alcuni esponenti del governo italiano hanno accusato il Commissario Europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, di “non fare abbastanza” per l’Italia. Questi attacchi minano l’autorità del commissario ed evidenziano la debolezza del governo di Roma, che sembra volere un capro espiatorio per le difficoltà che sta  affrontando a causa di una crescita economica inferiore alle aspettative. C’è poi la questione dell’approvazione da parte dell’Italia del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) – istituito in risposta alla crisi finanziaria del 2008 per fornire prestiti alle economie dell’eurozona in difficoltà. La destra italiana ha a lungo lamentato che organizzazioni intergovernative come questa minano la sovranità nazionale, e difatti l’Italia è l’unico stato dell’eurozona a non aver ratificato il trattato del MES. Farlo ora non gioverebbe alla base elettorale di Meloni.

La premier sembra poi sempre più tentata dal ritorno alle sue radici populiste. Durante le elezioni generali spagnole all’inizio di quest’anno ha sostenuto apertamente il partito di estrema destra Vox, abbandonando la neutralità che un capo di governo straniero dovrebbe mantenere. Ha poi fatto visita al leader ungherese Viktor Orban a Budapest, dopo aver evitato un incontro ufficiale per quasi un anno. Queste azioni rispondono all’esigenza interna di competere con Salvini – dal momento che, per lui, la linea anti-europeista e anti-immigrazione sembra l’unica strada percorribile per cercare di recuperare voti.

La Lega è data dai sondaggi a un modesto 9-10%, rispetto all’8,7% delle elezioni del 2022. Ciò suggerisce che, sebbene gli elettori non stiano ritornando in massa al partito dopo aver dato il loro sostegno a Fratelli d’Italia di Meloni alle elezioni, la retorica di Salvini potrebbe fargli fare qualche passo avanti.

A livello europeo, tuttavia, la vicinanza della Lega alla Russia lascia pochi amici – e il partito sarà escluso da qualsiasi alleanza politica volta a ottenere la maggioranza nelle elezioni del Parlamento europeo del prossimo anno.

Per Meloni, invece, la partita europea è ancora aperta, e nell’ultimo anno ha tenuto diversi incontri con gli elementi più conservatori del Partito popolare europeo (PPE). L’obiettivo finale è rompere l’alleanza tra il PPE e il raggruppamento socialdemocratico che costituisce l’attuale maggioranza parlamentare, o contribuire a scegliere un successore conservatore alla Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.

Ma i sondaggi attuali non prospettano un cambiamento così radicale nella composizione del parlamento. I partiti di destra probabilmente guadagneranno, anche se la frammentazione sembra altrettanto plausibile, portando a un nuovo parlamento simile nella composizione a quello attuale (anche se con una maggioranza indebolita). Se la speranza di Meloni di ottenere un peso politico decisivo svanisse, potrebbe intensificare la linea populista.

Tuttavia, un’Italia antagonista ed economicamente in difficoltà non è in grado di dirigere l’attenzione politica e i finanziamenti dell’Unione Europea verso questioni di interesse nazionale. Il paese non ha la forza politica sufficiente per perseguire politiche unilaterali; ha bisogno della fiducia dei suoi alleati europei e del sostegno dell’UE. In caso contrario, il governo italiano rischia di minare anche le sue iniziative più interessanti, come il Piano Mattei per la cooperazione energetica in Africa.

Meloni deve quindi lavorare costruttivamente con l’UE in aree legate agli interessi strategici dell’Italia. Questo è il modo più efficace per migliorare tangibilmente la vita degli italiani e, per estensione, affrontare la sfida rappresentata  dell’atteggiamento bellicoso di Salvini. Potrebbe, ad esempio, concentrarsi sulla riforma del Patto di stabilità e crescita dell’UE per dare enfasi alla mancata crescita dell’Italia. Affrontare la proiezione dell’UE verso l’Africa gioverebbe anche all’Italia, così come affrontare in modo costruttivo le controversie tra gli Stati membri in materia di migrazione – un problema che non si risolverà di certo con un accordo a livello europeo nei prossimi giorni.

Meloni ha fiducia e stabilità politica in Italia, nonché un buon rapporto con Washington, elementi di cui pochi altri leader italiani hanno goduto in passato. Ciò che non ha compreso appieno è l’importanza dell’Europa se vuole effettivamente usufruire di questi vantaggi. Ha bisogno di investire molto di più nelle relazioni con i suoi partner europei e la corsa alle elezioni del Parlamento UE sarà cruciale per capire se è veramente disposta a farlo.

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