Il prossimo governo tedesco visto da Roma

Il Presidente del Consiglio Mario Draghi ha l’opportunità di costruire con il prossimo cancelliere tedesco un rapporto libero dalle dinamiche politiche di partito. Per farlo, dovrebbe concentrarsi su quattro questioni principali al centro delle relazioni italo-tedesche.

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Dal momento della sua elezione a Cancelliera nel 2005, Angela Merkel ha dialogato con nove diversi Presidenti del Consiglio italiani, instaurando con alcuni di loro un dialogo costruttivo, anche se spesso influenzato dalle diverse posizioni tra il nord e il sud d’Europa su alcuni temi fondamentali per l’UE. Con altri, in particolare coloro con posizioni critiche nei confronti dell’Europa, è stato invece difficile trovare un terreno comune.

Mario Draghi non è espressione di alcuno schieramento politico, una caratteristica che lo rende unico tra i suoi predecessori che hanno lavorato con la Merkel (con la parziale eccezione di Mario Monti). Questo aspetto, sebbene possa a prima vista sembrare uno svantaggio dato che lascia Draghi senza il sostegno di una solida macchina politica partitica, offre l’opportunità di costruire un rapporto con il prossimo cancelliere tedesco libero da qualsiasi rivalità di partito. In un contesto geopolitico instabile, delineato dagli sforzi per gestire la pandemia e i cambiamenti climatici nella cornice di una crescente competizione tra grandi blocchi, il rapporto che Draghi può costruire con il prossimo governo tedesco sarà determinante per il futuro dell’Europa.

Per Roma sono quattro i temi fondamentali al centro del rapporto italo-tedesco. Il primo è il contributo di Berlino all’alleanza transatlantica e all’integrazione europea, i pilastri fondamentali della politica estera italiana. Mentre il Presidente francese Emmanuel Macron è impegnato a gestire sfide impegnative in politica estera e interna, sarà essenziale per Roma e Berlino lavorare fianco a fianco a sostegno dell’alleanza transatlantica, con l’appoggio della presidenza francese del Consiglio dell’UE nella prima metà del 2022, definendo di conseguenza il ruolo regionale e globale dell’UE.

La seconda questione è quella migratoria. Come è stato recentemente argomentato da Arturo Varvelli e Lorena Stella Martini, la migrazione è una questione strutturale, ma l’UE insiste ad affrontarla in maniera emergenziale. Ora che gli Stati membri si stanno gradualmente riprendendo dalla crisi del Covid-19, è giunto il momento di riportare la migrazione in cima alle priorità dell’UE: come dimostrano i recenti eventi in Marocco e Afghanistan, la questione resta infatti aperta. L’Italia è certamente uno dei punti di ingresso per i migranti diretti in Europa, ma è Bruxelles a governare il sistema europeo di cooperazione migratoria con i Paesi di origine e di transito, un sistema che evidentemente non funziona. È su questo punto che Roma potrebbe trovare un alleato forte nel prossimo governo tedesco, per promuovere una strategia migratoria dell’UE più coerente.

Il terzo punto riguarda la ripresa e lo sviluppo delle economie europee. Il divario nord-sud, che ha a lungo plasmato il dibattito europeo, è stato parzialmente sostituito dalla solidarietà tra Stati membri, specialmente a causa del forte impatto che la pandemia ha avuto sulle economie di molti Paesi del sud d’Europa. La composizione del prossimo governo tedesco avrà un profondo effetto sulla posizione di Berlino in materia di solidarietà, ma Draghi potrà attingere alla sua esperienza di gestione delle crisi economiche, maturata alla guida della Banca Centrale Europea, lavorando a fianco di Berlino nell’attuazione del Fondo per la ripresa NextGenerationEU e garantendo che le priorità, gli obiettivi e le regole economiche dell’UE rimangano allineati.

La quarta questione riguarda populismo e euroscetticismo. Le elezioni presidenziali francesi dell’aprile 2022 saranno determinanti sotto questo profilo, ma nel frattempo Berlino e Roma devono iniziare a lavorare insieme per creare un nuovo esprit d’Europe. Il prossimo governo tedesco sarà pro-europeo, indipendentemente dalla sua composizione;  quello italiano è profondamente europeista (nonostante la presenza della Lega). Berlino, Parigi e Roma devono quindi costruire un progetto politico comune allo scopo di proteggere i valori e gli interessi fondamentali dell’Europa dalle spinte populiste interne, comprese le minacce allo stato di diritto provenienti dai governi di Polonia e Ungheria.  

Le capitali europee e i cittadini dell’UE hanno grandi aspettative riguardo al ruolo di Berlino in Europa. Un recente sondaggio condotto dallo European Council on Foreign Relations mostra che i cittadini dell’UE ritengono la Germania una potenza affidabile e pro-europea. Come scrivono Jana Puglierin e Piotr Buras, “in tutti e cinque i Paesi (Francia, Germania, Italia, Polonia e Svezia) in cui ECFR ha sondato le percezioni verso l’identità europea, i cittadini che hanno affermato di sentirsi europei almeno tanto quanto cittadini del proprio Paese erano anche molto più inclini della media a considerare che il Presidente della Commissione europea sia tedesco come un fatto positivo”. Questo suggerisce che, durante i suoi 16 anni alla guida della Germania, la Merkel ha contribuito a instaurare un rapporto di fiducia condiviso tra i cittadini di tutta Europa.

La formazione del nuovo governo tedesco potrebbe richiedere diversi mesi; mentre in Francia ne mancano sette all’insediamento del nuovo presidente. In attesa delle importanti elezioni che incombono in Stati membri come l’Ungheria e la Slovenia, l’UE non può aspettare che sia il partenariato franco-tedesco a definire la strada da percorrere.

Come in una staffetta olimpica, ci vogliono più di due atleti per ottenere la vittoria. L’Italia, in virtù della presidenza del G20 e sotto la guida del governo Draghi, può essere la prima a portare il testimone sui temi chiave discussi sopra. Ancor prima che ci sia un nuovo governo a Berlino, Roma dovrebbe assumere un ruolo guida nella protezione dei valori fondamentali dell’Europa, proteggendone la sicurezza e gli interessi economici e promuovendo un ruolo europeo di primo piano nella gestione multilaterale delle crisi.

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