Il momento di scegliere: L’impatto della politica migratoria sulle credenziali europee del governo Meloni

Il governo Meloni ha optato per un pragmatismo sul modello dell’approccio alla Russia per quanto riguarda l’Europa e l’Ucraina, ma le pressioni all’interno della coalizione sul tema della migrazione potrebbero danneggiare le relazioni con vari Stati europei

Giorgia Meloni al CPAC 2022
Immagine di Vox Espana
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Raramente in Italia i governi di coalizione sono semplici da gestire. Il governo Meloni non fa eccezione. Sia la Lega di Matteo Salvini che Forza Italia di Silvio Berlusconi, i due alleati di Fratelli d’Italia nell’attuale esecutivo, non hanno mai fatto mistero di nutrire simpatie filo-russe e, sebbene il governo rimanga fermo nel suo sostegno all’Ucraina, si comincia a notare una certa insofferenza. Salvini, in particolare, ha cominciato ad alzare la voce tanto riguardo alla posizione italiana nei confronti dell’Unione Europea che al percepito ammorbidimento sulla questione dei migranti. Il problema per Meloni risiede nel fatto che, prima o poi, potrebbe arrivare il momento di scegliere tra mantenere buone relazioni con l’UE e assumere una posizione più dura sul tema dei migranti.

Poche settimane dopo l’insediamento del nuovo governo, il tema della migrazione è salito prepotentemente alla ribalta quando Roma ha impedito l’attracco della nave di una ONG, la Ocean Viking, che ha trovato approdo in Francia. L’episodio ha scatenato un acceso botta e risposta con Parigi e con la Commissione Europea anche in relazione ai tempi e ai modi con cui il governo Meloni ha espresso pubblicamente la propria gratitudine alla Francia per la disponibilità prima che l’accordo sulla questione fosse annunciato ufficialmente.

L’Italia ha poi alimentato ulteriori tensioni firmando una dichiarazione congiunta con Cipro, Malta e Grecia contro il programma di ricollocazione dei migranti dell’UE, sostenendo che le attuali disposizioni attribuiscono una responsabilità sproporzionata per la gestione delle domande di asilo agli Stati del sud, dove i migranti arrivano via mare. La dichiarazione chiede un sistema di ricollocazione più equo, efficiente e permanente in tutta l’UE, nonché un approccio più strutturato nei confronti delle navi private che soccorrono i migranti nel Mediterraneo. La decisione del governo italiano di aderire a questa iniziativa è parsa in aperto contrasto con il meccanismo di asilo dell’UE.

Tutto questo avveniva a seguito di una fase iniziale in cui il governo Meloni si è dato un gran daffare per placare le ansie di molte capitali europee. In tal senso, il neoeletto Presidente del Consiglio ha tenuto a ribadire i buoni rapporti tra Roma e il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky e ha incontrato il Segretario Generale della NATO Jens Stoltenberg, che ha elogiato il contributo dell’Italia all’Alleanza atlantica. Inoltre, in occasione dell’ultima riunione virtuale del G7, Meloni si è impegnata a continuare a fornire supporto militare all’Ucraina, ha esortato gli alleati di Kiev a restare coesi e ha parlato della necessità di iniziare a pensare alla ricostruzione economica e sociale del Paese. Alla COP27 in Egitto ha inoltre partecipato a un primo cordiale incontro non ufficiale con il Presidente francese Emmanuel Macron.

Sono due i fattori interni che possono influenzare l’andamento dell’esecutivo. Il primo consiste nell’equilibrio di potere interno alla coalizione di governo. Fondato nel 2012, Fratelli d’Italia, il partito guidato da Giorgia Meloni, arriva oggi al 31,4% delle preferenze nei sondaggi, una percentuale ancora più elevata rispetto agli esiti delle urne nelle elezioni politiche dello scorso settembre. Tale ascesa è anche il risultato di uno spostamento più a destra degli elettori di Lega e Forza Italia, che perdono terreno ma restano fondamentali per la permanenza al potere di Meloni. Il secondo fattore risiede nella consapevolezza che l’Italia ha un grande bisogno di crescita economica e di stabilità, soprattutto con riferimento all’utilizzo dei fondi europei per la ripresa economica e l’attuazione dei relativi progetti. Bruxelles chiederà conto a Meloni del raggiungimento o meno di tale stabilità e degli obiettivi di spesa. Una eventuale opposizione di Roma alle strategie e agli obiettivi dell’UE, come già avvenuto in materia di migrazione, potrebbe rendere il dialogo con le controparti europee estremamente teso.

Dal canto suo, la Lega non condivide affatto l’atteggiamento di Meloni verso l’Europa e Salvini potrebbe cominciare a fare la voce grossa in mancanza di progressi sulla questione dei migranti. Dopo aver sollevato il problema con la Ocean Viking e aver manifestato pubblicamente la propria opposizione all’attuale sistema di gestione dei richiedenti asilo, il governo Meloni potrebbe ora trovarsi a perseguire un obiettivo che non è in grado di raggiungere. Il governo di David Cameron nel Regno Unito ha commesso un errore simile quando si è impegnato a ridurre i numeri dell’immigrazione netta a “decine di migliaia”, un obiettivo palesemente fuori dalla sua portata ma che il popolo britannico ha tentato di ottenere lo stesso votando a favore della Brexit.

Il governo Meloni potrebbe rivelarsi vulnerabile anche su altri fronti. Se la posizione dell’Italia rispetto alla Russia rappresenta oggi uno spazio sicuro per mantenere credibilità agli occhi dell’UE, della NATO e degli Stati Uniti, non c’è garanzia che l’impegno di Salvini in tal senso resti saldo. In uno scenario di guerra prolungata, l’inflazione elevata e l’impennata dei costi dell’energia potrebbero rendere il boccone difficile da digerire per l’opinione pubblica, offrendo il fianco alla Lega e alle sue argomentazioni. Al di fuori dell’attuale esecutivo, poi, il Partito Democratico all’opposizione, oggi guidato da Enrico Letta, è favorevole alle scelte del governo sull’Ucraina ma nel 2023 sarà chiamato a eleggere un nuovo leader e, in base alle dichiarazioni di probabili candidati, la situazione potrebbe scivolare verso un graduale spostamento su posizioni meno interventiste e più “pacifiste”, che potrebbero teoricamente modificarne la visione della Russia come aggressore e quindi la determinazione a chiedere giustizia per l’Ucraina.

Meloni potrebbe tentare di portare avanti il proprio pragmatismo sul modello dell’approccio alla Russia attraverso un sostegno costruttivo alla risposta europea alla guerra e un impegno nei confronti della sovranità e della sicurezza europea. Tuttavia, non si può negare che ci sia già stato un primo tentativo volto a testare la tenuta dell’approccio populista in materia di migrazione, che resta centrale sia per Fratelli d’Italia che per la Lega. Presto o tardi potrebbe quindi venire il momento di fare una scelta. La partecipazione alla COP27, al G20 e al recente G7 e la possibilità di essere parte attiva nella definizione dei programmi di azione e nei processi decisionali multilaterali potrebbero spingere l’esecutivo in una direzione opposta a quella caldeggiata da alcune forze della coalizione. A quel punto, per Meloni si tratterà di scegliere tra la rinuncia a rapporti amichevoli in Europa e la perdita di un alleato interno che, seppure difficile da gestire, resta fondamentale per non perdere il potere.

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