Effetto Draghi: L’Italia e il vecchio-nuovo interesse nazionale

Mentre la prospettiva di un governo a guida Fratelli d’Italia genera interrogativi nelle capitali europee, il partito di Giorgia Meloni elabora un approccio di politica estera che rientri nel perimetro di europeismo e transatlantismo

epa10165107 Brothers of Italy (FdI) party leader Giorgia Meloni during the Rai ‘Porta a porta’ television broadcast conducted by Bruno Vespa in Rome, Italy, 06 September 2022. Italy will hold an early election on 25 September following the resignation of Prime Minister Mario Draghi. Photo: picture alliance/EPA/CLAUDIO PERI
La leader del partito Fratelli d’Italia (FdI) Giorgia Meloni durante la trasmissione televisiva Rai ‘Porta a porta’ condotta da Bruno Vespa a Roma – Italia, 6 settembre 2022
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È possibile che lo spostamento a destra dell’Italia alle ultime elezioni politiche sia l’inizio di un ripiegamento isolazionista, arrivando magari a incrinare l’unità del fronte europeo nei confronti del Cremlino? Se si guarda alla storia di Fratelli d’Italia, partito vincitore alle urne, il ruolo di Roma quale solido partner europeo potrebbe essere messo in discussione. Tuttavia, il programma della coalizione di centro-destra ha affrontato la questione in modo diretto già dalle prime righe, auspicando una “Italia, a pieno titolo parte dell’Europa, dell’Alleanza Atlantica e dell’Occidente. Più Italia in Europa, più Europa nel Mondo.”

Si tratta senza dubbio di un tentativo di rassicurare i vicini europei e i partner della NATO sul fatto che l’Italia intende rimanere nella sfera dell’europeismo e dell’atlantismo. La leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, si è data molto da fare per trasmettere questo messaggio rassicurante ai partner all’estero, apparendo su varie reti televisive e parlando alla stampa internazionale in vista del voto dello scorso 25 settembre. C’è però un altro aspetto da considerare, che forse non è altrettanto evidente, e che riguarda l’effetto del governo Draghi e dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nella ridefinizione del ruolo dell’Italia in Europa e nel mondo, che costringerà i suoi successori a operare entro limiti ben più chiari e definiti rispetto al passato.

Per comprendere la posizione del nuovo governo bisogna considerare che negli ultimi tempi l’incontestabile rilevanza dell’Unione Europea nell’assistenza all’Italia è emersa con forza, soprattutto dopo l’assegnazione dei fondi NextGenerationEU, di cui Roma è il primo beneficiario. Anche altre questioni difficili da affrontare a livello nazionale, come l’aumento vertiginoso dei prezzi dell’energia, hanno contribuito a far salire il gradimento di Bruxelles e a considerare l’UE un ambito d’azione opportuno. D’altro canto, l’esperienza dei recenti governi populisti, che hanno cercato con scarso successo di coltivare i rapporti con nuovi partner, si è rivelata piuttosto controproducente. Basti pensare, ad esempio, alla firma di un memorandum d’intesa con la Cina sulla Belt and Road Initiative, che ha generato per Roma più preoccupazione e diffidenza tra gli alleati europei e americani che reali vantaggi.

Le dichiarazioni pubbliche di Meloni e di altri esponenti del suo partito durante la campagna elettorale hanno indicato la volontà di essere considerati partner affidabili. Si va dall’impegno a non aumentare il debito pubblico alla richiesta di un price cap europeo sui prezzi del gas, alla promessa di proteggere le imprese italiane dalle acquisizioni cinesi. Le politiche pro-Cina e pro-Russia dei partiti recentemente al governo, come il Movimento Cinque Stelle e la Lega, appaiono piuttosto ingenue e ora, anzi, contrarie agli interessi dell’Italia.

Tutto questo non significa che Fratelli d’Italia abbia rinnegato tematiche da sempre ritenute prioritarie. La campagna elettorale di Giorgia Meloni si è giocata su un approccio ambivalente, alimentato da una retorica e una politica apertamente anti-establishment sul fronte interno, accompagnate da toni più concilianti in politica estera. Se è vero che Meloni è l’unica leader rimasta costantemente all’opposizione negli ultimi cinque anni e che la sua posizione riguardo a molti temi relativi ai diritti civili non è cambiata, va anche sottolineato che a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina la visione di Fratelli d’Italia è diventata molto più critica nei confronti di Mosca.

Queste mosse riflettono anche un più ampio cambiamento nella comprensione politica e pubblica dell’“interesse nazionale” dell’Italia. Nei suoi due anni di mandato, Draghi ha dimostrato nella pratica cosa può significare perseguire gli interessi italiani all’interno del tradizionale contesto politico nazionale del dopoguerra, arrivando a ottenere benefici concreti su molti dossier. Su questo tema, Draghi è stato piuttosto esplicito: in una conferenza stampa durante la campagna elettorale, il premier uscente ha illustrato la strada che i leader italiani dovrebbero imboccare per continuare a perseguire l’“interesse nazionale” – ovvero stringere amicizia con Paesi che condividono valori e interessi simili e che possono aiutare l’Italia nei momenti di difficoltà, con riferimento principalmente a Francia e Germania.

Si tratta di uno sviluppo importante perché il concetto di “interesse nazionale” era caduto del tutto in disuso nella politica italiana del dopoguerra, in particolare per quanto riguarda il senso dell’Italia come attore indipendente nel contesto internazionale. Lungo l’intero spettro politico, europeismo e atlantismo sono diventati principi indiscussi della politica italiana, mentre, a differenza di altri Stati europei, i leader italiani hanno raramente spinto per tutelare l’“interesse nazionale” all’interno dei diversi contesti. La natura off-limits del dibattito su tali principi ha fatto sì che altre forze abbiano cercato di appropriarsi dell’“interesse nazionale” per sfidare questo ordine, come accaduto in particolare con la retorica sovranista di partiti come il Movimento Cinque Stelle e la Lega. In parte ciò è dovuto al fatto che i due decenni precedenti la Seconda guerra mondiale hanno alimentato una nozione di “interesse nazionale” interpretata secondo l’idea fascista attraverso il concetto etnico di nazione, di glorificazione dell’Impero Romano e di imposizione dell’egemonia tramite la forza.

Tuttavia, oggi Giorgia Meloni torna a rivendicare questo concetto e lo utilizza in modi che, pur impossibili da scindere dal suo passato, riflettono un approccio più consueto dello Stato-nazione all’“interesse nazionale”, non avulso ad altri Paesi membri dell’UE. In un recente comizio, Meloni ha dichiarato: “Vorrei un’Italia capace di difendere il proprio interesse nazionale come certamente fanno Germania e Francia all’interno dell’Unione Europea”, una visione sì alternativa alla descrizione di Draghi dei due maggiori partner dell’Italia, ma che rientra nel mainstream politico.

Tuttavia, Fratelli d’Italia potrebbe scoprire presto che questo delicato gioco di equilibrismo è difficile da mantenere. Meloni fa affidamento sul sostegno della Lega, sebbene il partito di Salvini mantenga forti legami con il regime russo. Se le pressioni della Lega dovessero sfociare in spinte filorusse o contraccolpi post-atlantisti, tornerebbe il rischio di isolamento internazionale e verrebbe messa alla prova la determinazione di Fratelli d’Italia a mantenere relazioni decorose con i propri vicini. L’attuale Lega è priva di figure pro-europee o pro-NATO che possano ricoprire incarichi ministeriali e il suo leader, Matteo Salvini, ha chiesto a Bruxelles di rivedere le sanzioni contro la Russia, il che potrebbe essere molto problematico per una coalizione che cerca di migliorare la propria immagine agli occhi dei futuri partner europei e americani.

Considerato che Silvio Berlusconi ha ormai varcato la soglia degli 86 anni e che Salvini viene spesso considerato non grato sulla scena internazionale a seguito della posizione espressa sulla Russia, Giorgia Meloni è a pieno titolo il nuovo leader dello schieramento conservatore italiano. Da tempo Meloni aveva smesso di additare Draghi come esponente delle odiate “fazioni europee”, preferendo impegnarsi invece, pur dall’opposizione, in un dialogo costruttivo con il presidente del consiglio uscente. Nonostante probabilmente nessuno all’interno del suo partito la definirebbe in questo modo, la politica estera del governo Meloni potrebbe in qualche modo richiamare proprio l’approccio di “interesse nazionale” di Draghi, radicato nelle norme internazionali sebbene con toni più marcatamente di destra, anche se è sempre presente il rischio che forze populiste, anti-UE e anti-transatlantiche possano dirottare l’amministrazione entrante verso traiettorie diverse rispetto a questo nuovo corso.

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