Come la NATO può pianificare il prossimo decennio

La NATO rimarrà rilevante per i propri Stati membri e contribuirà alla stabilità internazionale solo se l’alleanza regionale acquisterà una prospettiva globale

NATO Secretary General Jens Stoltenberg and the President of France, Emmanuel Macron, meet in May 2018
Immagine di NATO

È insolito che un’alleanza politico-militare discuta in pubblico del proprio futuro. Eppure è esattamente ciò che la NATO ha deciso di fare, seguendo le critiche espresse dal Presidente francese Emmanuel Macron nel novembre 2019, secondo il quale l’organizzazione starebbe vivendo una “morte cerebrale”. La scorsa primavera, Jens Stoltenberg, Segretario Generale della NATO, ha affidato a un Gruppo di Riflessione indipendente il compito di rispondere a una domanda fondamentale: come può la NATO, in quanto alleanza militare efficace, diventare più forte come alleanza politica? Dopo 90 incontri online e interminabili scambi di e-mail, il 1º dicembre 2020 il Gruppo ha presentato un rapporto dal titolo “NATO 2030: United For A New Era” ai ministri degli esteri dei Paesi NATO.

In qualità di uno degli esperti coinvolti nell’elaborazione di questo rapporto, cercherò di riassumerne le 138 raccomandazioni in tre messaggi chiave.

Innanzitutto, l’ambiente di sicurezza in cui opera la NATO – dominato dalla concorrenza tra le grandi potenze e da crescenti rischi a livello globale – è mutato dal 2010; si rivela così necessario un aggiornamento della decennale concezione strategica dell’Alleanza. L’assertività della Russia è diventata più evidente – e il Paese rimarrà la principale minaccia militare per la NATO nel prossimo decennio; la Cina si è trasformata in un rivale sistemico; la sponda meridionale è tormentata da conflitti; infine, la tecnologia ha avuto un impatto dirompente tanto come risorsa militare quanto in materia di sicurezza in senso più ampio.

Da ciò possiamo trarre che, per rimanere rilevante per i suoi Stati membri e contribuire alla stabilità internazionale, l’alleanza regionale deve acquisire una prospettiva globale. Per quanto riguarda la Cina, il rapporto propone la creazione di un organo consultivo all’interno della NATO per affrontare le sfide di sicurezza legate all’ascesa della superpotenza asiatica, suggerendo inoltre  di rafforzare i partenariati con i Paesi dell’Asia-Pacifico (il Giappone, la Corea del Sud, la Nuova Zelanda, l’Australia, e potenzialmente l’India).

Preservare un vantaggio tecnologico dovrebbe essere un’altra priorità strategica per l’Alleanza: secondo il Gruppo di Riflessione, la NATO dovrebbe attrezzarsi per facilitare lo scambio di informazioni sulle implicazioni securitarie delle tecnologie emergenti e discutere gli standard in materia. Il gruppo prevede inoltre un vertice ad hoc sull’intelligenza artificiale con il settore privato. Il terrorismo e l’instabilità sul confine meridionale dell’Europa rimangono priorità fondamentali : come si afferma nel rapporto, “quando i vicini meridionali della NATO sono più sicuri, la NATO  stessa è più sicura”. In questo quadro, il documento raccomanda di rendere operativi i piani avanzati della NATO per il Mediterraneo, e propone di rafforzare lo Hub NATO per il Sud presso il Comando delle Forze Alleate di Napoli.

L’ultimo decennio ha visto l’ascesa di poteri autoritari che mirano a indebolire le democrazie occidentali attraverso mezzi vecchi e nuovi, compresi gli attacchi cyber. La sicurezza degli alleati della NATO è inoltre esposta a minacce globali che vanno dal cambiamento climatico alle pandemie. Viviamo in un’era di simultaneità strategica. È qui che si colloca il secondo messaggio chiave del rapporto: la NATO rimarrà senza dubbio un’alleanza militare ma, per mantenere il pubblico consenso, dovrà sostenere più attivamente la sicurezza umana e la resilienza delle società democratiche. La risposta della NATO al COVID-19 ha rappresentato il primo passo in questa direzione.

Idealmente, grazie a una combinazione di questi due approcci, entro il 2030 la NATO dovrebbe aver valutato le conseguenze della rivalità strategica, adottato una prospettiva globale, conservato il proprio vantaggio tecnologico, affrontato le vulnerabilità relative alle sue catene di approvvigionamento in materia di sicurezza, e infine calibrato il proprio focus sulla resilienza come prima linea di difesa delle nostre società. Tutto ciò richiede che la NATO apra un nuovo capitolo nella sua lunga e riuscita storia di adattamento costante – una mossa, questa, necessaria per evitare un disaccoppiamento nella valutazione dei rischi tra gli Stati Uniti, principalmente concentrati sul Pacifico, e i loro alleati europei. Di per sé, il processo di aggiornamento della concezione strategica faciliterà le discussioni tra gli alleati transatlantici e consentirà alle parti di gestire le loro differenze in fase di valutazione dei rischi.

Il rafforzamento della coesione interna della NATO – il terzo messaggio chiave del rapporto – comporta anche una serie di scelte importanti. Il documento ne cita alcuni: l’adozione di un “codice di buona condotta” per garantire che tutti i 30 Paesi membri aderiscano ai principi democratici e agli obblighi sanciti dal trattato Nord Atlantico; consultazioni più sistematiche e incontri informali più frequenti tra i Ministri degli Esteri sulle potenziali minacce; un invito ai membri della NATO a notificare al Consiglio del Nord Atlantico tutte quelle decisioni in materia di sicurezza nazionale che potrebbero avere un impatto sugli interessi dei loro alleati; infine, un processo decisionale che sia basato sul consenso e, allo stesso tempo, risulti rapido ed efficace, soprattutto in tempi di crisi. La ratio è quella di fare della NATO un forum di “primo ricorso” finalizzato alla consultazione strategica tra i suoi membri, che si concentri su un approccio preventivo piuttosto che puramente reattivo.

Dal punto di vista della consultazione strategica, la relazione tra l’Unione europea e la NATO è assolutamente centrale. Il rapporto accoglie con favore lo sviluppo di una difesa europea guidata dalla complementarità con la NATO, suggerendo al contempo la necessità di rafforzare i legami istituzionali e i vertici di alto livello tra le due organizzazioni. Allo stesso modo, soprattutto dopo la Brexit e dopo anni di tensioni  tra la Turchia e gli altri membri della NATO, un atteggiamento non discriminatorio nei confronti dei paesi terzi europei si conferma fondamentale.

Il futuro della NATO oscilla tra due alternative possibili. La prima è un’alleanza limitata alle sue funzioni principali, che si occupa quindi di difesa comune e deterrenza – i due settori ove la NATO esprime tutta la sua potenzialità. Al polo opposto vi è una visione espansiva dell’Alleanza, resiliente e pronta ad affrontare nuove sfide in materia di sicurezza (come la sicurezza umana, il cambiamento climatico e le questioni logistiche legate alla pandemia). È chiaro che il rapporto “NATO 2030: United For A New Era” va nella seconda direzione, pur preservando l’importanza cruciale della missione principale dell’Alleanza. La NATO dovrà dunque trovare un equilibrio tra le proprie funzioni costitutive e quelle supplementari.

Gli sforzi per rafforzare la NATO come alleanza politica dipendono interamente dalla volontà politica degli Stati membri: da un punto di vista generale, la prospettiva strategica del rapporto si inserisce coerentemente nel quadro dell’approccio internazionale della prossima amministrazione Biden. Una NATO dalla prospettiva globale- con partenariati rafforzati e con alleati europei che si assumono maggiori responsabilità  – consentirà ai suoi membri di preservare la centralità delle relazioni transatlantiche. Il rapporto intende fornire ai leader della NATO, che discuteranno i risultati del processo di riflessione durante la prossima primavera, una serie di spunti intellettuali e raccomandazioni operative per realizzare concretamente questa ambizione.

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