Bisogna puntare alla sovranità sanitaria europea

Emanuele Bonino intervista Tara Varma, direttrice dell'ufficio ECFR di Parigi, sulla necessità di una sovranità sanitaria europea.

BRUXELLES. La pandemia di Covid-19 ha riacceso i riflettori su un’Unione europea della sanità ancora tutta da fare e sulla necessità di realizzarla. Un compito che spetterà soprattutto all’Italia, che nel 2021 assumerà la presidenza di turno del G20. Perché la sicurezza europea in materia di sanità passa anche per una politica estera solida in materia, confida a La Stampa Tara Varma, capo ufficio del Consiglio europeo per le relazioni estere (ECFR), il think-tank paneuropeo con sede in sette capitali europee. Il vertice del Consiglio europeo appena concluso ha offerto segnali contrastanti, ma al tempo stesso, sostiene, ha permesso comunque «chiarezza» e risultati.

 

“Bisogna puntare alla sovranità sanitaria europea: solo con strategie comuni si può fronteggiare un’altra pandemia”

Il taglio operato al «Programma salute» all’interno di Next Generation EU mette in pericolo la sicurezza sanitaria dell'Ue?
«Fin dall'inizio sapevamo che sarebbe stato un obiettivo a lungo termine raggiungere la sovranità sanitaria nell'Unione europea. Il fatto stesso che se ne stia discutendo è un risultato in sé. Tuttavia, è vero che dopo i negoziati si può essere preoccupati per il loro impatto sulla nostra capacità di mantenere la cooperazione sanitaria come priorità numero uno nel periodo post-Covid. Detto questo, ritengo che gli Stati membri e le istituzioni Ue siano chiari sul fatto che non siamo fuori pericolo in caso di pandemia e che dovremo essere estremamente vigili nel perseguire la nostra cooperazione nella costruzione di scorte mediche strategiche, garantendo la mobilità di medici e infermieri in tutta l'Unione, ottenendo informazioni in tempo reale sulla diffusione del virus. Penso che su questo particolare elemento ci sia molta più chiarezza ora di quanto non ci fosse all'inizio della crisi».

“Bisogna puntare alla sovranità sanitaria europea: solo con strategie comuni si può fronteggiare un’altra pandemia”

Durante la fase peggiore della pandemia abbiamo visto un'Europa fortemente frammentata. È tempo per un'Europa della salute, con più poteri nelle mani della Commissione e meno per gli Stati?
«Il coronavirus ha colpito gli Stati membri in vari modi e in misura diversa, ma quasi tutti hanno realizzato che la loro salute pubblica faceva affidamento, più di quanto non capissero, su beni o servizi di Paesi terzi. Questa dipendenza ha minato la capacità dell'Europa di rispondere autonomamente. Gli organi dell'Ue che coordinano la risposta e forniscono un sistema di allarme rapido hanno reagito lentamente e le richieste di aiuto degli Stati membri sono state ignorate, creando sentimenti di abbandono tra i Paesi più colpiti. L'Europa deve migliorare i suoi sistemi di allerta rapida, la resilienza della catena di approvvigionamento, la ricerca e lo sviluppo medico e la sicurezza e la tecnologia informatica, per agire con decisione nelle future emergenze sanitarie. L'Europa può rafforzare la sicurezza sanitaria creando scorte strategiche comuni, diversificando e ridistribuendo le catene di approvvigionamento, rafforzando la protezione degli investimenti in imprese innovative, investendo in ricerca e sviluppo e coordinando gli sforzi nei forum multilaterali».

L’Ecfr ha sottolineato l'importanza di investire di più in ricerca e sviluppo al fine di rafforzare la sicurezza sanitaria. Sfortunatamente i leader dell'Ue hanno deciso di tagliare anche la ricerca dal meccanismo per la ripresa. I governi hanno davvero capito la lezione?
«Ricerca e sviluppo sono una componente chiave nella costruzione della sovranità sanitaria europea, ma ci sono molti altri modi per raggiungerla. Nel nostro documento, raccomandiamo di rafforzare ed espandere il meccanismo di protezione civile dell'Ue, creare scorte strategiche comuni, mappare le infrastrutture e le dipendenze sanitarie europee, investire nella pianificazione e previsione degli scenari. Inoltre, la crisi ha sottolineato l'importanza di attuare rapidamente il regolamento sulla selezione degli investimenti dell'Ue in tutti gli Stati membri, e allo stesso tempo gli europei dovrebbero ora modificare il quadro di applicazione in modo che copra più aree. In alcuni Paesi il settore sanitario non è chiaramente coperto dalla legge sulla protezione degli investimenti, è menzionato solo a margine. La crisi del coronavirus mostra che le catene di approvvigionamento e il potenziale di innovazione del settore sanitario rivestono un'importanza strategica. Gli europei potrebbero aggiungere più parti del settore sanitario alla loro procedura di screening degli investimenti, andando oltre la biotecnologia. In termini di mappatura e protezione delle loro catene di approvvigionamento, la revisione europea dovrebbe raggruppare i prodotti sulla base di quanto possano essere critici in una crisi sanitaria e quanto siano vulnerabili ai vincoli economici. L'Ue potrebbe eseguire questa analisi raggruppando i prodotti in base a quattro azioni chiave: rientro delle aziende (reshoring) per i prodotti necessari per la sovranità sanitaria dell’Ue, esternalizzazione limitata (nearshoring) per i prodotti le cui filiere dovrebbero operare nella periferia europea come i Balcani o il Nord Africa, diversificazione per i prodotti i cui componenti (critici) devono avere un certo numero minimo di fornitori diversi, escludendo potenzialmente determinati Paesi o subordinando la fornitura ai Paesi in base a determinate garanzie, e infine vulnerabilità di controllo per i prodotti in cui le catene di approvvigionamento si basano o su singoli fornitori (perché è un Paese terzo altamente attendibile) o sul luogo in cui devono stare (perché i componenti non possono essere trovati altrove).

In uno studio dell’Ecfr viene sottolineato quanto sia fondamentale il miglioramento della sicurezza e della tecnologia informatica «per agire in modo deciso nelle future emergenze in materia di salute pubblica». Però, nel fondo per la ripresa, sono stati operati tagli là dove si suppone che ci siano risorse per sostenere l'agenda digitale. Il fondo di risanamento, teoricamente uno strumento anti-crisi, è fuori dalla logica di questa crisi?
«Il fondo per la ripresa è principalmente uno strumento economico destinato a rispondere ai problemi economici e quindi destinato alla gestione post-Covid e alla soluzione a lungo termine subentrata in seguito e di cui c'è un disperato bisogno. Resta da vedere se il Parlamento europeo chiederà la difesa di ulteriori prerogative sulla salute nella versione finale della proposta».

Stiamo vedendo hacker russi condurre operazioni illegali al fine di rubare informazioni sul vaccino anti-Covid. L'Ue è protetta da questa minaccia?
«Qui parliamo di una prerogativa che rimane dello Stato membro. Il coordinamento sugli attacchi informatici si svolge a livello europeo, ma l'Ue rimane dipendente dall'intelligence e dalle informazioni degli Stati membri per ottenere informazioni. Parte delle nostre raccomandazioni nel documento consiste proprio nel coordinare gli sforzi europei a livello multilaterale in modo più coerente e sistematico. L'Ue può e deve convocare iniziative globali, come la conferenza Access to Covid-19 Tools pledge organizzata dalla Commissione europea lo scorso maggio, e posizionarsi come piattaforma di convocazione per attori statali e non statali, come l'Oms, il G7 , il G20, fondazioni e industria farmaceutica. In futuro, un canale di comunicazione potrebbe assumere la forma di una task force composta dal Servizio europeo per l'azione esterna (il Seae, a capo del quale c’è l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Josep Borrell, ndr) e da consulenti diplomatici per i capi di Stato e di governo dell'Ue. Oltre a questa piattaforma, il ruolo e le responsabilità del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) dovrebbero essere ampliate affinché diventi l'arena in cui l'Ue e i Paesi terzi comunicano regolarmente e organizzano esercitazioni di simulazione.

In sintesi: cosa possiamo aspettarci adesso dall'Unione europea in ambito di salute?
«Per l'Ue e gli Stati membri rimane da affrontare una difficile agenda. Ma emerge anche una chiara tabella di marcia per l’Unione e i suoi Stati perché, lavorando assieme, abbiano la capacità di proteggere la sovranità sanitaria europea, nonostante il contesto geopolitico difficile. Il 2021 potrebbe essere, per l’Europa, il momento per avviare alcune importanti riforme nel sistema multilaterale, in particolare nella politica sanitaria. La risoluzione dell'Ue di maggio, presentata con successo in occasione dell'Assemblea mondiale della sanità, che chiedeva l'accesso a test, cure e cure palliative per i pazienti Covid – in particolare gli anziani – alla fine è stata sostenuta da 144 Paesi. Ciò dimostra che gli europei, quando uniti e strategici, possono catalizzare l'azione internazionale e colmare le divisioni geopolitiche. Nel 2021, il Regno Unito e l'Italia assumeranno rispettivamente le presidenze del G7 e del G20 e dovranno incarnare il momento europeo che sta emergendo».

Pubblicato su La Stampa il 27 Luglio 2020.

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