Nuovo Sondaggio ECFR – Trump’s European revolution

Secondo il nuovo sondaggio multinazionale ECFR, la traiettoria della seconda presidenza di Donald Trump sta sconvolgendo l’opinione pubblica europea in materia di difesa e sicurezza, costringendo i cittadini ad accettare l’idea di doversi preparare a un mondo in guerra. I risultati mostrano un’Europa che si prepara a una nuova fase: più difesa, forte sostegno all’Ucraina e fiducia misurata nei confronti degli Stati Uniti

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  • Il nostro nuovo sondaggio multinazionale, pubblicato in vista del Summit NATO del 2025, mostra un ampio sostegno in tutta Europa all’aumento della spesa per la difesa, all’ampliamento progressivo dei programmi di riarmo e alla reintroduzione del servizio militare obbligatorio.
  • Gli europei continuano a sostenere l’Ucraina e non accettano di ritirare il supporto militare, fare pressione su Kiev affinché ceda i territori occupati, o revocare le sanzioni alla Russia qualora gli Stati Uniti dovessero cambiare rotta.
  • Nonostante la retorica anti-UE della Casa Bianca e il crescente sentimento antiamericano in diversi Paesi europei, molti cittadini credono ancora che ci si possa fidare degli Stati Uniti in merito al nucleare e alla presenza militare sul continente. Vi è anche un diffuso ottimismo sulla possibilità di ricucire l’Alleanza Transatlantica.
  • Ivan Krastev e Mark Leonard, autori dello studio ed esperti di politica estera, sostengono che il ritorno di Trump abbia già avuto impatti di vasta portata e che abbia causato un’esplosione di “trasformismo politico” in Europa. Ritengono che l’attuale disordine internazionale dia modo ai rappresentanti del mainstream politico di “abbandonare la difesa dello status quo e reinventare l’identità europea a favore di un mondo nuovo e rivoluzionario”.

Secondo il nuovo sondaggio multinazionale pubblicato oggi dallo European Council on Foreign Relations (ECFR), la traiettoria della seconda presidenza di Donald Trump sta sconvolgendo l’opinione pubblica europea in materia di difesa e sicurezza, costringendo i cittadini ad accettare l’idea di doversi preparare a un mondo in guerra.

I dati del nostro ultimo studio Trump’s European revolution mostrano come il ritorno di Trump abbia cambiato non solo il sistema politico interno degli Stati Uniti, ma anche il modo in cui gli europei percepiscono la propria sicurezza e identità. Lo studio mette in luce un cambiamento radicale verso un’Europa più autonoma, che deve potenziare le proprie capacità e che si allontana dall’Alleanza Transatlantica e dalle garanzie di sicurezza sostenute da Washington. Tutto ciò ha trasformato l’Europa da un “progetto di pace” ad uno che si sta rapidamente modulando in preparazione alla guerra, con l’opinione pubblica di diversi Stati storicamente atlantisti (tra cui Danimarca, Germania e Regno Unito) a sostegno della necessità che l’UE si occupi della propria sicurezza e difesa.

Pubblicato in concomitanza del Summit NATO del 2025 di questa settimana all’Aia, il sondaggio multinazionale svolto in 12 Paesi europei (Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Ungheria, Italia, Polonia, Portogallo, Romania, Spagna, Svizzera e Regno Unito) rivela un ampio sostegno in tutta Europa all’aumento della spesa per la difesa (in media, il 50% favorevole contro il 24% contrario), un impegno a mantenere il supporto militare all’Ucraina in caso di ritiro degli Stati Uniti (59%) e un generale consenso sullo sviluppo di un deterrente nucleare europeo alternativo che non dipenda dagli Stati Uniti (54%).

Il dataset, commissionato attraverso i principali sondaggisti YouGov, Datapraxis e Norstat, rivela anche profondi cambiamenti ideologici all’interno dei partiti politici a seguito del ritorno di Trump alla Casa Bianca. In soli sei mesi, l’estrema destra europea si è trasformata da “sovranista” a “internazionalista”, diventando alleata ideologica del Presidente degli Stati Uniti nella sua ricerca di un nuovo “ordine mondiale”. Anche diversi partiti tradizionali si sono ridefiniti come sostenitori di una mentalità nazionale e promotori di un’Europa più autonoma, con il potere di contrastare le interferenze statunitensi. Secondo gli autori dello studio, Ivan Krastev e Mark Leonard, questa trasformazione costituisce una forma di “trasformismo politico”.

Nella loro analisi, Krastev e Leonard osservano come, sebbene molti in Europa siano scettici nei confronti di Trump e auspichino un maggiore riarmo e una maggiore difesa a livello continentale, ciò non si traduca nella piena fiducia nell’autonomia dell’UE in materia di sicurezza. Tuttavia, nonostante gli europei siano convinti che i loro governi debbano discostarsi dalla linea americana sulla questione Ucraina, sono meno preoccupati riguardo all’affidabilità delle garanzie di sicurezza statunitensi e la possibilità di riallacciare i rapporti oltreoceano una volta che Trump lascerà l’incarico.

Gli autori ritengono che l’Europa, oggi, stia rispondendo alla “rivoluzione” di Trump in modo simile al voto sulla Brexit del 2016: “facendo un passo indietro” e “guadagnando tempo per prepararsi al balzo imminente”. Il fatto che molti europei credano ancora che si possa contare sugli Stati Uniti per fornire una deterrenza nucleare (48%) e una presenza militare sul continente (55%) ne sarebbe la prova. Gli autori sottolineano anche l’ottimismo ampiamente diffuso riguardo al futuro dell’Alleanza Transatlantica (il 45% degli intervistati crede che verrà “ricucita”), nonché l’opinione maggioritaria secondo cui l’UE possa evitare una guerra commerciale con Washington (54%). Pur riconoscendo i meriti di questo approccio “wait and see”, gli autori incoraggiano i governi europei a sfruttare il protagonismo di Trump per rimodellare le proprie politiche. L’attuale disordine internazionale, scrivono, ha offerto alla corrente politica dominante una via per “uscire dall’impegno di difendere lo status quo”, nonché la possibilità di ricreare un’identità europea a favore di un “nuovo mondo rivoluzionario”.

I punti chiave dell’ultimo sondaggio multinazionale di ECFR sono i seguenti:

  • In Europa è diffuso un ampio consenso sulla necessità di aumentare la spesa per la difesa. Una notevole maggioranza in Polonia (70%), Danimarca (70%), Regno Unito (57%), Estonia (56%) e Portogallo (54%) sostiene (fortemente o quasi) l’idea di aumentare la spesa nazionale per la difesa, e la maggioranza in Danimarca ed Estonia (gli unici due Paesi in cui è stata posta un’ulteriore domanda) è a favore anche di un aumento della spesa per la difesa al 5% del PIL nazionale. Romania (50%), Spagna (46%), Francia (45%), Ungheria (45%), Germania (47%) e Svizzera (40%) hanno ugualmente espresso un sostegno all’aumento della spesa per la difesa. L’Italia, invece, rappresenta un’eccezione a questa tendenza: la maggioranza del 57% è contraria e solo il 17% si è detto a favore di un aumento della spesa per la difesa.
  • La maggioranza è favorevole anche alla reintroduzione del servizio militare obbligatorio. Gli intervistati in Francia (62%), Germania (53%) e Polonia (51%) sono i più convinti sostenitori di questa misura, mentre i più titubanti sono in Ungheria (32%), Spagna (37%) e Regno Unito (37%) (questa domanda non è stata posta in Danimarca, Estonia e Svizzera perché lì il servizio militare è già obbligatorio). Le fasce d’età 60-69 e 70+ sono le più favorevoli all’idea del servizio militare obbligatorio (rispettivamente il 54% e il 58%). Questa percentuale crolla, tuttavia, se confrontata con la fascia demografica più giovane (18-29 anni). In media, solo il 27% di questo gruppo che ha l’età per partecipare a qualsiasi conflitto armato si è espresso a favore, mentre la maggioranza del 57% ha affermato che si opporrebbe a tale misura.
  • Gli europei sostengono ancora l’Ucraina, indipendentemente dalla politica statunitense. I dati raccolti da ECFR mostrano che la maggioranza o la pluralità in undici dei dodici Paesi intervistati è contraria all’idea che l’Europa ritiri le truppe dall’Ucraina. La stessa opinione vale sulla possibilità che l’UE spinga Kiev a rinunciare al territorio occupato dalla Russia o che revochi le sanzioni economiche contro Mosca, a prescindere da un cambiamento della politica statunitense su questi temi. Gli intervistati in Danimarca (78%), Portogallo (74%), Regno Unito (73%) ed Estonia (68%) sono i più convinti sostenitori del supporto militare in caso di ritiro degli Stati Uniti. Analogamente, gli intervistati in Danimarca (72%), Portogallo (71%), Regno Unito (69%) ed Estonia (68%) sono i più contrari all’idea di spingere l’Ucraina a rinunciare al territorio occupato, nonché alla revoca delle sanzioni economiche contro la Russia qualora gli Stati Uniti decidessero di adottare tale approccio (Danimarca, 77%; Regno Unito, 71%; Estonia, 69%; Polonia, 68%).
  • L’ostilità di Trump nei confronti dell’Europa ha dato origine a un sentimento antiamericano. Questo si è verificato soprattutto in Danimarca, dove l’86% degli intervistati ritiene che il sistema politico statunitense sia “a pezzi”. Sempre in Danimarca, la percentuale di popolazione che considera la rielezione di Trump un fattore negativo per i cittadini americani è aumentata dal 54% al 76% in soli sei mesi. Un quadro simile emerge tra i cittadini portoghesi, dove la maggioranza è aumentata al 70%, rispetto al 60% di quando ECFR ha posto la stessa domanda nel novembre 2020, dopo la vittoria elettorale di Joe Biden. Nel Regno Unito e in Germania, le maggioranze sono rispettivamente del 74% e del 67%. E persino in Polonia, tradizionalmente filoamericana, la quota di cittadini che condivide questa opinione è aumentata al 25%, rispetto al 36% del novembre 2020.
  • L’idea che l’UE possa effettivamente separarsi dagli Stati Uniti in materia di difesa e sicurezza suscita scetticismo. Gli intervistati in Danimarca e Portogallo sono i più ottimisti riguardo al raggiungimento di questo obiettivo: rispettivamente il 52% e il 50% dei cittadini ritengono “possibile” per l’UE raggiungere l’indipendenza dagli Stati Uniti in materia di difesa e sicurezza nei prossimi cinque anni. Lo scetticismo è più pronunciato in Italia e Ungheria, dove rispettivamente il 54% e il 51% ritengono l’autonomia dell’UE in materia di sicurezza e difesa “molto difficile” o “praticamente impossibile” da conseguire nei prossimi cinque anni. Altrove, gli intervistati appaiono divisi: Romania (il 45% ritiene l’autonomia possibile mentre il 39% la ritiene difficile o impossibile), Francia (44% contro il 39%), Germania (44% contro il 45%), Polonia (38% contro il 48%), Estonia (41% contro il 49%) e Spagna (43% contro il 47%). Gli europei sono anche scettici sulla capacità dell’UE di mettere da parte le proprie divergenze interne e diventare una potenza globale, in grado di competere economicamente con Stati Uniti e Cina. La convinzione che l’UE possa diventare un attore di questo tipo è debole, e rappresenta un’opinione minoritaria, in undici dei dodici Paesi intervistati da ECFR (i danesi appaiono gli unici anomali nel loro ottimismo).
  • Molti sono convinti che l’Alleanza Transatlantica verrà ricucita una volta che Trump lascerà l’incarico. C’è un’aspettativa condivisa che le relazioni transatlantiche miglioreranno una volta che il mandato di Trump sarà giunto al termine: questa opinione è più diffusa in Danimarca (62%), Portogallo (54%), Germania e Spagna (52%) e Francia (50%). Mentre è più debole in Ungheria (20%) e Romania (28%), dove un numero relativamente alto di persone, rispettivamente il 24% e il 19%, ritengono che Trump non abbia realmente danneggiato le relazioni transatlantiche. Solo una minoranza in ogni Paese, e in media il 22% nei 12 intervistati, ritiene che non solo Trump abbia danneggiato le relazioni tra Europa e Stati Uniti, ma anche che “il danno probabilmente persisterà anche dopo che avrà lasciato l’incarico”. Inoltre, l’opinione prevalente nei dodici Paesi presi in esame da ECFR è che l’Europa possa continuare a fare affidamento sulla deterrenza nucleare degli Stati Uniti (in media, il 48% dei cittadini tra gli intervistati condivide questa opinione), mantenere la presenza militare statunitense nel continente (55%) ed evitare una guerra commerciale con Washington (54%).
  • Trump 2.0 ha innescato una rivoluzione non solo nella geopolitica europea, ma anche nell’identità politica dei suoi principali partiti. Il ritorno al potere di Trump sembra aver scatenato un’ondata di “trasformismo politico” in Europa. I sostenitori dei partiti populisti non sono più solo contrari allo status quo, ma sono diventati a favore del controprogetto trumpiano. Invece, coloro che sostengono i partiti tradizionali non sono più semplicemente a favore dello status quo, ma traggono sempre più forza dalla loro posizione di difensori della sovranità nazionale contro Trump. Di conseguenza, l’opinione pubblica europea è attualmente molto polarizzata nella sua percezione del sistema politico statunitense. Ad esempio, gli elettori dei partiti di destra come Fidesz (Ungheria), PiS (Polonia), Fratelli d’Italia (Italia), AfD (Germania) e Vox (Spagna), hanno una visione prevalentemente positiva dell’America, mentre l’elettorato tradizionale nei rispettivi Paesi nutre una visione complessivamente negativa del sistema politico statunitense. Inoltre, poter considerare gli Stati Uniti un modello sembra consentire agli elettori di estrema destra di criticare ancora più apertamente l’UE. Questo rappresenta un enorme passo avanti per i sostenitori di alcuni partiti populisti, come quelli di PiS (Polonia), Vox (Spagna) o Chega (Portogallo), dove la percezione che l’UE sia in crisi è ora diventata maggioritaria – mentre in precedenza era considerata solo da una minoranza dei loro elettori. Al contrario, gli elettori dei partiti tradizionali sembrano stringersi attorno alla bandiera europea, in modo più evidente in Germania e in Francia. Il risultato di questi cambiamenti nell’opinione pubblica è l’emergere di un rapporto inverso nella percezione di Stati Uniti e UE, che prima non esisteva.

Mark Leonard, coautore e Direttore dell’European Council on Foreign Relations, commentando i risultati del sondaggio ha affermato:

“La rivoluzione di Donald Trump è arrivata in Europa, ribaltandone l’identità politica e geopolitica. Il nostro sondaggio mostra che gli europei si sentono insicuri e che Trump sta spingendo la domanda di aumento della spesa per la difesa, la reintroduzione del servizio militare e l’estensione delle capacità nucleari in gran parte d’Europa. Sta anche trasformando la politica interna in modo simile alla Brexit. I partiti di estrema destra non sono più visti semplicemente come anti-sistema, ma sono diventati parte di un’internazionale pro-Trump. Dall’altra parte, molti partiti tradizionali si stanno reinventando come difensori della sovranità contro il caos trumpiano”.

Ivan Krastev, coautore e Presidente del Centre for Liberal Strategies, ha aggiunto:

“Il vero effetto del secondo mandato di Trump è che ora gli Stati Uniti rappresentano un modello credibile per l’estrema destra europea. Essere filoamericani oggi significa soprattutto essere scettici nei confronti dell’UE, mentre essere filoeuropei significa essere critici nei confronti dell’America di Trump”.

Essere filoamericani oggi significa soprattutto essere scettici nei confronti dell’UE, mentre essere filoeuropei significa essere critici nei confronti dell’America di Trump”. 

AUTORI

Ivan Krastev è Presidente del Centre for Liberal Strategies di Sofia e Fellow dell’ IWM Institute of Human Sciences di Vienna. È membro fondatore del Board di ECFR e del Board of Trustees dell’International Crisis Group. È autore di Is It Tomorrow Yet? Paradoxes of the Pandemic”È editorialista del New York Times e del Financial Times.

Mark Leonard è Direttore dell’European Council on Foreign Relations (ECFR), il primo think tank paneuropeo. I suoi argomenti di interesse includono geopolitica e geoeconomia, Cina, politica e istituzioni dell’UE. Il suo ultimo libro, “The Age of Unpeace”, ha ricevuto un grande successo dalla critica ed è stato inserito nella lista di “letture obbligatorie” del Financial Times. Mark presenta anche il podcast settimanale di ECFR, World in 30 Minutes.

GRAFICI PER I MEDIA

ECFR ha prodotto grafici relativi al sondaggio, che sono gratuiti per l’uso sui media. È possibile accedervi qui.

SONDAGGIO E METODOLOGIA 

Questo studio si basa su un sondaggio di opinione pubblica condotto online su una popolazione adulta (di età pari o superiore a 18 anni) a maggio 2025 in 12 Paesi europei (Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Ungheria, Italia, Polonia, Portogallo, Romania, Spagna, Svizzera e Regno Unito). Il campione complessivo comprendeva 16.440 intervistati.

I sondaggi sono stati condotti da Datapraxis e YouGov in Danimarca (1.015; 15-22 maggio); Francia (1.511; 15-27 maggio); Germania (2.053; 15-23 maggio); Ungheria (1.028; 15-27 maggio); Italia (1.541; 15-26 maggio); Polonia (1.508; 15-29 maggio); Portogallo (1.010; 16-28 maggio); Romania (1.021; 15-27 maggio); Spagna (1.523; 15-22 maggio); Svizzera (1.159; 15-27 maggio) e Regno Unito (2.064; 15-19 maggio). I sondaggi sono stati condotti da Datapraxis e Norstat in Estonia (1.007; 19-29 maggio).

PARTNER 

Per questo progetto, ECFR ha collaborato con Calouste Gulbenkian Foundation, l’International Center for Defence, Il Dipartimento Federale degli Affari Esteri della Svizzera, e Think Tank Europa

ECFR non assume posizioni collettive. Le pubblicazioni di ECFR rappresentano il punto di vista degli autori.