Nuovo sondaggio ECFR: Transatlantic twilight: European public opinion and the long shadow of Trump (riassunto)
Un nuovo sondaggio ECFR evidenzia la diffusa (ma non universale) rivalutazione delle relazioni transatlantiche da parte degli europei e le ampie possibilità per il nuovo presidente degli Stati Uniti di dividerli, se non collaborano tra loro
- Un sondaggio multinazionale condotto in 11 Stati membri dell’UE più Ucraina, Svizzera e Regno Unito ha evidenziato unità tra questi paesi nel supportare Kiev verso negoziati di pace, ma divisioni su un approccio comune post-conflitto nei confronti di Ucraina e Russia.
- Il report rivela un cambiamento dell’opinione degli europei sugli USA dopo il ritorno di Trump alla Casa Bianca, che vedono ora Washington come un “partner necessario” piuttosto che un “alleato”. Lo studio esamina anche gli atteggiamenti verso Cina e Russia.
- I risultati suggeriscono che la nuova amministrazione Trump potrebbe mettere gli europei gli uni contro gli altri su questioni chiave. I leader europei dovranno prepararsi e, se necessario, tenersi pronti a contrattare.
- I coautori ed esperti di politica estera, Jana Puglierin, Arturo Varvelli e Pawel Zerka, nella loro analisi sottolineano che i leader europei dovrebbero accettare le divergenze incombenti tra UE e Stati Uniti e che l’Europa dovrebbe abbracciare il pragmatismo in risposta alle ambizioni unilaterali di Washington.
- Il 12 febbraio 2025 ECFR terrà un webinar finalizzato ad esplorare i risultati di questo sondaggio, con la partecipazione dei tre autori. È possibile trovare maggiori dettagli su questo evento e RSVP per partecipare qui.
Secondo un nuovo sondaggio multinazionale dal titolo ‘Transatlantic twilight: European public opinion and the long shadow of Trump’, pubblicato oggi dall’European Council on Foreign Relations (ECFR), il ritorno delle politiche “America first” di Donald Trump e il suo approccio unilaterale alle relazioni internazionali hanno sconvolto il modo in cui l’Europa vede l’Alleanza transatlantica.
Il sondaggio, che raccoglie dati di 14 Paesi tra cui Germania, Francia, Italia, Polonia, Portogallo, Spagna, Danimarca, Estonia, Romania, Bulgaria, Ungheria, Ucraina, Svizzera e Regno Unito, rivela che la maggior parte dei cittadini dell’UE ora considera gli Stati Uniti un “partner necessario” (50% in media negli 11 Paesi europei intervistati), piuttosto che un “alleato” (21%), e questo crea un’apertura per un approccio più “pragmatico” e “transazionale” nelle questioni globali.
Lo studio di ECFR rileva anche opinioni divergenti sulla portata e la forma dell’impegno dell’UE con la Cina: gli Stati dell’Europa meridionale e sud-orientale, tra cui Bulgaria, Ungheria, Romania, Spagna e Italia, mostrano una visione più positiva del gigante asiatico rispetto a quelli più a ovest o a nord, come Danimarca e Germania, dove la maggioranza vede invece la Cina come un rivale o un nemico dell’UE. Una simile divisione è presente anche sul tema dell’Ucraina. Se gli europei sono in gran parte concordi nell’aspettarsi negoziati di pace, le opinioni su cosa tali negoziati dovrebbero comportare e come dovrebbero concludersi variano notevolmente. I leader europei devono tenere in considerazione questi dati, soprattutto se Trump aumenta la pressione per i negoziati.
Gli autori del report Jana Puglierin, Arturo Varvelli e Pawel Zerka, Senior Policy Fellow di ECFR ed esperti di politica estera, sostengono nella loro analisi che non c’è motivo di credere che Donald Trump abbia cambiato la propria opinione sull’UE rispetto al suo primo mandato, durante il quale la definì un “nemico” e descrisse Bruxelles come “un inferno”. Lui e la sua amministrazione si oppongono all’ambizione dell’Europa per una transizione green, al suo presunto “wokeism” e alla sua regolamentazione della “libertà di parola”, in particolare sui social media.
Gli autori suggeriscono che gli europei dovrebbero aspettarsi di dover affrontare sfide strategiche, economiche e politiche, provenienti dalle linee “America first” del Presidente degli Stati Uniti e rendersi conto della divergenza sempre più netta tra gli interessi di queste due potenze. In questo nuovo mondo, l’Europa dovrà reagire, affrontare la crisi di fiducia nella sua influenza globale e gestire le sue numerose faglie in modo pragmatico e creativo. Puglierin, Varvelli e Zerka affermano che, per orientarsi in questo panorama complesso, la collaborazione tra europei ottimisti e quelli più pragmatici sarà fondamentale. Gli autori ritengono che le opportunità di cooperazione flessibile tra coloro che sono disposti e preparati ad agire insieme dovrebbero essere prese in considerazione molto seriamente. Ad esempio, Germania, Francia e Polonia stanno già esplorando nuovi format diplomatici, con la Polonia che si avvicina ai Paesi nordici e al Regno Unito in quello che sembra essere l’intento di creare una coalizione di forze finalizzata a sostenere lo sforzo bellico dell’Ucraina contro Mosca.
Gli autori avvertono inoltre che i leader europei dovranno fare attenzione a non accelerare la frammentazione del blocco. C’è una linea sottile tra l’intergovernamentalismo pragmatico e una marginalizzazione incurante delle istituzioni e dei processi dell’UE: queste formule dovrebbero supportare il ruolo dell’UE, non sostituirlo. Cosa ancora più importante, i singoli leader nazionali devono resistere alla tentazione di stabilire relazioni privilegiate con Trump a spese di altri alleati europei, e concentrarsi sulla negoziazione e sull’approccio all’alleanza da un punto di vista transazionale, concludono.
I principali risultati del sondaggio multinazionale sono i seguenti:
- Nell’era Trump 2.0, gli europei vedono gli Stati Uniti più come un “partner necessario” che come un “alleato”. Questa è la visione prevalente in ogni Stato membro sondato, comprese le tradizionali roccaforti transatlantiche, come la Polonia (45% “partner necessario” contro 31% “alleato”) e la Danimarca (53% contro 30%), che un anno e mezzo fa vedevano gli Stati Uniti principalmente come un alleato. I più propensi a vedere gli Stati Uniti sotto questa luce si trovano in Ucraina (67% “partner necessario” contro 27% “alleato”), Spagna (57% contro 14%), Estonia (55% contro 28%), Portogallo (55% contro 18%) e Italia (53% contro 18%). Anche nel Regno Unito, che vanta una “relazione speciale” con gli Stati Uniti, la visione prevalente è quella di “partner necessario” (44%) piuttosto che alleato (37%).
- Gli europei ritengono che i negoziati di pace tra Kiev e Mosca siano imminenti. Alla domanda sull’esito più probabile della guerra, la maggioranza o la pluralità ovunque indicano un “accordo di compromesso”, piuttosto che la vittoria della Russia o dell’Ucraina. Anche nei Paesi più ostili alla Russia come Estonia (il 52% pensa che un accordo negoziato sia il risultato più probabile), Danimarca (55%), Polonia (44%) o, andando oltre l’UE, il Regno Unito (49%), i cittadini sembrano essere d’accordo con la prospettiva dei negoziati di pace. Detto questo, gli europei in alcuni Stati sono fermi sulla necessità di sostenere Kiev nel continuare a combattere, in modo che possa riconquistare i suoi territori perduti. L’opinione che questo dovrebbe essere l’approccio dell’Europa, piuttosto che sostenere negoziati di pace, è più pronunciata in Estonia (53%), Danimarca (47%), Polonia (40%), Regno Unito (38%) e Portogallo (37%).
- Mentre gli europei appaiono uniti sui negoziati di pace, si registrano divisioni sull’approccio post-conflitto verso Ucraina e Russia. Il 47% dei francesi e il 50% degli italiani, i cui governi hanno svolto un ruolo molto attivo nel sostenere Kiev, premono per riconoscere l’Ucraina come Paese europeo. Nel frattempo, molti in Bulgaria e Ungheria vedono la Russia come un alleato o un partner necessario dell’UE, piuttosto che un rivale o avversario. Bulgaria e Ungheria sono anche gli unici due Paesi intervistati dove la maggioranza considera l’Ucraina almeno altrettanto responsabile della Russia per la guerra in corso, in linea con quanto sostenuto da Mosca.
- Si registrano divergenze di opinioni tra gli Stati membri dell’UE sul fatto che il ritorno di Trump sia una cosa “positiva” o “negativa”. Questa divisione è particolarmente forte tra l’Europa sud-orientale, dove il “fan-club” di Trump è più ampio, e gli oppositori nelle parti settentrionali e occidentali della regione. I più propensi a considerare la rielezione di Trump come positiva per gli americani, il proprio Paese e la pace a livello globale sono gli ungheresi (rispettivamente 51%, 47%, 49%), i bulgari (47%, 28%, 45%) e i rumeni (43%, 32%, 45%). Dal lato opposto, il 53% dei cittadini in Danimarca pensa che questa avrà conseguenze negative per gli americani, il 66% per il proprio Paese e il 62% per la pace mondiale, il che è simile alle opinioni nel Regno Unito (53%, 54%, 58%) e in Germania (48%, 64%, 55%). L’europeo medio è più propenso a considerare il ritorno di Trump come una cosa negativa piuttosto che positiva in ciascuno dei tre casi.
- Gli elettori di estrema destra europea sono i più grandi sostenitori di Donald Trump. Meno di un quinto degli elettori di Fidesz, PiS, Konfederacja e Fratelli d’Italia ritiene che la sua rielezione abbia effetti negativi per gli elettori americani, per il proprio Paese o per la pace a livello globale. Tuttavia, i sostenitori di AfD e Rassemblement National si distinguono per avere una pluralità di elettori (rispettivamente il 37% e il 35%) che ritengono che il ritorno al potere di Trump non sia positivo per il proprio Stato, mentre una minoranza (rispettivamente il 28% e il 20%) crede che sia positivo.
- Gli europei sono divisi sulla Cina e sul suo rapporto con l’UE. Mentre il 43% dei cittadini dell’UE vede la Cina come un “partner necessario” o un “alleato” dell’UE, il 35% ritiene che la superpotenza sia un “rivale” o persino un “avversario”. La Cina è vista positivamente negli Stati dell’Europa meridionale come Bulgaria, Ungheria, Spagna, Romania, Italia e Portogallo, dove rispettivamente il 59%, il 54%, il 50%, il 49%, il 49% e il 45% degli intervistati definiscono Pechino un “partner necessario” o un “alleato”. Ma in alcune altre economie europee, tra cui Germania, Danimarca, Regno Unito e Francia, la maggior parte ha una visione opposta, con rispettivamente il 55%, il 52%, il 45% e il 45% che vedono la Cina come un “rivale” o un “avversario”.
- Il sondaggio identifica quattro gruppi di europei, distinti sulla base di come vedono l’UE e il suo ruolo nel mondo. Gli “euro-ottimisti” rappresentano il gruppo più grande (il 30% degli intervistati in media, soprattutto in Estonia, Danimarca, Ucraina, Spagna e Portogallo), credono che l’UE sia una grande potenza e che un crollo entro i prossimi due decenni sia improbabile. Gli “euro-pessimisti” (22%) sono composti da coloro che credono che l’UE non sia una potenza e sia destinata a fallire. Questo atteggiamento è diffuso soprattutto tra i sostenitori dei partiti di estrema destra più radicali o scettici, come AfD, Rassemblement National, PiS, Konfederacja, Fidesz e Vox, e rappresenta almeno un quarto dei cittadini in Bulgaria, Francia, Germania, Ungheria e Polonia, insieme a Regno Unito e Svizzera. Gli “euro-realisti” non pensano che l’UE sia destinata a fallire, anche se non la vedono nemmeno come una grande potenza, e rappresentano in media un sesto (17%) della popolazione dell’UE, con numeri particolarmente elevati in Danimarca, Ucraina, Polonia e Germania. Infine, gli “euro-mortalisti” credono che l’UE sia vulnerabile al crollo ma, allo stesso tempo, la vedono come una grande potenza paragonabile agli Stati Uniti o alla Cina. Rappresentano in media l’11% della popolazione europea, con numeri particolarmente elevati in Romania, Bulgaria e Portogallo.
- Il report sottolinea che questi risultati non sono del tutto negativi, poiché lo scetticismo sul potenziale dell’UE potrebbe essere in realtà una valutazione realistica dei limiti interni e delle sfide che ci attendono nell’era Trump 2.0. “Mentre il crepuscolo cala sulle relazioni transatlantiche e né il luminoso impulso né il fatalismo più nero offrono vie praticabili per andare avanti”, concludono gli autori, “le opinioni degli euro-realisti e degli euro-mortalisti potrebbero aiutare a illuminare il percorso. Riunendoli con gli euro-ottimisti più fiduciosi sul futuro dell’Europa, i leader più pragmatici possono costruire ampie maggioranze a favore di un’azione concertata”.
Arturo Varvelli, coautore e Senior Policy Fellow di ECFR, commentando i risultati del sondaggio ha aggiunto:
“Il nostro nuovo sondaggio evidenzia un notevole cambiamento nell’opinione pubblica e soprattutto la potenziale fine della Transatlantic Alliance. Il fatto che gli europei oggi vedano gli Stati Uniti più come un “partner necessario” che come un “alleato” è indice di un crollo della fiducia nella politica estera di Washington.
Questa scoperta da sola dovrebbe far riflettere sulla necessità che l’Europa adotti maggiore pragmatismo e autonomia nelle relazioni internazionali, al fine di proteggere i suoi cittadini e i suoi valori”.
Jana Puglierin, coautrice e Senior Policy Fellow presso ECFR, ha dichiarato:
“Le recenti azioni di Donald Trump nei confronti degli storici alleati degli Stati Uniti dimostrano che la comunità atlantica non è più sostenuta da valori condivisi.
Nell’era Trump 2.0 regna la transazionalità e gli europei sarebbero propensi a rispondere a tono. Per i leader dell’UE sarà necessario un cambiamento di posizione, lontano dallo status quo guidato da Washington, verso uno che metta in mostra l’unità interna e la capacità dell’Europa di esercitare la propria influenza sulla scena mondiale”.
Pawel Zerka, lead analyst di ECFR sull’opinione pubblica, coautore e Senior Policy Fellow, ha affermato:
“La trumpizzazione dell’Europa è in pieno svolgimento. Non consiste solo nel successo riscosso dai partiti e dalle politiche di estrema destra, ma riguarda anche la maggiore disposizione delle persone ad adottare un approccio transazionale alle relazioni transatlantiche. E riguarda anche la crescente aspettativa che la guerra in Ucraina debba finire, come Trump continua a sostenere, attraverso negoziati di pace.
Nonostante tristezza e pessimismo per il suo ritorno, non mancano tuttavia interessanti opportunità: per l’UE, di imparare il pragmatismo in politica estera; per i suoi leader, di chiarire ai loro elettori la posta in gioco dei diversi tipi di pace in Ucraina e della dipendenza dell’Europa dagli Stati Uniti in materia di sicurezza; e per i partiti pro-europei, di rinnovare i loro legami con gli elettori differenziandosi dall’estrema destra trumpiana”.
AUTORI
Jana Puglierin è Senior Policy Fellow presso l’European Council on Foreign Relations e Direttrice dell’ufficio di Berlino. Dirige inoltre il progetto Re:Order dell’ECFR, che esplora le visioni emergenti dell’ordine globale, nonché l’interazione tra potenza economica e influenza geopolitica.
Arturo Varvelli è Senior Policy Fellow per l’European Council on Foreign Relations e Direttore dell’ufficio di Roma. I suoi interessi di ricerca includono geopolitica e affari internazionali, relazioni internazionali della regione MENA, relazioni UE-MENA, politica estera italiana nei confronti della MENA e movimenti terroristici transnazionali. Il suo focus principale è la Libia, un Paese su cui ha lavorato ampiamente, analizzandone la politica interna ed estera e in particolare le relazioni italo-libiche.
Pawel Zerka è Senior Policy Fellow presso l’European Council on Foreign Relations. In qualità di lead analyst di ECFR sull’opinione pubblica, Zerka guida i sondaggi e la ricerca sui dati dell’organizzazione sugli affari esteri. Le sue altre aree di studio includono la politica commerciale globale, la politica latinoamericana e il ruolo della Polonia e della Francia nell’Unione europea. Con sede a Parigi, fa parte del team ECFR dal 2017, avendo lavorato in precedenza come esperto di politica estera in Polonia.
INTERVISTE
Gli esperti di ECFR sono disponibili per interviste con i media radiotelevisivi, digitali e cartacei interessati. Si prega di contattare ECFR Communications al seguente indirizzo: [email protected]
SONDAGGIO E METODOLOGIA
Questo report si basa su un sondaggio dell’opinione pubblica condotto tra la popolazione adulta (di età pari o superiore a 18 anni) nel novembre 2024 in 14 Paesi europei (Bulgaria, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Ungheria, Italia, Polonia, Portogallo, Romania, Spagna, Svizzera, Ucraina e Regno Unito). Il campione complessivo comprendeva 18.507 intervistati.
I sondaggi sono stati condotti da Datapraxis e YouGov in Bulgaria (1.014; 7-29 novembre); Danimarca (1.099; 7-26 novembre); Francia (2.017; 7 novembre-2 dicembre); Germania (2.003; 7-28 novembre); Ungheria (1.023; 7-28 novembre); Italia (1.531; 7-29 novembre); Polonia (1.063; 7-29 novembre); Portogallo (1.000; 7-27 novembre); Romania (1.010; 7-26 novembre); Spagna (1.030; 7-27 novembre); Svizzera (1.082; 8-26 novembre) e Regno Unito (2.073; 7-26 novembre). I sondaggi sono stati condotti da Datapraxis e Norstat in Estonia (1.061; 11 novembre – 5 dicembre) e da DataPraxis e Rating Group in Ucraina (1.501; 15-20 novembre).
In Ucraina, i sondaggi sono stati condotti da DataPraxis e Rating Group (1.501; 15-20 novembre) tramite interviste telefoniche (CATI), con utenti selezionati utilizzando numeri di telefono generati casualmente. I dati sono stati quindi ponderati in base ai dati demografici di base. È difficile tenere pienamente conto dei cambiamenti della popolazione dovuti alla guerra, ma sono stati apportati degli aggiustamenti in proporzione al territorio sotto occupazione russa. Questo metodo, combinato con l’approccio di campionamento basato sulla probabilità, rafforza il livello di rappresentatività del sondaggio e riflette a livello generale l’opinione pubblica ucraina in condizioni di guerra.
La suddivisione in diversi “gruppi UE” utilizzata si basa sulle risposte a due domande: (1) “Quale delle seguenti riflette meglio la tua opinione sulla posizione dell’UE a livello mondiale?” (a) L’UE è una potenza che può trattare ad armi pari con le altre potenze globali, come gli Stati Uniti o la Cina; (b) L’UE NON è una potenza che può trattare ad armi pari con le altre potenze globali, come gli Stati Uniti o la Cina; (c) Non so; e (2) “Guardando al futuro, quanto pensi sia probabile che nei prossimi vent’anni l’Unione europea crollerà?” (a) Molto probabile; (b) Abbastanza probabile; (c) Abbastanza improbabile; (d) Molto improbabile; (e) Non so. Gli intervistati sono stati inseriti in quattro diversi gruppi in base ai seguenti criteri:
- “Euro-ottimisti”: se considerano l’UE una potenza e pensano che sia improbabile che crolli;
- “Euro-pessimisti”: se NON considerano l’UE una potenza e pensano che sia probabile che crolli;
- “Euro-realisti”: se NON considerano l’UE una potenza ma pensano che sia improbabile che crolli;
- “Euro-mortalisti”: se considerano l’UE una potenza ma pensano che sia probabile che crolli.
Gli altri intervistati, che hanno risposto “Non so” ad almeno una delle due domande, non sono stati inseriti in nessuno di questi quattro gruppi, ma sono stati considerati come “Altro”.
GRAFICA PER I MEDIA
ECFR ha prodotto grafici correlati al sondaggio, che sono gratuiti per l’uso sui media. È possibile accedervi qui.
PARTNER
Per questo progetto, ECFR ha collaborato con Calouste Gulbenkian Foundation, International Center for Defence and Security, Stiftung Mercator, e Think Tank Europa.
ECFR non assume posizioni collettive. Le pubblicazioni di ECFR rappresentano il punto di vista degli autori.