Il silenzio delle armi: la riconciliazione a Sinjar nel post ISIS

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In breve

La guerra contro l’ISIS ha causato lo sfollamento del 15% della popolazione irachena. Al mese di settembre 2018, quattro milioni gli iracheni hanno fatto ritorno nel proprio paese. Tuttavia, tra questi non vi sono gli abitanti di Sinjar e molti degli appartenenti alla minoranza religiosa yazida.

Il loro ritorno a casa ed il processo di riconciliazione, attraverso un sistema di giustizia, accountability e protezione dei diritti di proprietà terriera, sono vitali per il mantenimento della natura peculiare di questo distretto multietnico e pluriconfessionale.

In un nuovo rapporto del Programma MENA di ECFR, l’autrice Rania Abouzeid analizza una delle aree dell’Iraq più complesse e contese, dove centinaia di migliaia di sfollati stanno cercando di ricostruire le proprie vite. La riuscita di tale sforzo dipende dalla risoluzione di alcuni tra i più importanti problemi politici, economici e sociali che toccano l’Iraq, specialmente quelli derivanti dalla presenza dell’ISIS in alcune parti del paese.

La situazione attuale denota l’esistenza di più ampie sfide poste al governo iracheno e alla comunità internazionale nel tentativo di riportare il paese ad un certo grado di stabilità. L’eventuale fallimento nell’affrontare tali questioni si tradurrà in una situazione di continua instabilità, che porterà con sé il rischio dell’emergenza di nuove forme di estremismo e crescita delle ondate migratorie – cui l’Europa costituisce la destinazione principale.

I problemi locali presenti a Sinjar richiedono soluzioni e contributi tanto nazionali quanto regionali. Coloro che hanno contribuito alla distruzione della regione, inclusi diversi stati occidentali, non hanno soltanto un dovere morale di contribuire alla ricostruzione materiale e sociale dell’area – ma anche un interesse vitale nel farlo.

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AUTRICE:

Rania Abouzeid è una giornalista di base a Beirut, autrice di No Turning Back: Life, Loss, And Hope in Wartime Syria. Negli ultimi quindici anni ha seguito il Medio Oriente e l’Asia meridionale; ha ottenuto diversi riconoscimenti tra cui il Michael Kelly Award ed il George Polk Award.

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