Giochi di potere: la diplomazia climatica europea nel Golfo

Se l’UE vuole raggiungere i propri obiettivi climatici e geopolitici, dovrà incrementare considerevolmente il proprio impegno con gli Stati del Golfo sul Green Deal europeo

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  • Le monarchie del Golfo sono convinte che gli idrocarburi continueranno per decenni ad essere una fonte fondamentale di entrate, seppur in progressiva diminuzione.
  • Ciononostante, come dimostra l’impegno dell’Arabia Saudita verso l’obiettivo delle zero emissioni, questi Paesi intravedono opportunità economiche e politiche nell’abbracciare la transizione energetica.
  • Se l’UE vuole raggiungere i propri obiettivi climatici e geopolitici, dovrà incrementare considerevolmente il proprio impegno con gli Stati del Golfo sul Green Deal europeo.
  • L’interconnessione elettrica e l’idrogeno verde rappresentano i fronti più promettenti di cooperazione tra le parti in materia di energia pulita.
  • Gli europei non dovrebbero cedere alle pressioni internazionali per abbassare le proprie ambizioni sulla tassazione delle emissioni di carbonio, compreso il Meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM), poiché si tratta di un forte incentivo per i produttori di idrocarburi ad attuare la transizione verso un’energia più pulita.

Per i Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG) era chiaro che l’obiettivo chiave del Green Deal europeo – assicurare che l’UE diventi carbon neutral entro il 2050 – avrebbe comportato una battaglia all’industria petrolchimica e ai combustibili fossili come fonti di energia primaria. Questi stessi Paesi erano altresì preoccupati che la spinta normativa dell’UE verso le energie rinnovabili avrebbe accelerato l’allontanamento globale dai combustibili fossili. 

Tuttavia, i Paesi del CCG vedono ora il Green Deal europeo come una potenziale opportunità. Con la domanda globale di petrolio in declino, i preparativi per un’era post-petrolio – che credono necessiti ancora di alcuni decenni prima di diventare realtà – stanno lentamente divenendo una priorità per i governi del CCG.

Nel suo ultimo policy brief “Power play: Europe’s climate diplomacy in the Gulf”, Cinzia Bianco, Visiting Fellow di ECFR, analizza come l’UE potrebbe utilizzare il  Green Deal europeo per rafforzare la propria influenza nel Golfo e compensare in parte la crescente dipendenza del CCG dalla Cina e dal resto dell’Asia quali ultimi grandi importatori di petrolio e gas.

Secondo Bianco, così come altri grandi produttori di combustibili fossili, gli Stati del CCG dovrebbero ricevere grande attenzione da parte dell’UE, che si sta posizionando come un campione della sostenibilità. Questi Paesi non sono solo i principali attori nel mercato globale del petrolio e del gas, il che fa di loro grandi esportatori di emissioni, ma hanno anche un grande potenziale per accelerare la transizione verde. Sviluppando una strategia per adattare la propria politica estera al Green Deal, l’UE può promuovere i suoi interessi climatici, economici e geopolitici nel Golfo.

Le principali raccomandazioni per l’UE sono:

  • Creare una narrativa win-win: Gli europei dovrebbero usare la public diplomacy per dissipare i pregiudizi più pericolosi dei Paesi del CCG a proposito del Green Deal europeo. L’obiettivo “net-zero” dell’accordo è facile da comprendere, ma non si può dire lo stesso sulla portata della sua strategia di attuazione – che potrebbe riguardare priorità del CGG quali, ad esempio, la sicurezza alimentare e idrica. Dato che gli Stati del Golfo vedono spesso l’accordo come uno strumento di tassazione verde piuttosto che di crescita verde, gli europei dovrebbero intensificare le campagne di diplomazia pubblica come quelle che l’UE ha avviato sulla biodiversità, la plastica monouso e la qualità dell’aria – assicurandosi di coinvolgere anche la società civile locale in queste iniziative.
  • Promuovere il CBAM in quanto prodotto finanziario: L’UE non dovrebbe cedere alle pressioni internazionali volte a diminuire le proprie ambizioni sulla tassazione del carbonio, incluso il CBAM. Gli europei dovrebbero trasformare il proprio impegno con gli stati del CCG sul prezzo del carbonio promuovendo le potenzialità del CBAM come prodotto finanziario. Questo approccio è visto con maggior favore dai Paesi del CCG e si adatterebbe alla loro azione, sia precedente sia attuale, sullo scambio di emissioni di carbonio e sull’economia circolare del carbonio.
  • Cooperare con i Paesi del CCG per aumentare gli investimenti sostenibili: secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, la spinta a raggiungere le zero emissioni entro il 2050 richiederà che gli investimenti energetici globali salgano ad almeno 5 trilioni di dollari e rimangano stabili a quella quota. Questa cifra è il doppio dell’importo attuale e cinque volte quanto stipulato dall’UE nell’ambito del Green Deal europeo. Grazie alla notevole liquidità e a economie finanziariamente avanzate, i Paesi del CCG dovrebbero essere partner naturali per un’Europa che aumenta i propri investimenti verdi. Gli europei dovrebbero sfruttare il Dialogo UE-CCG sul commercio e gli investimenti, lanciato nel maggio 2017, per discutere un quadro comune di criteri Environmental Social e Governance (ESG).
  • Puntare sull’idrogeno verde: l’idrogeno verde potrebbe essere cruciale per gli sforzi dell’UE volti al raggiungimento delle zero emissioni e per le spinte dei Paesi del CCG a ridurre la propria dipendenza dalle esportazioni di petrolio e gas. Il fatto che l’unico sottoprodotto dell’idrogeno verde sia l’acqua pulita è potenzialmente importante per i Paesi mediorientali che soffrono di insicurezza idrica, e ha un significativo valore politico in un’Europa che cerca di raggiungere le zero emissioni entro il 2050. Gli europei dovrebbero mandare un segnale forte al CCG sull’ intenzione di importare grandi quantità di idrogeno verde entro un periodo di tempo non troppo lontano. L’UE dovrebbe impegnarsi con i paesi del CCG in qualità di partner privilegiati sull’idrogeno verde, cooperando in tutte le fasi della catena del valore –  in particolare la capacità di stoccaggio, la tecnologia di trasporto, il trasferimento di tecnologia e i sistemi di certificazione.

Queste scelte renderebbero nuovamente l’UE un mercato di esportazione chiave per il CCG – un aspetto che il blocco europeo potrebbe utilizzare come nuova leva di influenza sulle monarchie del Golfo. L’UE dovrebbe guadagnare influenza sulla strategia del CCG per lo sviluppo delle infrastrutture energetiche che collegano il Golfo all’Europa. Gli europei dovrebbero altresì spingere per la connettività intra-regionale: questo potrebbe ridurre il rischio geopolitico attraverso la diversificazione, collegando la diminuzione delle tensioni regionali a maggiori guadagni economici.

Secondo Cinzia Bianco, “Lo sviluppo del Green Deal quale strumento di politica estera è fondamentale per il futuro dell’Europa come potenza globale. Una cooperazione mirata sull’accordo potrebbe essere di cruciale importanza per le economie del Golfo. L’Europa dovrebbe senza dubbio continuare a rimarcare l’instabilità regionale e i diritti umani nel suo dialogo con gli Stati del CCG, anziché permettere che queste questioni cadano nel dimenticatoio ed al contempo cercare di convincere questi paesi a partecipare alla transizione verde. L’UE e gli Stati membri dovrebbero mettere il Green Deal al centro del proprio impegno con il Golfo. Questo potrebbe permettere loro di amplificare la propria influenza sulle monarchie del Golfo, mentre gli Stati Uniti riducono la loro presenza in Medio Oriente e la Cina si addentra nell’area“.

ECFR non assume posizioni collettive. Le pubblicazioni di ECFR rappresentano il punto di vista degli autori.