Accordi sugli investimenti con la Cina: gli interessi europei

Per negoziare un trattato significativo, l’Europa deve unirsi attorno ad un mandato negoziale che concili i diversi interessi

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La crisi dell'euro del 2010 ha provocato una “corsa all'Europa”: gli Stati membri UE indebitati, in particolare quelli della cosiddetta periferia, si ritrovarono alla disperata ricerca di investimenti, soprattutto per il debito sovrano e per le infrastrutture. La corsa agli investimenti cinesi si è poi diffusa dalle periferie al centro. Il Regno Unito guida il fenomeno; anche la Francia sta ora puntando ad investimenti cinesi per le infrastrutture: nel dicembre 2014, il governo francese ha annunciato la vendita ad un consorzio cinese del 49,9% delle quote dell’aeroporto di Tolosa. L’aeroporto di Lione è pronto a seguire l’esempio.


La firma di un Trattato Bilaterale sugli Investimenti (TBI) con la Cina costituisce per l’Europa una questione urgente. La Cina, che preferisce trattare bilateralmente con gli Stati membri dell'UE, fino a poco tempo fa era riluttante ad accettare un accordo con l’UE. Tuttavia, l'emergere di una serie di grandi accordi commerciali, come il TTIP, sembra aver fatto cambiare idea a Pechino. Poiché la strategia cinese a lungo termine “go-global” si sta spostando dai produttori di risorse ai mercati sviluppati, e poiché il renminbi si sta rafforzando, la Cina ha sempre più bisogno di investire in Europa.

In The European interest in an investment treaty with China” François Godement e Angela Stanzel, analizzano i punti di forza su cui gli europei possono contare per negoziare il tanto desiderato TBI con la Cina.

Secondo gli autori:

•    La competizione tra gli Stati membri incide direttamente sui negoziati del TBI, in quanto indebolisce la forza dell'UE: la Cina infatti fa leva sulle relazioni bilaterali ogni volta che le discussioni a livello europeo sono in fase di stallo. L'Europa adesso deve trasformare queste divisioni in una posizione negoziale comune.

•     Tra le priorità dell'UE, l’inclusione nel TBI del meccanismo di risoluzione delle controversie tra investitori e Stato, ed un maggiore accesso delle imprese europee nel mercato cinese, attualmente limitato. L'UE dovrebbe inoltre dare priorità alla trasparenza dei flussi di capitale e all’identificazione degli investitori nei negoziati per il TBI.


•     L'UE deve massimizzare la sua forza negoziale: l'UE dispone di elementi negoziali positivi, come i bond speciali per attrarre investimenti cinesi e i progetti infrastrutturali nazionali; al contempo, dovrebbe rimanere salda sulle proprie posizioni, e dimostrare che può farcela anche senza la Cina, proseguendo con altri accordi di libero scambio, come quello con il Giappone, e con il TTIP.


Secondo gli autori: “la Cina è un attore globale come lo è anche l’UE. I negoziati su commercio e investimenti non possono essere isolati dalle trattative con soggetti terzi. Gli operatori economici cinesi, che da imprese statali si trasformano in aziende multinazionali, in fondi sovrani o in attori privati di diversa natura, si trovano ora in una fase decisiva di internazionalizzazione di capitale in quanto la Cina continua a mantenere un surplus del conto delle partite correnti. La Cina non può più sostenere il vecchio modello di grandi investimenti nelle economie europee mentre comincia a favorire l'accesso diretto delle imprese europee nel proprio mercato.”

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Angela Stanzel:  [email protected]

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