Quale futuro per l’Egitto

L’UE deve sviluppare una nuova politica sull’Egitto

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Mentre l’Egitto si prepara per il referendum costituzionale della prossima settimana, le proteste dei sostenitori dei Fratelli Musulmani continuano a dilagare nel paese. La Fratellanza annuncia nuove manifestazioni e si attendono ulteriori scontri. La decisione di fine dicembre di annoverare la Fratellanza Musulmana tra le organizzazioni terroristiche, delinea un’ulteriore intensificazione del contrasto messo in atto dalle autorità egiziane. Sei mesi dopo la deposizione per mano dei militari del primo presidente democraticamente eletto, le nuove autorità sono ansiose di dare un’immagine di un paese tornato sulla via della democrazia. Ma é davvero questa la direzione? Come può l’Europa aiutare l’Egitto nei mesi a venire?

Nel nuovo policy memo di ECFR “Egypt’s unsustainable crackdown Anthony Dworkin e Hélène Michou sostengono che il tentativo delle autorità di ristabilire l’ordine pubblico attraverso la repressione non potrà aver successo. L’Egitto non può sperare di creare un ordine democratico stabile mentre debella l’organizzazione dei Fratelli Musulmani. Una strategia di questo tipo aumenterà i disordini e le violenze. Partendo da queste considerazioni, l’UE dovrebbe stabilire una nuova linea politica verso l’Egitto.

Le dinamiche politiche e il ruolo dei Fratelli Musulmani

  • L’Egitto non si sta muovendo in modo significativo verso la democrazia e la stabilità. Infatti, il paese rimane sotto il controllo di una leadership militare che ha gestito un duro giro di vite tra i Fratelli Mussulmani e che adesso sembra stia addirittura cercando di escluderli permanentemente dalla vita politica del paese.
  • Una nuova, controversa, Costituzione è in forma di bozza e sarà sottoposta a referendum la prossima settimana. Seguiranno le elezioni parlamentari e presidenziali ma sicuramente la repressione di voci alternative non si tradurrà in una soluzione politica capace di superare le profonde divisioni politiche e sociali.
  • Sebbene ci siano molte incertezze sulla direzione che prenderà l’Egitto, è chiaro che le potenti forze di sicurezza del Paese avranno un’influenza decisiva sul futuro dell’Egitto. In un contesto di intolleranza popolare e di informazione pubblica fortemente a sostegno dello Stato, è poco probabile che nel breve periodo si possa verificare un allentamento delle misure repressive.

Una visione di lungo termine per le politiche europee

  • L’Europa ha bisogno di guardare all’Egitto attraverso una prospettiva di più lungo periodoe di costruire delle politiche incentrate su quegli elementi fondamentali che prima o poi saranno necessari a far emergere una cornice politica realmente stabile:
  • L’UE dovrebbe porre l’accento sul fatto che la stabilità politica, lo sviluppo economico e la sicurezza saranno possibili solo se le autorità egiziane seguiranno una strada differenteche inglobi una visione politica per la reintegrazione della società egiziana.
  • L’UE dovrebbe resistere alla tentazione di accettare la “normalizzazione”, proposta dalle autorità provvisorie.
  • L’Ue dovrebbe contestare contrastare qualsiasi politica volta a suggerire un ritorno al passatofintanto che lo stato di sicurezza rimarrà la visione predominante.

Secondo Anthony Dworkin “dar credito alle azioni delle autorità egiziane è una forte tentazione per l’Europa. Tali azioni però non porteranno a politiche stabili o ad un miglioramento della sicurezza. Al contrario l’UE dovrebbe concentrarsi sui passi che saranno in definitiva necessari per il progresso dell’Egitto”.

Secondo Hélèn Michou “l’UE sta affrontando la difficile sfida di sostenere al meglio la transizione dell’Egitto senza avallare incondizionatamente la linea politica definita dalle autorità provvisorie. Dal momento che le voci di dissenso sono escluse dalla sfera politica, la leadership egiziana deve riconoscere che la stabilità futura dipenderà in larga parte dall’abilità politica nell’affrontare le cause strutturali dell’ingiustizia e dei deficit democratici”.

Secondo Andrew Hammond “la posta in gioco per il regime è alta dal momento che il referendum è considerato un test della validità dell’ordine stabilito dalle forze armate dopo la deposizione di Morsi, democraticamente eletto lo scorso luglio”.

 

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