Passi falsi: migrazione ed aiuti allo sviluppo

L’Europa non dovrebbe confondere il ruolo degli aiuti allo sviluppo nella riduzione della migrazione obbligata con quello della migrazione globale

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Negli ultimi anni l’UE ed i suoi stati membri hanno lavorato al fine di ridurre il numero dei migranti in arrivo in Europa. Uno dei mezzi scelti per una migliore gestione è stato quello del tentare di eliminare le cause profonde dell’emigrazione attraverso la cooperazione e l’aiuto allo sviluppo con i paesi di origine. Tuttavia, un nuovo rapporto ECFR di Susi Dennison, Shoshana Fine e Richard Gowan dimostra come non vi sia prova in supporto della relazione tra eliminazione delle cause e riduzione degli incentivi ad emigrare. Al contrario, nel rafforzare le competenze e le aspirazioni della popolazione locale, l’aiuto allo sviluppo probabilmente incoraggia l’emigrazione.  

La crisi politica che si è creata nell’Unione Europea attorno al fenomeno migratorio ha incentivato la politica estera e la comunità di sicurezza a rinnovare il suo focus sullo sviluppo e sulla relazione con gli stati africani, creando uno spazio in cui gli europei possano indirizzare investimenti strategici verso settori e programmi che promuovono una relazione produttiva tra migrazione e sviluppo.

A tal fine, l’UE e gli stati membri, dovrebbero utilizzare il dialogo con i paesi del sud globale per esplorare approcci all’immigrazione che servano gli interessi di entrambe le parti, piuttosto che perseguire un semplice allineamento con l’agenda politica europea. Gli stati dell’UE dovrebbero:

  • Riformare e rinominare il Fondo Fiduciario di emergenza dell’UE per l’Africa in modo da assicurare che gli interventi di aiuto allo sviluppo tengano conto delle diverse cause dei movimenti migratori. I dati suggeriscono che i donatori europei hanno un maggiore impatto quando gli aiuti allo sviluppo sono utilizzati per il beneficio comune, invece che mirati a combattere le cause profonde dell’emigrazione. Un primo esempio potrebbe essere quello di includere le rimesse nelle strategie di sviluppo.
  • È necessario evitare politiche che subordinino la mobilità intra-regionale a operazioni di controllo delle frontiere europee sulle rotte migratorie. Questo tipo di mobilità è essenziale allo sviluppo. Una cooperazione tra quest’ultimo e la comunità di sicurezza serve a creare pratiche ed obiettivi che siano complementari. I governi dovrebbero creare accessi sicuri e legali per limitare il traffico di essere umani e la perdita di vite umane. Inoltre, sarebbe utile sviluppare un nuovo approccio allo sviluppo in aree come quella dei flussi migratori circolari.
  • Dove possibile, bisogna mirare ad un allineamento dell’assistenza umanitaria con l’aiuto allo sviluppo. Questa assistenza dovrebbe aiutare i paesi del sud globale, che ospitano grandi comunità di rifugiati, a spostare la propria attenzione da iniziative di breve termine ad altre più sostenibili sul lungo periodo e che forniscano alla popolazione migrante un certo grado di autonomia e la possibilità di contribuire all’economia locale. Gli interventi per lo sviluppo devono includere il supporto a strategie che portino i rifugiati al di fuori dei campi, che in particolare promuovano una regolamentazione favorevole ai casi di permanenza prolungata nei paesi di accoglienza. 

ECFR non assume posizioni collettive. Le pubblicazioni di ECFR rappresentano il punto di vista degli autori.