La coesione europea nell’era COVID

La pandemia rappresenta una minaccia per la coesione europea: aumenta le differenze economiche e mina la fiducia nell’UE e nei governi nazionali

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  • La pandemia rappresenta una minaccia per la coesione europea: aumenta le differenze economiche e mina la fiducia nell’UE e nei governi nazionali.
  • Fortunatamente, la crisi COVID si è scatenata in un momento in cui la coesione europea era ai più alti livelli registrati nel corso dell’ultimo decennio.
  • L’UE ha risposto in modo efficace alla crisi, accordandosi su un fondo di ripresa per gli Stati membri più colpiti.
  • Ciononostante, i Paesi del Nord potrebbero diventare frustrati ; il Sud attraversa una fase di stagnazione economica; nell’Europa Centrale lo stato di diritto rimane traballante.
  • L’UE dovrebbe offrire più sostegno ai propri Stati membri in difficoltà, condizionalmente all’implementazione di riforme strutturali e al rispetto dello stato di diritto.
  • Tutti gli Stati membri hanno interesse a garantire la coesione europea – se non altro date le sfide internazionali che l’Europa deve affrontare.

Il nuovo EU Cohesion Monitor offre più di 20.000 dati sulla coesione europea, fornendo profili interattivi per i 27 Stati membri dell’UE e il Regno Unito, nonché per 16 diversi gruppi di paesi, come l’Eurogruppo o il Visegrad Four.

Nonostante le numerose crisi dell’ultimo decennio e l’ascesa dei partiti euroscettici nel Parlamento europeo e in quelli nazionali, la coesione europea è stata più forte nel 2019 che nel 2007, l’anno precedente la crisi finanziaria mondiale. Basandosi su 12 anni di dati, la quarta edizione dello EU Cohesion Monitor racconta una storia di perseveranza europea di fronte a numerose crisi.

Dal 2016, l’ECFR misura la coesione europea attraverso il tracciamento di una serie di variabili socio-economiche e politiche. Questa nuova edizione copre gli anni dal 2007 al 2019, dunque prima che il COVID-19 colpisse il continente. Il Cohesion Monitor analizza le esperienze, le aspettative, le convinzioni, i livelli di benessere e i trend di voto dei cittadini dell’UE in quanto contributo alla “coesione individuale” – il grado in cui i singoli negli Stati membri sono disposti a rimanere uniti in quanto parte dell’UE. I legami e le pratiche economiche e politiche degli Stati membri all’interno dell’UE rappresentano invece la “coesione strutturale” – la misura in cui i Paesi lavorano in quanto parte integrante dell’UE.

Tuttavia, i livelli di coesione variano nel tempo, e da Paese a Paese, e possono divergere per svariati motivi. Spesso, un basso livello di coesione è il risultato tanto di vulnerabilità preesistenti quanto di cambiamenti politici, economici o sociali improvvisi.

Mentre l’Europa si confronta con la seconda ondata di COVID-19, la crisi pone una triplice sfida alla coesione europea, come approfondiscono Jana Puglierin, Pawel Zerka, Rafael Loss e Claire Busse nel loro policy brief:

La sfida meridionale: Paesi come Spagna, Grecia e Italia –  così come Bulgaria, Romania e Croazia –  sono stati tra i più colpiti dalla crisi in termini economici. Date le loro preesistenti vulnerabilità economiche, essi sono particolarmente a rischio di stagnazione e incremento della disoccupazione, oltre che di un aumento della divergenza rispetto agli Stati membri più ricchi.

La sfida settentrionale: Paesi come l’Austria, la Danimarca, la Finlandia, i Paesi Bassi e la Svezia – e forse anche la Germania –  potrebbero perdere la pazienza con gli Stati membri meno ricchi, vedendoli come costantemente bisognosi di paracadute finanziari, o affetti da corruzione e scarso rispetto dello stato di diritto.

La sfida dell’Europa centrale: la crisi non ha indebolito solo le economie nazionali e la solidarietà europea, ma anche la democrazia, i diritti umani e lo stato di diritto in alcuni Stati membri. In alcuni Paesi della regione – in particolare Ungheria e Polonia – valori quali l’indipendenza del settore giudiziario e la tutela delle minoranze sono sottoposti a maggiori pressioni, mentre il pluralismo dei media ha sofferto a sua volta.

Il rafforzamento della coesione europea nel 2021 e oltre necessita una particolare attenzione a queste tre sfide. Nessuna di esse è inedite, ma tutte e tre sono emerse con prepotenza nel 2020. Per salvare la coesione europea, queste sfide richiedono un’immediata attenzione.

Jana Puglierin, Senior Policy Fellow e Direttrice dell’Ufficio ECFR di Berlino, sostiene:

La coesione europea è il potente collante che tiene insieme l’UE. Nonostante le numerose crisi degli ultimi anni, il livello di coesione si è sempre ripreso. La nostra ricerca dimostra che anche quando le persone hanno perso fiducia nel futuro dell’Unione Europea, hanno iniziato a votare per i partiti populisti, o quando l’economia dei loro Paesi è crollata, una serie di fattori le hanno tenute strettamente legate al resto dell’Europa. Questa si è dimostrata la più grande forza dell’Unione Europea in tempi difficili. Mantenere questa fede e questa coesione di fronte alla pandemia è ora compito dei politici degli Stati membri e delle istituzioni europee.”

Risultati dall’Italia:

  • In Italia, la “coesione individuale” è prevalentemente in calo dal 2011. Il punteggio del Paese è ben al di sotto della media UE per il 2019. Mentre il punteggio complessivo per gli indicatori relativi agli atteggiamenti, l’approvazione e le aspettative mostra segni di ripresa verso l’altro, gli indicatori relativi all’esperienza e all’impegno presentano tendenze ancora ben al di sotto della media UE.
  • La “coesione strutturale” si è dimostrata più debole nel Sud e nel Nord dell’UE. Cipro, Grecia, Croazia, Bulgaria, Spagna e Italia erano ben al di sotto della media UE, così come Danimarca, Svezia e Finlandia.
  • Paesi come la Grecia, la Spagna e l’Italia, così come la Bulgaria e la Croazia, hanno alcune delle economie meno resilienti dell’Unione, un aspetto che li ha resi particolarmente vulnerabili alle crisi come la pandemia di COVID-19.

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