Views from the Capitals: La conferenza di Berlino sulla Libia

​Gli uffici nazionali di ECFR analizzano come la conferenza abbia segnato una nuova fase per il coinvolgimento dell'Europa in una Libia devastata dalla guerra.

Il 19 gennaio, la Cancelliera tedesca Angela Merkel ha concluso un processo diplomatico durato quattro mesi con una conferenza a Berlino, attirando capi di Stato o alti rappresentanti di Cina, Francia, Russia, Regno Unito e Stati Uniti, oltre ad altri dieci paesi e organizzazioni internazionali interessati alla guerra civile, interna ma sempre più internazionalizzata, in Libia (Unione Africana, Algeria, Lega Araba, Congo-Brazzaville, Egitto, Unione Europea, Italia, Turchia, Emirati Arabi Uniti e Nazioni Unite). In un momento in cui gli attori esterni stavano rapidamente intensificando il conflitto, l'Europa era emarginata, e Turchia e Russia stavano diventando sempre più importanti, l'iniziativa è stata concepita per creare un allineamento internazionale sulla direzione da seguire in Libia e per ottenere nuovi impegni a non violare l'embargo sulle armi libico in vigore dal 2011.

La conferenza ha beneficiato di un periodo di relativa calma, dopo la dichiarazione di tregua russo-turca del 12 gennaio. Sebbene la tregua sia stata messa a dura prova dal blocco petrolifero del feldmaresciallo Khalifa Haftar e dai suoi sporadici attacchi a Tripoli, la conferenza ha proseguito come previsto. Tutti i partecipanti hanno firmato il comunicato che ne è scaturito e hanno dato il loro sostegno al piano dell'ONU per rendere operativo il documento. Secondo il piano, il passo successivo sono i colloqui militari tra rappresentanti del presidente Fayez al-Sarraj, capo del Governo di Accordo Nazionale a Tripoli sostenuto dall'ONU, e Haftar, che sta assediando la capitale. Ciononostante, Haftar si è rifiutato di accettare o sostenere il piano. Sebbene i suoi sostenitori stranieri abbiano promesso di fargli pressione per non rovinare il processo, i colloqui potrebbero portare o a ulteriori progressi presso il Consiglio di sicurezza dell'ONU verso un cessate il fuoco formale sul terreno o alla ripresa delle ostilità.

Riflettendo sulle divisioni di lunga data all'interno dell'Europa in merito al conflitto, ECFR propone i punti di vista delle quattro capitali europee rappresentate alla conferenza. Ogni sezione esplora come l'evento abbia segnato un nuovo inizio per la visione e l'impegno dell'Europa in Libia.

View from Berlin – Un grande successo

Per Berlino, questo vertice è stato tutto fuorché ordinaria amministrazione, non tanto per l'alto profilo dei partecipanti quanto per l'enorme ambizione politica dei leader tedeschi. Mentre molti osservatori descrivono la politica estera tedesca come eccessivamente riluttante e la Merkel come avversa al rischio, Berlino ha investito molte energie diplomatiche in un processo con possibilità di successo poco chiare sul campo.

Sia la Merkel che il ministro degli Esteri Heiko Maas sono stati chiaramente sollevati dal fatto che la conferenza potesse svolgersi come previsto, ed erano ansiosi di venderla come un risultato straordinario. Molti dei media tedeschi hanno avuto un'opinione altrettanto positiva, al punto che anche il Partito Verde dell'opposizione si è sentito in dovere di “congratularsi con il governo per il successo della conferenza”. Altri erano più scettici, sottolineando la mancanza di fiducia tra le fazioni in guerra in Libia, con Sarraj e Haftar che si rifiutano di incontrarsi di persona , e il rischio di un continuo confronto tra loro dato che non era stato concordato un cessate il fuoco formale. Nonostante ciò, anche il governo tedesco ammette che il vero lavoro è da qui in poi.

La conferenza di Berlino ha creato un’opportunità per la Germania e gli altri Stati membri interessati dell'UE di sfruttare la loro iniziativa e volontà diplomatica e ora dimostrano seriamente il loro impegno per un processo di stabilizzazione a lungo termine in Libia. Il dibattito in Germania si è rapidamente sviluppato intorno alla partecipazione delle truppe tedesche nel quadro di una potenziale forza di pace che monitorerebbe un cessate il fuoco. La Merkel ha affermato che un cessate il fuoco deve essere concordato prima che si possa iniziare a parlare di monitoraggio, mentre il ministro della Difesa tedesco Annegret Kramp-Karrenbauer ha corso troppo (di nuovo) suggerendo il potenziale dispiegamento di soldati tedeschi.

View from Rome – In seconda fila

Il governo italiano ha accolto il comunicato di Berlino con un moderato livello di ottimismo. Agli occhi di Roma, l'incontro non ha rappresentato la conclusione della crisi o una diretta anticipazione di una conclusione, ma ha raggiunto un obiettivo importante: ha contribuito a riposizionare l'Europa al centro della gestione della crisi. Ciò è stato particolarmente significativo per Roma data la recente attività diplomatica tra Mosca e Ankara, che avrebbe potuto portare a una risoluzione russo-turca che avrebbe emarginato gli interessi europei.

Abbandonata la politica di equidistanza tra Sarraj e Haftar (che è riuscita solo a precludere un potenziale ruolo italiano di mediazione), Roma ha accettato il ruolo di partner junior di Berlino e ha tentato di ammorbidire una Parigi assertiva. Questo ha lasciato l'Italia in una posizione in qualche modo paradossale, dato che gli interessi nella crisi libica, che vanno dai flussi migratori ai mercati energetici, sono notevolmente superiori a quelli di Germania o Francia.

Roma sa bene che la conferenza di Berlino potrebbe essere, nella migliore delle ipotesi, solo il punto di partenza di una nuova tabella di marcia per la pace. Tuttavia, il governo italiano appare ansioso di presentarsi come un attore attivo nel panorama diplomatico post-Berlino, come dimostra il crescente dibattito sul dispiegamento di soldati italiani nell'ambito di una possibile forza di pace e di monitoraggio in Libia. Al di fuori degli ambienti ufficiali, questo dibattito è considerato da molti come surreale, dato che in Libia mancano attualmente le condizioni militari e politiche necessarie per ospitare una missione multilaterale di pace. Inoltre, come si evince dalla foto ufficiale dei leader nazionali alla conferenza che mostra il Primo Ministro italiano Giuseppe Conte in seconda fila, dietro ai presidenti di Francia, Russia e Turchia, l'Italia mantiene un'influenza limitata nella crisi libica.

View from London – Vicino a noi

Il Regno Unito è cautamente ottimista sul potenziale della conferenza di Berlino di avviare una nuova e più costruttiva politica multilaterale per la stabilizzazione della Libia, ma mantiene un sano scetticismo sull'impegno per la pace delle potenze straniere coinvolte nel conflitto. Il primo ministro Boris Johnson è stato come al solito diretto nei suoi commenti all'evento, descrivendo la “guerra per procura” della Libia come una “vergogna” che è andata “avanti troppo a lungo”, mentre ha invitato gli altri partecipanti a “smettere di competere per ricoprire un ruolo principale” e a sostenere il processo dell'Onu.

Questa posizione è estremamente vicina a quella degli Stati Uniti, che spingono per un immediato cessate il fuoco senza troppo preoccuparsi del processo successivo già dal settembre 2019, quando è emerso che mercenari russi stavano combattendo in prima linea a Tripoli. Le osservazioni di Johnson, secondo cui sarebbe opportuno che il Regno Unito schierasse truppe per monitorare un eventuale cessate il fuoco, evidenziano l'interesse del Paese per quello che sembra essere l'ultimo tentativo dell'Europa di mantenere l'influenza in Libia.

Il tono della conferenza sembra indicare che alcune delle parti in conflitto stanno diventando più flessibili e che il forte sostegno della Turchia al Governo di Accordo Nazionale sta costringendo altri a ripensare il loro approccio militare. Tuttavia, in qualità di pen-holder per la Libia al Consiglio di Sicurezza dell'Onu, il Regno Unito è ben consapevole della prevalenza di linguaggi ambigui sulla questione. Quindi, mentre probabilmente nel prossimo futuro presenterà il comunicato come una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Onu, il Regno Unito attenderà segnali più chiari del fatto che i sostenitori di Haftar lo stiano effettivamente spingendo ad accettare una risoluzione diplomatica.

View from Paris – Sostegno all'unità europea

Il presidente francese Emmanuel Macron ha partecipato alla conferenza di Berlino consapevole che il tanto criticato sostegno ad Haftar lo pone in contrasto con i suoi partner europei. Tuttavia, la necessità di riportare una centralità europea agli sviluppi diplomatici in Libia lo ha convinto dell'importanza del comunicato e di assicurare il successo della conferenza. Mentre la risposta della Francia (o la sua mancanza) al blocco petrolifero di Haftar suggerisce che il Paese non si muoverà dalla sua posizione, Macron è consapevole che la Russia e la Turchia colmeranno il vuoto lasciato dalla disunione europea, rappresentando una notevole minaccia per gli interessi francesi in Libia e nel Sahel.

La Francia vede tre dei cinque temi del comunicato come chiave per il progresso: governance economica e in particolare la riforma della banca centrale; sicurezza e in particolare la necessità di smantellare le milizie e di costruire istituzioni di sicurezza nazionale; dialogo politico, prerequisito per un processo politico legittimo e un sistema di governance funzionale. Pur essendo impegnata a rispettare i principi del comunicato, Parigi insiste sul fatto che gli europei dovrebbero fare pressione su tutti gli attori libici, e non solo su Haftar, affinché si impegnino a seguire il contenuto del documento. Il governo francese accoglie con favore i prossimi colloqui militari tra le fazioni libiche e chiede un seguito a lungo termine della conferenza che includa una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU. Come altri Paesi europei, la Francia sembra pronta a contribuire a una forza di pace e di monitoraggio europea, se ci saranno sufficienti progressi in questo settore.

La dichiarazione di Macron prima della conferenza, e l'attività diplomatica francese che circonda l'evento, suggerisce che Parigi cerca di trarre vantaggio dalle diffuse preoccupazioni riguardo al recente intervento, e allo sfruttamento, da parte di Ankara in Libia (che è stato progettato per proteggere gli interessi turchi nel Mediterraneo orientale). La Francia sembra intenzionata a unificare l'Europa sulla questione, avvicinando il resto del continente alla sua posizione.

 

Al contenuto hanno contribuito Mathilde Ciulla, Tarek Megerisi, Tara Varma, Arturo Varvelli e René Wildangel.

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