Tutto cambia: come gli europei e gli stati arabi del Golfo possono promuovere la transizione politica in Siria
Gli Stati europei e i Paesi del Golfo condividono interessi comuni in Siria e dovrebbero collaborare strettamente per garantire una transizione stabile
A seguito del crollo del regime di Assad, alcuni attori regionali stanno cercando di influenzare la transizione politica in Siria. La Turchia è destinata a esercitare una particolare influenza. Ma anche gli stati arabi del Golfo hanno le idee chiare su quale debba essere la traiettoria futura. In tale contesto, i paesi europei premono per una transizione inclusiva in Siria—una transizione che privilegi realmente gli interessi del popolo siriano, che permetta un ritorno sicuro dei rifugiati, e che conduca il paese verso un futuro stabile. Al fine di raggiungere tali obiettivi, l’Unione Europea (UE) deve lavorare con tutti i partner regionali, e il dialogo esistente tra l’Europa e la regione del Golfo rappresenta un’opportunità unica. Gli Europei devono cercare di sfruttarla al meglio.
Gli stati arabi del Golfo: una svolta pragmatica
Tra gli stati arabi del Golfo, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabia Uniti (UAE) hanno indubbiamente compiuto una svolta pragmatica in riferimento alla Siria. Nei giorni precedenti la caduta di Bashar al-Assad, Abu Dhabi, insieme ad altri membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG)—tra cui il Bahrain e l’Oman—avevano espresso solidarietà al regime ormai vacillante. L’avanzata dei ribelli siriani aveva, inoltre, sollevato notevoli preoccupazioni all’interno dell’Arabia Saudita. Ad accumunare tali paesi era, nello specifico, il timore verso la natura islamista di Hayat Tahir al-Sham (HTS), un ex affiliato di al-Qaeda. Viceversa, i media affiliati al Qatar avevano sin da subito evidenziato gli sforzi di HTS nel prendere le distanze dal jihad transnazionale.
Tuttavia, con il crollo di Assad, l’interesse a far funzionare la nuova Siria è diventato il minimo comune denominatore tra la capitali arabe del Golfo. Quest’ultime hanno difatti espresso una condivisa volontà a mettere alla prova la nuova leadership di HTS—che, nonostante il suo passato, sembra ora dimostrare moderazione e pragmatismo su temi chiave. Nello specifico, la priorità dei membri del CCG risiede nel rafforzare i legami politici, economici e di sicurezza con Damasco al fine di risolvere questioni cruciali come il traffico di Captagon e la lotta al terrorismo. Gli stati arabi del Golfo si sono già messi all’opera per promuovere un processo politico che, si augurano, possa godere del pieno supporto della comunità internazionale. A tale riguardo, risulta emblematica la conferenza sulla Siria organizzata dall’Arabia Saudita, lo scorso mese, a Riyadh. Al summit hanno presenziato il ministro degli Esteri ad interim siriano, nonché i rappresentanti turchi ed europei, incluso l’Alto Rappresentante per la diplomazia dell’UE Kaja Kallas. La revoca delle sanzioni per accelerare gli aiuti umanitari ed economici, assieme alla rinnovata enfasi sul sostegno a una transizione politica inclusiva ed endogena, si sono annoverati tra i principali temi di discussione. Un aspetto centrale sottolineato dai partecipanti ha riguardato la ricostruzione della Siria come “stato arabo unificato, indipendente e sicuro,” da salvaguardare contro ogni forma di terrorismo e di aggressioni esterne.
Dietro tale dimostrazione di unità, l’Arabia Saudita e gli EAU sono ancora scettici verso HTS, sulla sua dichiarata moderazione ed effettive capacità di unificare la Siria. Le preoccupazioni di Abu Dhabi e Riyadh ruotano, inoltre, attorno alla presenza di altri islamisti radicali sul suolo siriano e all’influenza turca nel paese—essendo Ankara percepita come una significativa sfida regionale alla loro stessa influenza. Né i sauditi, né gli emiratini vogliono vedere l’emergere di una nuova Siria dominata dalla Turchia e di tendenza islamista. Al contempo, essi sono anche preoccupati che le tensioni nel nord-est del paese tra le Forze democratiche siriane a guida curda e Ankara possano essere sfruttate da Teheran. Nonostante tali apprensioni, i due paesi arabi del Golfo riconoscono che per proteggere i propri interessi, incluso cercare di diluire la forte influenza turca sul suolo siriano, l’unica alternativa è impegnarsi con HTS, testando le sue azioni.
La stessa nuova leadership di HTS in Siria ha dimostrato un chiaro interesse a collaborare con i paesi arabi del Golfo. Essa vuole garantirsi il sostegno diplomatico necessario per portare avanti la transizione politica, promuovere la reintegrazione del paese nel campo arabo e, probabilmente ancora più importante, ottenere il supporto economico e per la ricostruzione post-bellica. Quest’ultimi sono prerequisiti essenziali verso un’effettiva stabilizzazione del paese. Non è casuale che la delegazione guidata dai ministri ad interim degli Esteri, della Difesa e dal capo dell’Intelligence abbia scelto proprio Riyadh, Abu Dhabi e Doha come le tre tappe del primo viaggio internazionale. In collaborazione con la Turchia, il Qatar ha già intensificato il proprio impegno, facilitando la riapertura dell’aeroporto di Damasco e divenendo il primo paese a riavviare i voli regolari verso la Siria. Doha sta anche già provvedendo a supportare la fornitura dell’energia elettrica—sempre in partnership con Ankara—offrendosi di contribuire al pagamento degli stipendi pubblici. Per quanto riguarda l’Arabia Saudita, il Regno sta premendo per un maggiore impegno diplomatico internazionale, domandando la revoca delle sanzioni occidentali, mentre gli EAU, date le continue preoccupazioni sul carattere islamista di HTS, sembrano mantenere un approccio più esitante.
Perché gli europei dovrebbero lavorare con i paesi del Golfo
L’UE dovrebbe cogliere l’opportunità per stabilire una posizione comune con i paesi del Golfo sul futuro della Siria. Benché gli europei non siano destinati a essere i principali attori nell’immediato futuro della Siria, una serie di obiettivi li legano agli stati arabi del Golfo: promuovere una Siria che contribuisca alla stabilità regionale, prevenire che il paese diventi una base per l’estremismo, e permettere il ritorno volontario dei rifugiati.
“The EU’s Strategic Partnership with the Gulf” è la base da cui partire per una strategia condivisa sulla Siria; nel documento programmatico il paese viene identificato come una questione regionale prioritaria per la coordinazione Europa-Golfo. Facendo seguito alle conclusioni del summit di Riyadh dello scorso gennaio, i leader dell’UE e dei pasi arabi del Golfo dovrebbero concordare—come primo passo da compiere—un comune messaggio politico da veicolare nella loro interazione con HTS. I due blocchi regionali dovrebbero anche definire un impegno politico condiviso per un processo di transizione che sia realmente inclusivo e a guida siriana, enfatizzando, al contempo, che un impegno più profondo e un sostegno maggiore dipenderanno da tale traiettoria di stabilizzazione. Inoltre, europei e paesi arabi del Golfo dovrebbero esercitare pressioni sulla Turchia e Israele affinché pongano fine a ogni intervento militare destabilizzante che rischia di compromettere la transizione.
Europa e Golfo devono lavorare a stretto contatto per affrontare i bisogni immediate della Siria, con particolare riguardo alla dimensione economica e umanitaria, assistendo all’erogazione di servizi essenziali. I due attori regionali dovrebbero già incanalare maggiori fondi di aiuti e delineare come procedere congiuntamente a supporto della ricostruzione post-bellica—dovesse una transizione inclusiva essere garantita. Se gli stati arabi del Golfo possono fornire i finanziamenti più consistenti, nella misura in cui Damasco compie passi chiave, spetta agli europei impegnarsi saldamente per ottenere la revoca delle sanzioni occidentali. A seguito della decisione statunitense di emettere una licenza di sei mesi per alleggerire le sanzioni contro la Siria, l’UE ha recentemente approvato una roadmap politica per un allentamento temporaneo e condizionato di una serie di sanzioni, a partire dal settore energetico e dei trasporti. Ma agli stati europei è richiesto muoversi come maggiore rapidità per una sua efficace implementazione in stretto coordinamento con i partner del CCG e in collaborazione con la Turchia—per garantire che gli sforzi internazionali spingano nella stessa direzione di stabilizzazione. Benché accolta positivamente, la recente mossa dell’UE non è, tuttavia, di per sé sufficiente. Senza una più ampia revoca delle sanzioni occidentali, gli stati arabi del Golfo saranno disincentivati nel compiere investimenti significativi nella ricostruzione post-bellica e nella ripresa a lungo termine del paese
L’Europa e i paesi del Golfo stanno facendo pressione su HTS affinché mantenga le intenzioni dichiarate di promuovere un processo di riforma, respingere ogni estremismo e unificare la Siria. I due blocchi regionali sono interessati a prevenire che HTS faccia un’inversione di rotta e che gruppi islamisti più radicali, inclusi i militanti jihadisti, spingano la Siria verso un nuovo scenario di conflitto. Per garantire che il paese non diventi il teatro di una nuova instabilità, è fondamentale che gli europei e gli stati arabi del Golfo coltivino una forte relazione.
ECFR non assume posizioni collettive. Le pubblicazioni di ECFR rappresentano il punto di vista degli autori.