Lezione dalla Spagna: come spianare la strada all’estrema destra

Il successo di VOX in Spagna illumina alcune delle strategie di escalation di successo del populismo, così come gli errori dei partiti mainstream.

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Domenica sera, Matteo Salvini e Marine Le Pen si sono precipitati a fare le loro congratulazioni a Santiago Abascal, leader di VOX, il partito della destra radicale, per l’inatteso risultato ottenuto nelle elezioni politiche.

La destra ha infatti buoni motivi per festeggiare il risultato di Abascal. Alle elezioni del 2016, VOX ottenne 46.638 voti (0,2%) e nessun seggio. Domenica ha ottenuto 3.640.063 voti (15,09%) e 52 seggi, diventando così la terza forza politica in Spagna dopo i Socialisti (PSOE, Partido Socialista Obrero Español) e i Conservatori (PP, Partido Popular), e davanti alla sinistra di Podemos guidata da Pablo Iglesias, e ai centristi di Ciudadanos guidati da Rivera. Con questo risultato, VOX è cresciuto sia rispetto al 10,97% ottenuto alle elezioni in Andalusia nel dicembre 2018, che alle elezioni politiche dello scorso aprile, dove prese il 10,26% e 24 seggi.

Lo straordinario successo alle urne del partito di Abascal ha posto fine alla cosiddetta “eccezione spagnola”, espressione con cui gli osservatori politici si riferivano alla mancanza in Spagna di un significativo partito della destra radicale quale invece altre democrazie europee hanno visto emergere e consolidarsi nell’ultimo decennio. Le spiegazioni del perché la Spagna abbia costituito un’eccezione includono l’aver vissuto i suoi cittadini, in tempi ancora recenti, in un regime autoritario e nazionalista, e l’atteggiamento, a grandissima maggioranza favorevole rispetto ad altri paesi europei, nei confronti dell’immigrazione. Il populismo, come conseguenza, era concentrato per lo più in partiti marginali quali Podemos, e, in Catalogna, ERC and JxCAT, rispettivamente di sinistra e di destra, partiti separatisti che hanno adottato campagne elettorali basate su temi e metodi simili ai pro Brexit del Regno Unito.Per quanto in Europa i temi sollevati dai diversi partiti della destra radicale siano simili, considerevolmente diverse sono state invece le campagne e le strategie di mobilitazione del PiS (Prawo i Sprawiedliwość) in Polonia, dell’AfD (Alternative für Deutschland) in Germania, del RN (Rassemblement National) in Francia, o della Lega in Italia.

Fino ad ora, i leader di VOX si sono comportati in modo distaccato nei confronti di Marine Le Pen, e non avevano gradito il sostegno di Salvini all’indipendenza catalana; per questi motivi i loro rappresentanti al Parlamento Europeo si sono aggregati all’Alleanza dei Conservatori e dei Riformisti Europei (AECR), e non al gruppo Identità e Democrazia (ID) di Salvini e Le Pen. Ma VOX, come tutti gli altri partiti della destra radicale, è un partito profondamente nazionalista, conservatore, anti-immigrazione e anti-europeo.

Anche se VOX condivide con forze simili in Europa alcuni temi sovranisti, ciò che meglio spiega la sua crescita è la vicenda della Catalogna. In un certo senso, VOX costituisce il successo più importante ottenuto dai partiti secessionisti catalani: essi non sono riusciti ad aggregare alla propria causa la maggioranza dei catalani, hanno profonde divisioni interne, e nessun sostegno a livello internazionale, ma il loro principale successo è stato proprio quello di svegliare un sentimento nazionalistico altrimenti sopito o inesistente.

Da quando è iniziata la crisi catalana nel 2017, Ciudadanos, partito liberale nato in Catalogna sotto la guida di Albert Rivera per contrastare gli eccessi nazionalistici catalani, ha raccolto elettori insoddisfatti tra i Socialisti e i Conservatori, elettori per i quali questi partiti non facevano abbastanza a difesa dell’integrità e della dignità della nazione spagnola. Ciudadanos è stato un precursore nel rivendicare l’uso ufficiale di simboli spagnoli, in particolare della bandiera, e nell’esternare pubblicamente l’orgoglio di essere spagnoli, cosa di cui molta gente si sentiva a disagio nella Spagna post franchista.

Il caso spagnolo si presta in generale a interessanti osservazioni sugli errori dei partiti tradizionali. Quanto al Partito Conservatore, non c’è alcun dubbio che il PP di Casado abbia avuto un ruolo importante nella crescita di VOX. Quando, lo scorso anno, VOX cominciò a guadagnare consensi, il PP, invece di isolarlo, fece proprie alcune delle sue proposte politiche e della sua retorica, in specifico sull’immigrazione e sulla nazione, promettendo di sospendere permanentemente l’autonomia della Catalogna se avesse vinto, favorendo così la radicalizzazione dei propri elettori. Dopo le elezioni municipali dello scorso maggio, i Conservatori l’hanno inoltre legittimato sfruttandone i voti per andare o per rimanere al potere, facendo passare il messaggio che votare per VOX non significava disperdere il voto. Hanno poi lanciato il segnale che non si sarebbero spostati al centro, né si sarebbero ammorbiditi sulla questione della Catalogna, come aveva invece dichiarato Mariano Rajoy, loro leader precedente.

Ma anche Pedro Sanchez, leader del Partito Socialista e attuale Premier ad interim, ha contribuito in vari modi all’ascesa di VOX. In primo luogo, ha polarizzato la scena politica spostando i Socialisti a sinistra per andare incontro a Podemos; poi, con il suo approccio morbido al separatismo catalano; ancora, con la goffa esumazione della salma del Generale Franco, gestita più come un evento di partito a scopo elettorale che come un’occasione per unire il Paese; e infine, sbagliando i calcoli sull'opportunità di elezioni anticipate, che, a causa dei disordini in Catalogna, hanno portato più voti a VOX che al Partito Socialista. In aprile, molti elettori si erano recati alle urne con l’idea di fermare VOX. In novembre un gran numero di elettori è rimasto a casa, o ha votato VOX per protesta. In conclusione, VOX ha sì beneficiato in queste elezioni del secessionismo catalano, ma è stato anche spinto dagli errori tattici dei leader Conservatori e Socialisti.

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