La Spagna ritrova il suo destino europeo

Il punto di vista dei Consiglieri ECFR spagnoli sulla nuova direzione della politica estera spagnola intrapresa dal neo eletto governo socialista.

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Lo scorso mese in Spagna è stato inaugurato un nuovo governo socialista guidato dal Primo Ministro Pedro Sánchez, il quale ha l’appoggio politico dalla sua parte per poter riprendere il controllo della sua politica estera, rafforzare la posizione spagnola all’interno dell’UE e riaffermarsi come leader sulla questione migratoria. I Consiglieri ECFR Cristina Manzano e Javi Lopez spiegano l’importanza di una partecipazione attiva della Spagna nel progetto europeo.

Il dietrofront della Spagna: il nuovo governo

Dopo anni passati nell’ombra, la Spagna è pronta a riprendere le redini del progetto europeo

di Cristina Manzano

È appena passato un mese dalla salita al potere di Pedro Sánchez e del Partito Socialista (PSOE) ma lo scenario politico del paese è già completamente cambiato.

Dopo un primo momento di incredulità e incertezza, data la velocità e la vittoria inaspettata del voto di sfiducia per Mariano Rajoy, è subito emersa un’atmosfera ampiamente positiva. La nomina di un governo estremamente competente, nuovo, pro-Europa e al femminile – con al suo interno più donne (11) che uomini (7) – ha dimostrato che una strada diversa è possibile. Sette anni di governo del Partito Popolare (PP), i cui ultimi due sono stati caratterizzati da una situazione fragile nel Congresso, hanno portato ad una situazione di stallo generale. La lotta alla disoccupazione, la crisi economica e la crisi catalana hanno assorbito tutte le energie del governo, portando a trascurare qualsiasi altra questione.

Rajoy non credeva al potere della politica estera ed europea. Avrebbe potuto utilizzarla per migliorare la posizione della Spagna durante le negoziazioni per il salvataggio bancario o per giustificare le ragioni del paese contro i separatisti catalani – i quali hanno promosso la loro causa in maniera molto attiva ed efficace – tuttavia, ha preferito mantenere un basso profilo internazionale.

Sánchez, al contrario, ha scelto Josep Borrell come Ministro degli Esteri. Un politico di esperienza, già Presidente del Parlamento europeo e Presidente dell’Istituto Universitario di Firenze, e catalano che si oppone pubblicamente all’indipendenza della Catalonia.

Nelle vesti di Ministro dell’Economia il nuovo Premier ha nominato Nadia Calviño, che torna in Spagna dopo aver ricoperto il ruolo di Direttore generale per il bilancio dell’Unione europea – volendo dare così un’ulteriore prova a Bruxelles del desiderio del governo di adempiere agli impegni europei.

La nomina di un governo estremamente competente, nuovo, pro-Europa e al femminile – con al suo interno più donne che uomini – ha dimostrato che una strada diversa è possibile.

I primi passi della politica estera della nuova amministrazione indicano un distacco totale con il passato. L’offerta di accettare in Spagna i migranti della nave di salvataggio Aquarius per scongiurare una “catastrofe umanitaria” è in ampio contrasto con le azioni xenofobe del nuovo governo italiano. Si distacca inoltre dalla politica sull’immigrazione del predecessore di Sánchez. Benché la questione migratoria non rientri tra le preoccupazioni principali della popolazione spagnola, il PP non ha mai rispettato la quota di rifugiati stabilita con Bruxelles.

La decisione di Sánchez ha quindi aperto una nuova fase di coinvolgimento della Spagna nel dibattito sull’immigrazione – un dibattito che ha occupato il primo posto nell’agenda dello scorso Consiglio europeo. Come conseguenza, Madrid si è impegnata a prendere più migranti, per i quali riceverà uno specifico aiuto finanziario. Sánchez ha dimostrato di voler sostenere il Presidente francese Emmanuel Macron e il suo (decisamente vanificato) piano per rafforzare l’Eurozona.

In un tour frenetico per costruire nuove alleanze, negli ultimi dieci giorni Sánchez si è recato a Parigi, Bruxelles, Berlino e Lisbona. La sua padronanza dell’inglese e del francese ha certamente costituito un punto a suo favore. Potrebbe sembrare un dettaglio insignificante ma questa è la prima volta dalla sua entrata nell’UE che la Spagna ha un premier in grado di parlare fluentemente entrambe le lingue.

L’incontro con António Costa, il Primo Ministro portoghese, ha un’importanza particolare. In un periodo in cui la sinistra sembra aver completamente smarrito il suo futuro, il Portogallo è diventato un modello da seguire. La coalizione di governo – formata da Partito Socialista, Partito Comunista e Blocco di Sinistra – è riuscita a garantire un’economia solida, proporre delle politiche sociali progressiste avanzate, trasformare il sistema energetico del Portogallo e mantenere dei rappresentanti nazionali in posizioni internazionali chiave, tra cui il Segretariato dell’ONU e la Presidenza dell’Eurogruppo. Il Portogallo è anche importante per la creazione, insieme alla Spagna, di un nuovo fronte meridionale – in assenza dell’Italia – che può unirsi all’asse franco-tedesco nella difesa di un’Europa più forte.

La realtà è che il governo spagnolo ha un margine di manovra molto ristretto. La sua estrema fragilità nel Congresso – con non appena 85 seggi su 350 totali – e la frammentazione dello scenario politico costringeranno il PSOE a trovare alcune questioni sociali su cui può mantenere il sostegno di Podemos, il partito alla sua sinistra, con il tentativo di proporsi come un’alternativa convincente prima delle prossime elezioni (previste nel 2020).

È interessante notare come, dopo anni a testa bassa, la Spagna di Sánchez sembri voler dare alla politica estera il ruolo che dovrebbe avere. Il Primo Ministro sembra anche comprendere il momento critico che l’UE sta attraversando e l’importanza del ruolo della Spagna nel rivitalizzare il progetto europeo. Se avrà le risorse necessarie e il supporto politico per raggiungere questi obiettivi, è ancora tutto da vedere.

 

L’Europa meridionale ha un nuovo leader: la Spagna

Il nuovo governo della Spagna mostra il suo impegno a prendere il comando nell’Europa meridionale

di Javi López

Il nuovo governo socialista spagnolo di Pedro Sánchez è – forse come nessun altro governo prima – pienamente devoto al progetto europeo. Questo è molto probabilmente dovuto ad una combinazione di fattori, quali il buon tempismo della nascita del nuovo governo e l’elezione del primo Presidente poliglotta con previa esperienza a Bruxelles. Come membro del Consiglio europeo, il paese può ora avere più voce in merito alle riforme in atto nell’Unione europea. Ma qual è l’agenda del governo spagnolo per l’UE?

Mantenere dei buoni rapporti con la Germania

In particolare, Sánchez cercherà di mantenere buoni rapporti con la Germania, il paese più potente d’Europa, già promossi dal suo predecessore Mariano Rajoy. La più grande eredità lasciata dal governo uscente consiste in una serie considerevole di legami diplomatici che è bene proteggere. Un processo che sarà reso più facile dall’ unanime approvazione europea della nomina dei due nuovi ministri dell’economia e degli affari esteri spagnoli. Queste nomine hanno il compito di distendere i rapporti di Madrid con il governo tedesco, ossessionato dall’ortodossia di bilancio e dall’azzardo morale. È tuttavia il duraturo e particolare rapporto tra il Partito Socialdemocratico della Germania e il Partito Socialista spagnolo al potere – creato ispirandosi ai colleghi tedeschi – a giocare senza dubbio un ruolo chiave nel rapporto.

Prendere il posto dell’Italia

Il nuovo governo ha la responsabilità di essere un ottimo interlocutore per l’Europa meridionale. La Spagna è da sempre stata in competizione con l’Italia per questo ruolo, dato l’importante peso demografico e il privilegio di essere un membro fondatore dell’UE di quest’ultima potenza mediterranea. Fino ad ora, l’Italia di Mattarella ha esercitato un’importante influenza nell’UE, potendo mantenere l’accesso a delle posizioni di alto livello. Ma adesso la Spagna può trarre vantaggio dal calamitoso cambio politico italiano per riconquistare il potere.

A Roma si sta sperimentando qualcosa di veramente rischioso, con l’ascesa di un governo populista, xenofobo e euroscettico che costituisce una reale minaccia per la stabilità europea. Il nuovo governo italiano aumenta il rischio di oscillazione dei mercati finanziari (come si è già avuto modo di vedere in seguito al voto di sfiducia che ha fatto cadere Rajoy), ma rappresenta anche un’opportunità per la Spagna di diventare l’interlocutore meridionale chiave sulle riforme europee.

Il governo spagnolo, modellato all’interno della cornice europea, è pronto a riguadagnare l’importanza che ha perso negli ultimi dieci anni.

Sostenere l’agenda delle riforme di Macron

Il governo Sánchez dovrebbe sostenere l’agenda delle riforme sulla moneta unica e l’UE di Emmanuel Macron. Tra tutte le proposte di riforme UE avanzate dai leader europei, quella del Presidente francese è la più percorribile, e ha in sé degli elementi che potrebbero recare beneficio alla Spagna e agli altri paesi negativamente afflitti dai limiti della moneta unica. La sua agenda sarà oggetto di ampia resistenza e merita il completo appoggio di Madrid.

Con la Brexit all’orizzonte, è auspicabile che la Spagna usi il suo peso politico ed economico per rafforzare l’agenda francese a Bruxelles. Al contempo, il governo socialista spagnolo dovrà stare attento a non avvicinarsi troppo al programma di Macron, in quanto tutti gli indizi fanno supporre ad un suo avvicinamento ad un rivale del partito socialista e suo alter ego in Spagna: Albert Rivera.

Controbilanciare le democrazie illiberali nell’Europa orientale

La Spagna ha il più grande governo socialdemocratico d’Europa. Lavorando a fianco della sua controparte portoghese, il governo ha il potenziale per porsi al comando della famiglia socialdemocratica e dirigere i dibattiti sulle riforme democratiche a Bruxelles. La Spagna può riformare e unire l’alleanza iberica, diventando così la leva principale della democrazia sociale e un punto di riferimento per la sinistra europea nel suo insieme. Le elezioni parlamentari europee previste per il 2019, e la conseguente ridistribuzione dei seggi nelle istituzioni europee potrebbero rinforzare questa crescente influenza.

Allo stesso tempo, la Spagna può e dovrebbe controbilanciare le sempre più illiberali democrazie dell’Europa dell’Est. La Spagna è un paese pro-Europa, con una politica e una società aperte e tolleranti in materia di immigrazione. È importante notare come non vi sia nessun partito di estrema destra nel Parlamento spagnolo – una vera anomalia nel contesto europeo. La Spagna dovrebbe porre l’enfasi su questo contesto e usarlo per rafforzare la posizione dei partiti socialdemocratici all’interno dell’UE. Il governo spagnolo, modellato all’interno della cornice europea, ha un’impostazione che gli permette di poter riguadagnare l’influenza persa negli ultimi dieci anni. Non vi è alcuna ragione per cui la debolezza parlamentare dei socialisti al governo possa avere un impatto negativo in questo campo, dato che l’UE è l’unica via che si apre davanti al governo Sánchez. La politica europea è l’area in cui la Spagna mette in gioco il proprio futuro e verso cui ha sempre aspirato per ritrovare il suo destino.

Questo articolo è stato pubblicato originariamente sul quotidiano spagnolo El Periódico de Catalunya il 10 giugno.

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