La prossima vittoria europea dell’Italia: la geopolitica green

La presidenza del G20 e la co-presidenza della COP26 offrono all’Italia la possibilità di promuovere un ruolo di primo piano per l’UE nella geopolitica verde e nella mediazione tra grandi potenze in competizione

Immagine di A. Currell

È stata un’estate molto intensa per la comunità internazionale, in particolare in materia di agenda verde e lotta al cambiamento climatico. Di recente, a Washington, l’inviato speciale per il clima John Kerry ha invitato la Cina a unirsi allo sforzo americano inteso a rompere il “patto suicida” sul clima, riducendo le emissioni di carbonio nel tentativo ambizioso di arrivare a un nuovo modus vivendi incentrato sugli obiettivi green. Nel frattempo, sull’altra sponda dell’Atlantico, l’UE ha continuato a portare avanti il Green Deal europeo approvando gradualmente i piani nazionali per la ripresa degli Stati Membri, nei qualil’agenda per il clima assume un peso significativo in termini di investimenti e altri finanziamenti, specialmente in Italia e Spagna.

Gli sforzi di Washington e Bruxelles sono convogliati nella riunione dei ministri dell’energia e del clima del G20 tenutasi il 22-23 luglio a Napoli; l’evento è stato ospitato da Roberto Cingolani, Ministro per la transizione ecologica, una figura nuova nel governo italiano. Sono molti i progetti ambiziosi presentati dai partecipanti in vista del summit, tra cui la ripresa del dialogo sul clima interrotto dalla pandemia e il tentativo di fissare obiettivi sul clima che siano condivisi da Paesi con posizioni molto diverse sulla questione. L’Italia ha concentrato la sua attenzione sul rafforzamento dell’agenda verde multilaterale in vista della COP26 prevista a Glasgow a novembre.

Tuttavia, l’incontro del G20 ha prodotto risultati decisamente contrastanti. Se, da un lato, si sono registrati progressi verso un accordo inteso a contenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi al di sopra dei livelli preindustriali, dall’altro, come si evince dal comunicato congiunto conclusivo, non è stato ancora raggiunto un accordo sull’accelerazione del processo di decarbonizzazione e sullo stop ai finanziamenti internazionali al settore dei combustibili fossili, due questioni che animano il dibattito interno dell’UE sul suo futuro green.

La riunione del G20 ha avuto luogo poco dopo le devastanti inondazioni che hanno colpito il cuore dell’Europa, immagini difficili da dimenticare e che evocano lo stesso senso di dolore e di solidarietà che gli europei hanno provato in seguito allo scoppio della pandemia. Le due emergenze, quella climatica e quella sanitaria, rappresentano entrambe una minaccia alla sicurezza umana a livello globale e hanno spinto molti Stati a cercare di sviluppare una strategia multilaterale coordinata volta ad affrontarle in maniera efficace. Il Global Health Summit, tenutosi a maggio 2021 a Roma e organizzato nell’ambito della presidenza italiana del G20 in collaborazione con la Commissione Europea, aveva proprio questo obiettivo: fornire all’ordine multilaterale – composto da attori diversi, molti dei quali agguerriti concorrenti – i mezzi per reagire alle crisi future in maniera coesa e coordinata. Uno degli effetti più evidenti del Global Health Summit è stato contribuire a porre il multilateralismo al centro di un modello di gestione della crisi economica post-pandemia.

La riunione del G20 ha rappresentato per l’Italia un compito particolarmente oneroso per vari motivi. In primo luogo, era la prima volta che Roma ricopriva la presidenza del G20 dal suo debutto nel 1999, ed è stata chiamata a farlo in un momento storico tra i più difficili dalla fine della Seconda guerra mondiale, tanto in ambito nazionale che europeo e globale.

In secondo luogo, la presidenza italiana del G20 si colloca tra quella dell’Arabia Saudita, che ha attualmente un rapporto difficile con l’UE e i suoi Stati Membri, e quella dell’India, una potenza globale sottoposta a una pressione particolarmente intensa dalla pandemia e da una serie di altre sfide nell’Indo-Pacifico (come le attività di Pechino nella regione e il futuro dell’Afghanistan dopo il ritiro militare degli Stati Uniti). L’Italia si è quindi dovuta assumere l’enorme responsabilità politica derivante dall’esigenza di fare da ponte tra l’Arabia Saudita e l’India e dall’esigenza di definire un’agenda coordinata che sia efficace negli anni a venire.

In terzo luogo, l’instabilità politica interna dell’Italia negli ultimi decenni ne ha eroso il peso geopolitico, impedendo al Paese di sviluppare una strategia nazionale coerente sulle principali tematiche affrontate al G20: la transizione verde e l’evoluzione della tecnologia e delle infrastrutture. Dal 2011, quando era alle prese con la crisi finanziaria globale, ad oggi l’Italia è stata governata da sette diverse coalizioni e sei diversi capi di governo, nessuno dei quali, fino a poco tempo fa, ha attribuito alla questione climatica particolare urgenza né coordinato una strategia verde con i partner europei ed extra-europei.

Naturalmente, il problema non ha riguardato soltanto l’Italia: Bruxelles ha lanciato il Green Deal europeo solo nel 2019 e molti Stati membri ancora faticano a conciliare gli obiettivi climatici comunitari con gli interessi nazionali, soprattutto in relazione agli effetti economici della riduzione delle emissioni di carbonio. Tuttavia, l’Italia si è distinta tanto per la mancanza di un dibattito pubblico sulle questioni climatiche quanto per l’assenza di una forza politica di primo piano che sostenga politiche verdi coerenti con la dimensione europea e multilaterale. Il panorama politico italiano sembra ancora scollegato dall’agenda verde, nonostante l’opinione pubblica sia sensibile alla questione, che secondo molti dovrebbe rientrare tra le priorità della collettività.

La consapevolezza della debole posizione italiana sul clima è bene illustrata dal recente policy brief “Europe’s green moment: How to meet the climate challenge” di Susi Dennison, Rafael Loss e Jenny Soderstrom. Come mostrano i sondaggi commissionati dallo European Council on Foreign Relations, l’Italia riconosce le opportunità economiche derivanti dal Green Deal europeo, ma ritiene che la principale sfida da affrontare per arrivare alla transizione verde sarà garantire un uso efficace dei fondi UE, che potrebbe essere inficiato dalla mancanza di leadership e di capacità di gestione. È questo il principale problema che molti italiani hanno individuato in relazione alla transizione verde che, per quanto voluta, potrebbe non concretizzarsi a causa di enormi lacune nella capacità amministrativa e infrastrutturaledel Paese.

Tuttavia, lo scenario politico odierno pare indicare un cambiamento di rotta. Il governo Draghi è intenzionato a riorientare la strategia italiana in chiave più europea, una scelta indispensabile affinché l’Italia possa beneficiare del Fondo Europeo per la Ripresa e diventare un contributore netto al processo di integrazione europeo. Come l’autrice ed Arturo Varvelli hanno recentemente affermato in “Il momento di Roma: Draghi, il multilateralismo e la nuova strategia dell’Italia”, l’Italia avrà un ruolo determinante nell’utilizzo del Fondo Europeo per la Ripresa, il cui successo o fallimento darà forma all’integrazione europea per anni a venire e avrà ripercussioni sull’attuazione del Green Deal europeo. Così facendo, Roma avrà l’opportunità di posizionarsi più vicino al motore franco-tedesco e di contribuire alla costruzione di un sistema multilaterale che vedrebbe l’UE e gli USA quali partner alla pari, che lavorano insieme su questioni multilaterali chiave tra cui il clima, la sicurezza sanitaria e lo sviluppo di economie e infrastrutture.

Tuttavia, esistono una serie di rischi da non sottovalutare. Se da un lato il Green Deal europeo dovrebbe aiutare l’UE ad acquisire maggiore influenza sulle questioni climatiche, l’Unione è però ancora nuova al tipo di controversie geopolitiche che questo potrebbe comportare. L’uscita graduale dalla pandemia dovrebbe spingere l’Italia a sfruttare la presidenza del G20 e la co-presidenza della COP26 per aiutare l’UE ad accrescere il suo profilo internazionale in ambito climatico e a diventare un attore di primo piano nella geopolitica verde. In questo modo, l’UE potrebbe anche mediare tra grandi potenze in competizione e promuovere politiche e strategie climatiche pragmatiche.

A causa della sua posizione geografica, l’Italia è esposta a diverse criticità, tra cui l’instabilità politica del Nord Africa e le dinamiche migratorie che essa comporta, sfruttate dai populisti per influenzare l’opinione pubblica. Allo stesso tempo, l’attenzione posta dal governo Draghi sulla solidarietà europea e le relazioni transatlantiche implica che l‘Italia ha oggi l’opportunità di internazionalizzare il Green Deal europeo, cosa che Roma potrà fare sviluppando ulteriormente le relazioni con i Paesi del Vicinato meridionale dell’UE e sostenendo il multilateralismo come unico quadro adeguato ad affrontare i problemi globali.

L’Italia ha già ottenuto una grande vittoria quest’estate all’Euro 2020. A questo punto, mentre il governo Draghi lavora per trovare il giusto equilibrio tra la politica interna e gli impegni internazionali, la domanda è: riuscirà a dimostrarsi altrettanto scattante e resiliente nella corsa per affrontare i cambiamenti climatici?

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