Intervista a Silvia Francescon, Direttrice dell’Ufficio di Roma di ECFR, sul ruolo degli euroscettici nelle elezioni europee

Laura Cingolani, di Adnkronos, intervista Silvia Francescon: “Aldilà dei rischi, va detto però che non tutto il male viene per nuocere e che anche per chi, come me, è pro-Europa è auspicabile che vi siano cambiamenti. Tutti condividiamo il fatto che lo status quo non può andare e che l'ondata anti-establishment sta favorendo un cambiamento”

EUROPEE: Francescon (Ecfr), ci si puo' aspettare ondata anti-establishment “ma non tutto il male viene per nuocere”

Laura Cingolani, Adnkronos, 18 maggio 2014

Roma, 18 mag. – (Adnkronos) – Un'”ondata anti-establishment”. Potrebbe essere questo l'effetto del voto del 22-25 maggio per il rinnovo del Parlamento europeo. Un terzo del nuovo emiciclo di Strasburgo potrebbe rappresentare sentimenti “non anti-Europa ma anti status-quo”. Silvia Francescon, direttrice dell'Ufficio di Roma dell'European Council on Foreign Relations (Ecfr), guarda al possibile esito del voto in programma tra qualche giorno, operando una sintesi tra le diverse anime che compongono il complesso movimento dei delusi dall'Europa. Eurofobici, euroscettici, eurocritici, promotori di un'Europa diversa o più semplicemente di un'altra Europa, come si tradurra' tutto questo all'interno del nuovo Parlamento?

Per Francescon, non si può mettere nello stesso calderone gli “euroscettici o quasi eurofobici”, tra i quali rientrano il Front National di Marine Le Pen, ma anche Jobbik in Ungheria, Alba Dorata in Grecia, True Finns in Finlandia, accomunati da scelte anti-immigrazione e anti-euro oltre che di affermazione della sovranità nazionale, e partiti quali l'Ukip del britannico Nigel Farage o Alternative für Deutschland in Germania che pur esprimendo un concetto di criticismo e scetticismo – per cui fanno molta fatica ad accettare di dover cedere sovranità nazionale – non sono così anti-Europa.

Poi esiste un “euroscetticismo più di sinistra, quello di Syriza in Grecia o di Die Linke in Germania, che non vogliono questa Europa, ma un'Europa molto più solidale” perché', dicono, così “siamo molto distanti dall'Europa dei nostri sogni”, spiega all'Adnkronos. In Italia, la Lega “si associa più alla Le Pen su immigrazione e euro”, mentre nel M5S, “che non può essere identificato come di sinistra ma raccoglie molti delusi dalla sinistra italiana, un discorso antimmigrazione come quello di Le Pen non è assolutamente sostenuto”. E il movimento “non è affiliabile a nessuno di questi altri partiti di questi altri paesi”.

“Dopo le elezioni – ipotizza dunque Francescon – si potrebbe assistere alla nascita di un'alleanza che potrebbe votare insieme in determinate circostanze”. “Secondo una nostra analisi, un terzo del parlamento sarà non anti-Europa, ma anti-establishment”. Il primo test sarà rappresentato dall'elezione della Commissione: “Se vogliono far sentire il loro peso, la prima occasione che hanno è quella, forse non riusciranno a impedire l'elezione del presidente della Commissione designato dal Consiglio, ma potrebbero mettere paletti alla nomina di determinati commissari e quindi ad esempio rimandare l'entrata in funzione dell'esecutivo Ue, dal primo novembre a inizio 2015”.

“Poi potrebbero allearsi nelle singole votazioni. Perché' per il gruppo ci vogliono determinati requisiti (deve comprendere almeno 25 Eurodeputati di 7 paesi). Potrebbero però coalizzarsi in sede di deliberazione. Per farvi fronte, l'unica via per Ppe e Pse è unire le forze, in modo da trovare i numeri per contrastare questa ondata. Con il rischio però di non riuscire più a far valere la propria identità, le proprie differenze, con il rischio che anche i progressisti possano soccombere di fatto ai conservatori, anche nelle varie nomine”.

Aldilà dei rischi, va detto però che “non tutto il male viene per nuocere” e che “anche per chi, come me, è pro-Europa” – sottolinea – è auspicabile che vi siano cambiamenti. “Tutti condividiamo il fatto che lo status quo non può andare e che l'ondata anti-establishment sta favorendo un cambiamento”.

Quanto infine alle cause e le responsabilità di tanta disaffezione nei confronti dell'Europa e ai provvedimenti da adottare per contrastarla, Francescon non ha dubbi: “Bisogna promuovere un cambiamento culturale – ad esempio difendendo il progetto Erasmus ed allargandolo a generazioni di ancora più giovani, che possano toccare con mano i vantaggi dell'integrazione – e portare lavoro”. “La crisi economica, ha contribuito”, certo ad alimentare la delusione, ma “ci sono anche belle responsabilità dei cosiddetti pro-europei”.

“Perché' aldilà dei vari luoghi comuni per cui l'Europa è importante, e dei risultati straordinari” che sono stati effettivamente conseguiti, bisogna “capire che nelle nuove generazioni questa retorica non funziona più”. La colpa, dal punto di vista economico, “è stata quella di aver sempre agito sull'emergenza”, di aver adottato “tutte le misure che sono state prese sempre sull'emergenza. Inoltre la percezione è che siano state prese fondamentalmente a favore delle banche, laddove la gente comune non ha potuto godere di questi benefici”.

“Economia reale significa occupazione e lì l'Europa è stata assente, abbiamo livelli di disoccupazione giovanile altissimi”, conclude Francescon. “Ora che non c’è più lo spread bisognerebbe infine coltivare quel poco che abbiamo coltivato di visione per andare avanti: aldilà degli slogan forse è vero che avere un ministro del Tesoro comune è necessario per risolvere l'anomalia di un euro senza un Tesoro”.

 

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