Flotte ombra e acque basse: le infrastrutture sottomarine europee sono sotto attacco
Le ultime misure ostili di Mosca contro l’Europa riguardano i cavi che attraversano il Mar Baltico. L’UE deve rafforzare la sua capacità di deterrenza e proteggere le sue infrastrutture da questi sabotaggi
La Cina ha presentato a fine marzo un nuovo dispositivo sottomarino in grado di tagliare i cavi sottomarini fino a una profondità di 4.000 metri, suscitando timori sul fatto che cavi in fibra ottica finora considerati sicuri possano ora essere gravemente minacciati. L’importanza di questi cavi—normalmente non più spessi di un tubo da giardino—non può essere sopravvalutata: trasmettono ogni giorno circa 10.000 miliardi di dollari di transazioni finanziarie, oltre che il 97% del traffico Internet globale e una parte significativa delle comunicazioni governative.
Purtroppo per l’Europa, la profondità media dei suoi mari è ben inferiore ai 4.000 metri raggiungibili dal dispositivo cinese. Si parla in media di appena 52,3 metri nel Mar Baltico e 95 metri nel Mare del Nord. A queste profondità, l’ancora di una nave, trascinata accidentalmente o deliberatamente sul fondale, può facilmente tranciare cavi sottomarini. Questo sta già accadendo, anche se la minaccia principale proviene attualmente dalla Russia.
L’Europa è il continente con il maggior numero di connessioni sottomarine al mondo. L’infrastruttura del Baltico ha una particolare importanza strategica perché si trova tra la Russia e membri chiave della NATO e dell’UE. Interrompere questa rete di cavi sottomarini renderebbe quasi impossibili le attività quotidiane per cittadini e imprese europee. Anche gli attacchi a singoli cavi possono provocare gravi danni se prendono di mira più linee in rapida successione o se colpiscono aree isolate che dipendono da pochi cavi per la loro connettività globale. Il reindirizzamento del traffico dati richiede cavi con capacità sufficiente, mentre le riparazioni dipendono dalla disponibilità di navi specializzate. Attacchi isolati rappresentano un costoso fastidio, ma una campagna coordinata su larga scala da parte di una potenza rivale costituirebbe una minaccia piuttosto grave per l’Europa.
Sabotaggi e la “flotta ombra”
Si ritiene che la Russia abbia iniziato a prendere di mira le infrastrutture sottomarine critiche europee nel 2022, quando i gasdotti Nord Stream 1 e Nord Stream 2 nel Mar Baltico esplosero misteriosamente. Questa campagna si è intensificata: almeno 11 cavi nel Baltico sono stati danneggiati da ottobre 2023. Le autorità europee sono sempre più attente alla possibilità di sabotaggi da parte russa. Le indagini si sono intensificate alla fine del 2024, quando la Yi Peng 3, una petroliera di proprietà cinese che aveva precedentemente fatto scalo in un porto russo, ha tranciato due cavi nel Mar Baltico. Le autorità europee hanno sequestrato diverse imbarcazioni russe sospettate di aver danneggiato infrastrutture critiche. Ciò che rende questi attacchi particolarmente insidiosi è il margine di plausibile negazione: è estremamente difficile provare l’intenzionalità (una nave potrebbe aver gettato l’ancora per errore o a causa del mare mosso), per non parlare del collegare l’atto al vero mandante, cioè Mosca.
Dal 2022, la Russia ha creato una “flotta ombra”, acquistando oltre 400 vecchie petroliere arrugginite, note per essere usate per esportare petrolio e sabotare i cavi sottomarini. Queste imbarcazioni cambiano spesso bandiera e non dipendono da fornitori occidentali per il finanziamento o l’assicurazione. Sono quindi in grado di nascondere la propria identità ed esportare petrolio al di sotto del tetto di 60 dollari al barile imposto dal G7. Più del 60% del petrolio greggio esportato via mare dalla Russia transita nel Mar Baltico. Queste petroliere sono prossime alla fine del loro ciclo di vita e soggette a sversamenti di petrolio o guasti ai motori. Inoltre, mascherano spesso la propria posizione, aumentando così il rischio di collisioni.
Oltre al dominio marittimo, la strategia russa include violazioni sistematiche dello spazio aereo. Dall’invasione su vasta scala dell’Ucraina, si sono verificati nove episodi confermati in cui droni e missili russi hanno sconfinato nel territorio della NATO, mettendo alla prova i sistemi di difesa e i protocolli di risposta dell’alleanza. Queste incursioni, insieme ai sabotaggi sottomarini, mirano a individuare le vulnerabilità della NATO e a misurarne i tempi di reazione.
La deterrenza è fondamentale
L’aumento degli incidenti e la natura in continua evoluzione della guerra ibrida e delle tattiche di sabotaggio russe indicano una strategia deliberata volta a colpire le infrastrutture critiche dell’Europa. I leader europei e le agenzie di intelligence devono mostrarsi più assertivi nel dissuadere queste minacce, riconoscendole e attribuendole apertamente, come ha fatto il ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius.
Finora, però, i Paesi europei hanno dato priorità alle capacità di rilevamento e alle missioni di sorveglianza piuttosto che a misure più forti di deterrenza. Nel gennaio 2025, la NATO ha lanciato Baltic Sentry, una missione volta a rafforzare la presenza marittima e la sorveglianza nel Mar Baltico attraverso il dispiegamento di aerei, navi e droni navali. Allo stesso modo, nel febbraio 2025, l’UE ha introdotto il proprio Piano d’azione per la sicurezza dei cavi, con l’obiettivo di proteggere i cavi sottomarini attraverso una migliore prevenzione, una rilevazione più tempestiva e risposte più rapide. Si tratta di un passo positivo, ma che richiederà tempo per diventare pienamente operativo.
Per quanto necessarie, queste misure non sono sufficienti ad affrontare la sfida strategica più ampia. Indagare sugli incidenti e proteggere le infrastrutture è essenziale, ma rafforzare la postura di deterrenza dell’Europa è prioritario. L’UE può farlo garantendo che i responsabili vengano ritenuti tali attraverso un’attribuzione efficace—ad esempio con analisi forensi—e aumentando i costi per gli attori ostili, tramite un’applicazione più severa delle sanzioni, che elimini le scappatoie attuali e impedisca a Mosca di mantenere entrate significative. Ciò richiede un cambiamento radicale nella strategia sanzionatoria, andando oltre i tetti di prezzo e limitando fisicamente la capacità della Russia di esportare petrolio.
Gli Stati che si affacciano sul Mar Baltico sono ben posizionati per guidare questo processo dichiarando un “periodo speciale” per imporre controlli più severi sulle spedizioni di petrolio russe. La sospensione temporanea di alcune leggi marittime, come quelle stabilite nel Trattato di Copenaghen del 1857, permetterebbe un’azione immediata e mirata. Legalmente fondate nella dottrina della minaccia ibrida, tali misure tratterebbero il Mar Baltico come un’area di fatto controllata dalla NATO, inviando un segnale chiaro di determinazione agli attori ostili.
Oltre a queste misure, l’Europa deve evitare di dipendere eccessivamente da un solo gasdotto o da un singolo cavo dati. Le aziende dovrebbero essere obbligate a sviluppare sistemi di backup, mentre l’Europa dovrebbe sfruttare meglio gli strumenti di sorveglianza già esistenti e rafforzare la cooperazione internazionale in ambito di intelligence.
Nel campo della prevenzione, come giustamente affermato nel piano d’azione dell’UE, l’Europa deve dare priorità alla mappatura delle infrastrutture sottomarine esistenti e in fase di progettazione. Occorre identificare i sistemi più critici—e quindi più vulnerabili—per prevenire interruzioni della connettività e della sicurezza.
In definitiva, un’azione europea rapida e decisa dipende dal riconoscimento della gravità della minaccia. Questi atti di sabotaggio sottomarino, per quanto possano sembrare limitati, possono comportare rischi economici, militari e sociali molto gravi. Non agire in modo deciso oggi significa esporsi a minacce ben più grandi domani.
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