Europa più sovrana e autonoma, Berlino studia da nuova leader

L’editoriale di Mark Leonard e Ivan Krastev sulla percezione europea delle relazioni transatlantiche dopo la presidenza Trump: in alternativa alla dipendenza dagli Stati Uniti, gli europei stanno convergendo intorno all’idea di un’Europa più sovrana e autonoma

Joe Biden arrives at the White House in the Inaugural Parade in 2013
Immagine di Adam Fagen

Donald Trump non è Evita Perón. Pochi in Europa lo rimpiangeranno. Ma anche se gli americani avranno un nuovo presidente, non hanno un nuovo paese e pur salutando con favore l’elezione di Joe Biden, la maggior parte degli europei dubita che l’America possa tornare alla leadership globale su questioni internazionali come il cambiamento climatico o la minaccia della Cina.

Questo è il punto chiave del nostro sondaggio condotto su oltre 15.000 europei in undici Stati membri dell’UE, pubblicato questa settimana. Rivela un ampio scetticismo sul futuro percorso degli Stati Uniti e ci racconta che, anche se molti in Europa sono in sintonia con il nuovo presidente designato alla Casa Bianca, la maggioranza pensa che il sistema politico statunitense sia compromesso.

Gli Stati Uniti, agli occhi di molti europei, saranno distratti dalle divisioni interne e lotteranno per riconquistare la leadership globale. Sei intervistati su dieci nell’indagine dell’ECFR pensano che nei prossimi dieci anni la Cina supererà gli Stati Uniti e diventerà la principale superpotenza mondiale e la maggioranza non pensa che in fin dei conti gli Stati Uniti proteggeranno sempre l’Europa. La strategia di Trump, che fosse nell’interesse di Washington agire in qualità di “disgregatore in capo” e organizzare il mondo attorno a relazioni bilaterali asimmetriche con altre potenze, appare fallita. Tuttavia, sembra irrealistica anche la speranza di Biden di un pivot degli Stati Uniti, tornando alla politica di Obama di diffondere il potere americano attraverso una rete di alleanze.

Quasi un terzo degli europei ritiene che, dopo aver votato per Trump nel 2016, gli americani non siano più affidabili. Sorprendentemente, più della metà dei tedeschi (53%) condivide questa visione del partner transatlantico dell’Europa. Possono anche essere percentuali sovrastimate, dovute al momento, ma è chiaro che il danno alla reputazione internazionale degli Stati Uniti potrebbe richiedere più tempo di un singolo ciclo elettorale per essere riparato. 

L’impatto di Trump sulle relazioni transatlantiche significa che, in qualsiasi potenziale conflitto degli Stati Uniti con la Cina o la Russia, la neutralità è al momento l’opzione più popolare tra gli europei. La nuova amministrazione americana potrebbe dare per scontato che la propensione degli europei per la neutralità fosse dovuta esclusivamente alla loro reazione viscerale a Trump. Ma potrebbe anche non essere così.

In alternativa alla dipendenza dagli Stati Uniti, gli europei stanno convergendo intorno all’idea di un’Europa più sovrana e autonoma: oltre due terzi degli europei credono che la regione dovrebbe occuparsi della propria sicurezza, e questo è visto con particolare favore da francesi (70%), svedesi (71%), spagnoli (71%) e persino britannici (74%).

Questo solleva la questione se Berlino sostituirà Washington come capitale “di riferimento”, per la leadership in politica estera. Di certo sembra che molti in Europa sostengano questo punto di vista – con la maggior parte degli intervistati in Francia, Spagna, Danimarca, Paesi Bassi, Portogallo e Ungheria che scelgono la Germania, piuttosto che gli Stati Uniti, come “paese più importante con cui costruire un buon rapporto”. Il Regno Unito dove si è appena conclusa la Brexit (55%) e la Polonia (45%), che tradizionalmente vedono gli Stati Uniti come potenti garanti della loro libertà, significativamente sono stati gli unici paesi che hanno anteposto gli Stati Uniti alla Germania.
Detto questo, sarebbe facile sopravvalutare tali dati. Se i leader europei come Emmanuel Macron tendono a interpretare il sostegno popolare alla sovranità europea come il desiderio di svolgere un ruolo più importante nella politica globale, per una sostanziale maggioranza dei cittadini rappresenta solo un desiderio di neutralità nella crescente concorrenza tra Stati Uniti e Cina. Per questi cittadini, la sovranità non è un grande ingresso, da parte dell’UE, nella politica internazionale, ma, invece, una porta di uscita di emergenza dal mondo bipolare di domani. Si tratta di una domanda di congedo anticipato dal concorso Grandi Potenze.

L’informazione principale da trarre da questi dati è che quando Biden si insedierà come 46°presidente americano, gli europei non si schiereranno automaticamente dalla parte di Washington in una nuova guerra fredda; non che siano necessariamente in disaccordo con l’agenda degli Stati Uniti, il problema è che hanno dei dubbi sulle loro possibilità di vittoria. E il loro sostegno dovrà essere guadagnato con la prova di vantaggi reciproci piuttosto che dato per scontato.

Dopo quattro anni di Trump, l’alleanza tra l’UE e gli Stati Uniti è compromessa e deve’essere ricostruita. Negli anni della pandemia, come testimonia l’andamento del mercato azionario americano, sono i sentimenti piuttosto che le realtà economiche e politiche a governare il mondo. Quindi, la nuova amministrazione Biden ha tutte le ragioni per temere non solo le velenose divisioni interne, ma anche l’umore degli europei, mentre l’America fa un passo indietro nel mondo.

Questo editoriale, che fa parte del dossier “Le Mappe della Crisi”, è stato pubblicato su La Stampa il 18 gennaio 2021.

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