Destinazione sconosciuta: le innumerevoli paure dell’Europa sulla questione migrazione

Secondo il nuovo Security Scorecard, gli europei percepiscono in modo diverso il tipo di sfide che affrontano in tema di sicurezza. Tuttavia, tutti i governi europei, tranne uno, vedono la migrazione incontrollata come una minaccia alla sicurezza nazionale

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Come evidenziato dalla serie di incontri tenutisi a Bruxelles lo scorso mese, le paure sulla questione migratoria continuano a dividere gli Stati Membri UE più di qualunque altra cosa. L’Italia e la Grecia chiedono che un numero maggiore dei rifugiati che sbarcano sulle proprie coste sia ricollocato in altri paesi europei. Al contrario, la Germania vuole limitare agli Stati del sud i movimenti secondari di questi migranti. Il Presidente francese, che vorrebbe che gli Stati Membri condividano la responsabilità di accogliere i richiedenti asilo, cerca un compromesso a livello europeo per dimostrare che l’UE è capace di risolvere i suoi problemi in ambito migratorio. Nel frattempo, i partiti al potere negli altri paesi, specialmente in Europa Centrale, non sembrano interessanti alla formulazione di una soluzione rapida che ponga fine alla crisi migratoria che tanto ha incrementato la loro popolarità nei i confini nazionali. In effetti, potrebbero voler continuare a far leva sulle paure espresse dall’opinione pubblica in vista delle elezioni del Parlamento Europeo nel 2019. Come è emerso chiaramente negli ultimi anni, questi interessi contrastanti rendono molto difficile per gli Stati Membri anche solo discutere delle soluzioni alla crisi, figurarsi trovare un compromesso.

Ciononostante, le posizioni spesso incompatibili degli Stati europei in merito a tali soluzioni, così come sulla riforma delle politiche di asilo europee, vanno oltre gli interessi politici e le ambizioni individuali.

Come mostra la recente Security Scorecard, queste posizioni riflettono anche le diverse percezioni che essi hanno delle sfide alla sicurezza che l’Europa deve affrontare.

Tutti i governi europei, fatta eccezione per l’Irlanda, percepiscono la migrazione incontrollata come minaccia a livello nazionale, sebbene ad intensità molto differenti.

Italia, Grecia, Bulgaria, Malta, Ungheria, Austria e Slovenia vedono la migrazione incontrollata come una minaccia principale, dal momento che questi paesi sono sia punti di passaggio (verso l’Europa del nord) o di destinazione per la maggior parte dei rifugiati che entra in Europa. Germania, Danimarca, Spagna e Croazia la vedono come una minaccia significativa, mentre altri 16 paesi la percepiscono ad intensità media o bassa.

Date queste differenze, non sorprende che gli Stati europei fatichino nel trovare un punto d’accordo su qualsiasi cosa che riguardi le migrazioni. Una mancanza di empatia potrebbe essere parte del problema: per la maggior parte dei paesi è difficile accettare il senso di urgenza di pochi altri su questo tema. Paradossalmente, potrebbe essere a causa di questa relativa indifferenza che gli interessi politici, piuttosto che quelli strategici, giocano un ruolo cruciale nella risoluzione della crisi migratoria.

Come afferma Josef Janning, Co-Direttore di ECFR Berlino nella sua analisi sulle priorità europee per i prossimi cinque anni, sembra esserci ben poco consenso strategico tra le capitali UE in tema di crisi migratoria, a causa della vasta inesperienza sulla questione. Per questo, quando i leader politici di Polonia, Repubblica Ceca o Germania parlano di migrazione in termini quasi apocalittici, potrebbero solo star cercando di aumentare la popolarità nei confini nazionali e negoziare l’accordo migliore possibile per il proprio paese con il resto dell’UE.

Di conseguenza, un compromesso politico pan-europeo sulla migrazione potrebbe essere lontano anni luce. Il negoziato intra-europeo è di solito un processo lento che influenza molti aspetti di policy (come quella dello stato di diritto, dell’accesso ai fondi europei e della riforma dell’Eurozona), compromettendo ulteriormente il già precario senso di unità europeo.

Tuttavia, gli Stati UE si differenziano anche su aspetti diversi dal livello di minaccia percepita dalla migrazione incontrollata, che fa parte del più ampio settore della sicurezza. Inoltre, hanno percezioni differenti sul perché la migrazione dall’Africa e dal Medio Oriente sia per loro una minaccia alla sicurezza. Come suggerisce il Security Scorecard, questo tipo di migrazioni ha un basso livello di priorità, nella sfera della sicurezza, solo per l’Irlanda, Cipro, Romania, Estonia e Lituania, mentre i rimanenti 23 Stati europei la ritengono una sfida importante, o la più importante, da affrontare.

La migrazione dall’Africa e dal Medio Oriente è una faccenda complessa per questi 23 paesi. Per 17 Stati europei, la principale preoccupazione in ambito migratorio è la percepita incapacità europea di controllare il numero di migranti che arrivano in Europa. Per gli altri, l’incapacità riguarda il tipo di migranti che arrivano sulle sue coste. Nel frattempo, 11 Stati membri temono che il disaccordo sulla questione della migrazione intra-europea eroderà la capacità degli Stati membri di cooperare in materia di sicurezza. E nove sono preoccupati rispetto all’impatto di un maggiore flusso migratorio sulla coesione sociale nei propri confini. La Grecia è un caso a parte: la sua maggiore preoccupazione è la riluttanza degli altri paesi di accogliere un numero maggiore di migranti.

Quattro tendenze generali sembrano emergere. Prima di tutto, il fatto che le preoccupazioni più diffuse si concentrino sull’incapacità di controllare gli arrivi in Europa spiega probabilmente perché l’UE si focalizzi tanto su questo punto. Certo, molte sfide nell’ambito migratorio sono legate al controllo delle frontiere. Tuttavia, i leader europei dovrebbero fare attenzione a non ignorare altre questioni (come quella della coesione sociale). Limitare il numero degli arrivi in Europa non è la soluzione ottimale alla crisi migratoria, poiché questa è una crisi essenzialmente politica, piuttosto che di numeri.

Secondo, 13 Stati europei hanno due, tre o quattro preoccupazioni significative circa la questione della migrazione. Non sono soltanto Austria, Bulgaria e Germania, tra i più attivi partecipanti all’attuale dibattito politico, a vedere la migrazione come una questione di sicurezza particolarmente complessa. Anche Francia, Danimarca, Belgio, Olanda e Finlandia la pensano così, nonostante si esprimano meno sulla questione. La loro navigata esperienza con le sfide di integrazione in società multiculturali li ha resi consapevoli della natura poliedrica delle migrazioni, a differenza di paesi dotati di una conformazione demografica relativamente omogenea.

Terzo, Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca (i paesi Visegrad meno la Slovacchia), sembrano avere una limitata percezione del danno che il disaccordo sulle politiche migratorie potrebbe causare ad una più vasta cooperazione europea. Diversamente, questo tipo di ripercussione è tra le principali preoccupazioni di Germania, Francia e di altri nove paesi europei. I paesi Visegrad non dovrebbero sorprendersi che altri Stati membri comincino a dubitare del loro sostegno alla solidarietà e ai valori europei, contribuendo ad rafforzare l’opposizione che l’Europa fa nei confronti della loro agenda su una serie più ampia di questioni.

Infine, è troppo presto per dire se la migrazione sia un tema sui generis che spaccherà in due l’UE. Tuttavia, se ciò accadesse, sarebbe dovuto al carattere prevalentemente politico della crisi migratoria, piuttosto che ad un qualsiasi altro tipo di obiettivo o vulnerabilità europei alle minacce esterne che derivano dal processo migratorio. Il lato positivo è che, alla resa dei conti, nessun governo europeo vuole che l’Europa si disintegri. Ciononostante, molti Stati membri percepiscono le loro preoccupazioni sul tema migratorio come prioritarie, eccezionali o poco considerate dagli alleati europei. Alla luce di ciò, non è chiaro se saranno capaci di scongiurare, nel settore della sicurezza, le conseguenze non previste di una crisi politica che hanno contribuito ad innescare. 

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