Le quattro vie dell’Europa per riformare la NATO

L’UE e i suoi Stati membri possono giocare un ruolo centrale nella riforma della NATO, che avrà successo solo se la collaborazione prenderà il posto della competizione

Four US soldiers salute the NATO flag as it’s raised
Immagine di Ian Houlding

La natura della sicurezza globale sta cambiando. Con Biden alla Casa Bianca e la Cina in ascesa, è giunto il momento che l’Europa rifletta sul ruolo che intende assumere nella modernizzazione della NATO.

La prima via che gli europei possono intraprendere per tentare di preservare il sostegno statunitense all’Allenza Atlantica è affermare chiaramente di comprendere ed essere pronti ad adattarsi all’evolvere delle priorità strategiche. Nell’attuale visione americana, sebbene l’Europa sia tornata a essere un alleato importante nella competizione globale, anche il più atlantista dei presidenti esigerà che Bruxelles faccia la sua parte in seno alla NATO secondo le esigenze dettate dal presente, non dal passato. Considerato che le attuali priorità di Washington sono il rinnovamento interno e la competizione con la Cina, questo impegno potrebbe delinearsi nei seguenti termini: la NATO, con il sostegno degli USA, si concentrerà principalmente sulla difesa europea e collettiva, aiutando al tempo stesso Washington a contenere la Cina sia sul piano diplomatico che economico. Di fronte a quella che Biden ha definito la “competizione estrema” tra USA e Cina, se l’Europa deciderà di restare neutrale, dovrà pagarne il prezzo in ambito transatlantico.

Per concretizzare tale impegno occorre una NATO più politica e più attenta allo scenario globale: si tratta di due aspetti che richiedono un legame più solido tra Bruxelles e l’Alleanza, poiché alcune delle soluzioni alle sfide comuni in materia di sicurezza, in particolare con riferimento alle minacce ibride, dipenderanno dalle decisioni degli Stati membri UE coordinate a livello europeo.

La gestione dei rapporti con la Cina è diventato un elemento chiave nelle relazioni transatlantiche. Se da un lato questo aspetto riveste un’indubbia rilevanza strategica, dall’altro la sua importanza in termini puramente militari non è altrettanto significativa: Washington non chiede all’Europa di fornire supporto militare in Asia. Alcuni alleati europei, a titolo individuale, sono disposti a fornire un seppur limitato aiuto in tal senso, ma la NATO resta comunque un’alleanza di difesa regionale. Da questo consegue la seconda priorità: la NATO è chiamata oggi ad adottare una prospettiva di respiro globale pur senza rinnegare la sua missione originaria. Qualora ciò non avvenisse, l’Allenza potrebbe essere messa da parte, in virtù di una percezione sempre più divergente tra Europa e America.

Una NATO più globale non sarebbe militarmente impegnata nella regione Indo-Pacifica, ma dovrebbe comunque fare i conti con gli effetti dell’ascesa di Pechino sulla sicurezza Euro-Atlantica. Questo significa, ad esempio, ridurre le vulnerabilità europee in termini di catene di valore nei settori strategici, monitorare gli investimenti esteri strategici, preservare il vantaggio tecnologico, contrastare i cyber-attacchi e rafforzare la resilienza delle società democratiche. Si tratta di un ampliamento del concetto stesso di sicurezza che richiede oggi più che mai e necessariamente la partecipazione dell’UE con tutto il suo peso economico. Pertanto, migliorare la coerenza tra NATO e UE è diventato senza dubbio un fattore essenziale per la sicurezza transatlantica.

In terzo luogo, gli alleati europei nella NATO dovranno assumersi maggiori responsabilità nella difesa in Europa e soprattutto nel Vicinato, considerato che gli Stati Uniti hanno ridimensionato il loro ruolo diretto nel Mediterraneo e nei Balcani. Secondo questa nuova visione dell’alleanza, la NATO farebbe da guida sul fronte orientale, con il sostegno dell’UE, mentre l’UE aumenterebbe la sua proiezione nel Mediterraneo. Nel perseguire tale obiettivo, per il momento, il dispiegamento operativo dell’UE dovrà essere ancora selettivo, poiché le sue capacità rimangono limitate. Tra le questioni da risolvere restano le tensioni tra Turchia, Cipro e Grecia, che attualmente impediscono un efficace coordinamento NATO-UE sul fronte meridionale.

Al di là di questa definizione strettamente geografica dei suoi interessi principali, l’UE dovrebbe, già nell’immediato, essere disposta e in grado di sviluppare una cyber strategia comune e una politica industriale concepita per perseguire questi obiettivi. Tuttavia, gli Stati membri rimangono divisi sulla politica estera e di sicurezza e soffrono di una carenza di capacità, che non sono al momento sufficienti per intraprendere missioni autonome che servirebbero gli interessi dell’UE. Tali capacità sono oltretutto inadeguate anche a soddisfare il contributo alla NATO che tutti gli alleati sono già impegnati a garantire – e questo non è salutare per il futuro dell’Alleanza.

Potrebbe essere venuto il momento di adottare un punto di vista diverso nella discussione: secondo Washington, l’unico modo per affrontare il deficit di difesa dell’Europa è che le nazioni europee spendano di più. Tuttavia, questa attenzione ai livelli di spesa, rappresentata dall’impegno del 2014 dei membri della NATO a spendere il 2% del PIL per la difesa, si è dimostrata semplicemente fallimentare: la difesa europea rimane anemica nonostante i notevoli aumenti di spesa.

Una maggiore integrazione a livello europeo sarebbe di aiuto. Per risolvere i problemi di duplicazione, per esempio, gli Stati membri dell’UE hanno bisogno di concordare piani integrati, dalla valutazione del rischio all’approvvigionamento fino alla pianificazione operativa. Questo significa che qualsiasi forma di integrazione è preferibile all’assenza di integrazione, compresa l’integrazione dell’UE, che non è di per sé una minaccia alla coesione della NATO.

Un possibile passo avanti consisterebbe nel concentrare gli sforzi dell’UE su aree in cui essa già svolge un ruolo essenziale, come il contrasto alla disinformazione, la resilienza e la gestione delle crisi. Gli Stati membri dovrebbero anche cercare di rafforzare le capacità esistenti, ad esempio in ambito marittimo e nelle “tecnologie abilitanti” potenzialmente a doppio uso, che si ricollegano alle minacce ibride e informatiche.

Il quarto e ultimo punto riguarda il fatto che una solida relazione NATO-UE richiede maggiore chiarezza su ciò che l’UE intende con la sua ricerca di “autonomia strategica.” Tale dibattito è iniziato con una riflessione su come rafforzare la capacità europea di agire in modo indipendente quando necessario e sulla consapevolezza dei potenziali costi e rischi connessi alla dipendenza dagli altri. Tuttavia, questa evoluzione concettuale non si sta traducendo né in politiche di sicurezza più incisive né in uno sviluppo delle capacità – mentre sarebbe proprio la combinazione di politiche ambiziose e maggiori capacità a segnare la svolta. La sola retorica politica non può sostituire le effettive capacità militari e operative. Un importante incentivo a perseguire l’autonomia strategica è derivato dal declino della fiducia nella garanzia di sicurezza rappresentata dagli Stati Uniti, ma con Biden alla Casa Bianca oggi il rischio potrebbe essere opposto, spostandosi dall’eccessiva ambizione alla compiacenza.

L’unico modo per uscire da questa situazione è riconoscere che, al di fuori della NATO, la difesa europea non è credibile. L’asimmetria rimarrà una caratteristica strutturale della relazione transatlantica, ma per preservare un’alleanza funzionante, il contributo europeo alla NATO deve continuare a crescere. La nuova rotta, che implica un aumento considerevole del contributo europeo all’Alleanza, associato a missioni a guida UE nel Vicinato, permetterà anche all’Europa di diventare gradualmente un attore di difesa e sicurezza più credibile in futuro.

In ultimo, sarà molto più facile costruire una dimensione europea più forte nell’ambito della sicurezza attraverso la cooperazione con la NATO piuttosto che ponendosi in competizione con essa. Tale approccio ha ottime possibilità di ottenere il sostegno degli Stati membri in questa fase di riflessione sulla strada da seguire e aiuterebbe a cementare la fiducia tra le due organizzazioni.

Questo contributo si basa sul discorso tenuto alla conferenza “NATO 2021 – Ricostruire il consenso per una nuova era” organizzata dalla NATO Defense College Foundation a Roma il 9-10 giugno 2021.

ECFR non assume posizioni collettive. Le pubblicazioni di ECFR rappresentano il punto di vista degli autori.