Come la guerra in Ucraina potrebbe ridefinire la politica migratoria europea

L’UE ha dato una dimostrazione di solidarietà senza precedenti nel gestire il copioso ingresso di rifugiati ucraini nel proprio territorio. Ora dovrebbe cogliere questa opportunità per rivedere la propria politica comune in materia di asilo.

Refugees from Ukraine who crossed Ukrainian-Polish border due to ongoing Russian military invasion are seen at a temporary shelter inside the reception point organized in a sports hall in Hrubieszow, Poland on April 1st 2022. Russian invasion on Ukraine causes a mass exodus of refugees to Poland. (Photo by Beata Zawrzel/NurPhoto)
Rifugiati ucraini, che hanno attraversato il confine polacco per fuggire dalla guerra, si trovano in un rifugio temporaneo all’interno di un palazzetto dello sport a Hrubieszow (Polonia, 1 aprile)
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Sono più di 5 milioni le persone che hanno lasciato l’Ucraina a partire dal 24 febbraio, giorno in cui la Russia ha iniziato a invadere il Paese. La maggior parte di loro è fuggita verso i Paesi confinanti con l’Ucraina – in primis Polonia ma anche Romania, Slovacchia e Ungheria – e molti si stanno ora spostando ancora più a ovest. Sebbene questa non sia la prima volta che l’Unione europea si trova ad affrontare ingenti flussi di richiedenti asilo, la crisi attuale non ha precedenti in termini di prossimità geografica e di numero di rifugiati che stanno entrando nel territorio dell’Unione; pertanto, la situazione attuale richiede una risposta adeguata da parte europea. 

Finora, la risposta europea è stata rapida e risoluta. Il 28 marzo l’UE ha indetto una riunione straordinaria del Consiglio Giustizia e Affari Interni per discutere del coordinamento dell’accoglienza dei rifugiati ucraini. L’Unione e i suoi Stati membri hanno fornito assistenza umanitaria all’Ucraina a partire dall’inizio dell’invasione russa, e la Commissione europea si sta adoperando per mobilitare fondi per aiutare i Paesi membri a gestire la crisi dei rifugiati.  

Inoltre, all’inizio di marzo, il Consiglio dell’UE ha adottato all’unanimità una Direttiva sulla Protezione Temporanea per i rifugiati in fuga dall’Ucraina. Tale misura, che sarà in vigore per la durata di un anno e potrà essere rinnovata, dà diritto a chiunque risiedesse legalmente in Ucraina prima del 24 febbraio di cercare riparo, lavorare, studiare e usufruire dei servizi socio-sanitari in un Paese membro dell’UE di sua scelta, senza dover richiedere formalmente asilo. È la prima volta che l’UE attua questa direttiva a partire dalla sua creazione oltre vent’anni fa, in seguito alle guerre nell’ex Jugoslavia. 

Sebbene, infatti, l’Unione possa invocare la protezione temporanea in risposta a un afflusso massiccio di persone sfollate a causa di guerra, violenze o palesi violazioni dei diritti umani, nelle situazioni precedenti in cui l’Europa si è trovata a gestire un numero ingente di persone alla ricerca di rifugio (come, per esempio, nel 2011 con la guerra in Libia o nel 2015 con la crisi dei rifugiati), i politici europei non hanno ritenuto questa opzione politicamente praticabile. Lo stesso è valso per il caso afgano: in seguito alla presa di Kabul da parte dei talebani, il Capo della Politica Estera dell’UE Josep Borrell aveva sollevato l’idea, ma senza nessun seguito. 

L’approccio dell’UE in materia di asilo è stato a lungo al centro di un acceso dibattito tra i suoi Stati membri. Tuttavia, l’invasione dell’Ucraina ha portato i governi e i cittadini europei a dare una dimostrazione di solidarietà senza precedenti. Basti pensare che persino Stati membri come la Polonia e l’Ungheria, che per anni si sono opposti alle quote di ricollocazione e ad altri meccanismi di solidarietà, hanno accettato la Direttiva sulla Protezione Temporanea.  

Il nuovo approccio dell’UE ha un significato particolare per l’Italia e altri Paesi membri dell’Europa meridionale. Roma ha spesso chiesto maggiore sostegno europeo nella gestione della migrazione e nell’accoglienza dei rifugiati, soprattutto durante la crisi del 2015, ma le sue richieste sono sovente rimaste inascoltate – a partire proprio dagli Stati membri che ora si trovano in prima linea nell’accoglienza dei rifugiati ucraini. L’atto di aggressione da parte della Russia potrebbe aver creato l’opportunità politica per attuare una riforma della politica europea in materia di migrazione, asilo e rifugiati.  

Se questo è il caso, tuttavia, i decisori politici dovranno prendere in considerazione diversi aspetti chiave. In primis, il fatto che il meccanismo europeo di protezione temporanea sia una misura a carattere emergenziale e, in quanto tale, debba essere abbinata a una strategia sostenibile nel medio e lungo termine, come quella che è attualmente oggetto di discussione in seno all’Unione. Come sostenuto da Arturo Varvelli e dall’autrice, l’UE dovrebbe affrontare i flussi migratori come un fenomeno strutturale anziché come una serie di emergenze. Le emergenze di questo tipo, infatti, sono così comuni al momento che bisognerebbe aspettarsele su base regolare, per cui è necessario che l’Unione trovi al più presto modi più efficaci per gestirle. In questo senso, attuando la Direttiva sulla Protezione Temporanea, i decisori politici europei potrebbero aver creato un precedente importante e costruttivo. 

Dopo aver affrontato per anni una forte resistenza verso i meccanismi di solidarietà per la gestione della migrazione, infatti, l’UE sta finalmente approcciando le misure di assistenza ai rifugiati come una responsabilità condivisa da tutti gli Stati membri. Tuttavia, resta da vedere se l’Unione continuerà a farlo in risposta alle crisi che colpiranno l’Europa in futuro.  

Inoltre, se da un lato tutti gli ucraini che stanno scappando verso l’UE dovrebbero avere al momento diritto d’asilo, dall’altro lo stesso non è sempre valido per i migranti che invece fuggono dai propri Paesi per ragioni diverse dalla guerra, come per esempio coloro che si lasciano alle spalle condizioni di vita insostenibili. Di conseguenza, l’idea di una responsabilità europea condivisa nella gestione della migrazione in un mondo interconnesso quale quello attuale si traduce sovente in intricate discussioni sulle politiche europee. Tali discussioni potrebbero presto diventare ancora più complesse, visto l’impatto significativo che la guerra in Ucraina sta avendo sul Medio Oriente e sul Nord Africa – soprattutto in ambiti quali la sicurezza alimentare. Questo potrebbe a sua volta portare a una maggiore instabilità nella regione e ad un rinnovato flusso migratorio attraverso il Mediterraneo verso i Paesi membri dell’UE.  

Qualora questo accadesse, sarebbero ancora solidarietà e responsabilità condivisa a prevalere? D’altro canto, questi concetti non hanno avuto un grande rilievo durante la crisi migratoria architettata dalla Bielorussia al confine con la Polonia nel 2021. In quell’occasione, la risposta di alcuni Stati membri verso la crisi aveva fatto trasparire una certa riluttanza nell’occuparsi dei migranti, soprattutto quelli provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa. Ed è stato proprio tale approccio a permettere al Presidente bielorusso Alyaksandr Lukashenka di sfruttare la migrazione come arma.  

Alla luce di tutto ciò, il supporto dell’UE ai rifugiati ucraini potrebbe essere interpretato come prova del fatto che l’Unione abbia due pesi e due misure. Un atteggiamento, questo, che è stato incoraggiato dalla retorica populista ed euroscettica che si è diffusa in tutta Europa negli ultimi anni. Come ben sapeva Lukashenka, tale retorica ha spinto molti cittadini europei a vedere i migranti mediorientali e africani come una minaccia – in netta contrapposizione con la concezione degli ucraini, verso i quali sembra prevalere invece un dovere morale in termini di assistenza.  

É giunto, quindi, il momento di riaprire il dibattito europeo su asilo e migrazione. A prendere l’iniziativa dovrebbero essere proprio gli Stati membri dell’Europa meridionale, in quanto i più attivi nel chiedere una revisione della politica di asilo dell’UE negli ultimi anni. Tutto ciò richiederà una più ampia riflessione sul significato di solidarietà all’interno di una comunità, quella europea, che considera questo concetto come uno dei propri principi fondanti.  

Non c’è, tuttavia, alcuna garanzia che la grande manifestazione di sostegno a favore degli ucraini si traduca in una riforma efficace della politica di asilo. Alcuni Paesi europei potrebbero cercare di sfruttare il loro attuale impegno nell’accoglienza degli ucraini come giustificazione per non ospitare altri rifugiati o per evitare di fare la propria parte in una politica congiunta in materia di migrazione. Per evitare che ciò accada, l’UE dovrà sviluppare una politica migratoria che tenga conto della guerra in Ucraina e del suo futuro impatto sugli Stati membri – in particolare, sulla volontà e la capacità di questi di accogliere rifugiati.  

Sarebbe ingenuo presumere che la guerra in Ucraina possa rivoluzionare l’approccio complessivo degli Stati membri dell’UE verso migrazione e asilo. Allo stesso tempo, però, considerando che il conflitto ha già apportato alcuni cambiamenti radicali in materie spinose come la difesa europea, è possibile che la crisi attuale dia anche un impulso e rinnovi il dibattito sulla migrazione.

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