Teniamo la nostra casa in ordine

Croazia, benvenuta in Europa! Questo week-end un nuovo stato è entrato a far parte dell’UE, e spero che ne seguiranno altri – inclusa la Turchia. Per entrare a far parte dell’Unione Europea, questi paesi sono sottoposti a complicati negoziati di adesione. L’Europa richiede elevati standard su molte questioni ed è giusto così. Ma una volta che sei dentro, chi detiene il controllo? Chi controlla che tutti i requisiti siano realmente implementati e non rimangano solo sulla carta?

Teniamo la nostra casa in ordine

 

Croazia, benvenuta in Europa! Questo week-end un nuovo stato è entrato a far parte dell’UE, e spero che ne seguiranno altri – inclusa la Turchia. Per entrare a far parte dell’Unione Europea, questi paesi sono sottoposti a complicati negoziati di adesione. L’Europa richiede elevati standard su molte questioni ed è giusto così. Ma una volta che sei dentro, chi detiene il controllo? Chi controlla che tutti i requisiti siano realmente implementati e non rimangano solo sulla carta?

Per quanto riguarda i diritti umani, per i quali l’Europa è considerata un modello e la cui promozione e protezione è considerata un pre-requisito per l’accesso, gli Stati Membri stessi hanno dimostrato che non sempre mantengono le promesse. Basta guardare al caso dell’Ungheria, o a quello di Sarkozy e dei Rom.

Si può anche guardare alla situazione di ingiustizia nel mio stesso paese, l’Italia: la scorsa settimana, mentre le Nazioni Unite celebravano la Giornata Internazionale in Supporto alle Vittime di Tortura, il Consiglio dei Ministri, ha approvato un decreto che aiuta le prigioni cronicamente affollate, dopo l’emergenza dichiarata nel 2010. Questo è un passo avanti per poter affrontare le ingiustizie nelle prigioni italiane, ma vi è ancora molto da fare, come inserire il reato di tortura nel nostro codice civile. Già, in Italia il reato di tortura non esiste! La scorsa settimana è stato approvato un disegno di legge per ridurre la custodia preventiva e per proporre pene alternative alla prigione per i reati minori e per alcolizzati e drogati che commettono reati minori. Secondo Antigone, un movimento per i diritti dei detenuti, il 40% dei detenuti, ha processi pendenti; in Germania e Gran Bretagna il 15%. Dei detenuti condannati, il 37% sta scontando una pena per reati relativi ai crimini di droga, mentre in Europa il 15%.

In Italia i detenuti sono soprattutto uomini (le donne sono il 4%) e il 41% dei detenuti ha meno di 35 anni. Il Ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri ha affermato che ci sono 65.831 detenuti, nonostante la capacità di detenzione ufficiale del sistema sia di 47.045 detenuti. Le strutture di detenzione lavorano al 142% delle loro capacità, in alcune progioni al 268%. La lentezza del nostro sistema giudiziario è la causa maggiore di questa drammatica situazione.

Centri di ricerca indipendenti, come l’International Centre for Prison Studies, o il già menzionato centro di Antigone, sostengono che 206 prigioni italiane sono le più popolate dell’Unione Europea, e che il numero reale di detenuti sia superiore rispetto a quanto dichiarato. Non a caso, a gennaio la Corte Europea per i Diritti Umani ha stabilito che le prigioni italiane violano i diritti fondamentali dei detenuti ed ha ordinato di attuare i cambiamenti richiesti entro un anno. Il tribunale ha stablito queste decisioni basandosi su un caso del 2009 che riguardava le condizioni di sette detenuti: erano detenuti in due prigioni separate, in celle di nove metri quadri che erano condivisre da tre detenuti. A Strasburgo, la Corte ha decretato che queste condizioni violassero la Convenzione Europea dei Diritti Umani, che proibisce la tortura e i trattamenti disumani o degradanti.

Sfortunatamente l’Italia è detentrice di due tristi record, legati alle violazioni dei diritti umani e dalla tortura. Nel 2012 ha collezionato sanzioni della Corte Europea per i Diritti Umani, la quale ha ordinato all’Italia di pagare 120 milioni di euro a cittadini di cui erano stati violati i diritti, la più alta multa presa dai 47 Stati Membri del Consigli d’Europa abbia mai collezionato. Inoltre, l’Italia è regolarmente multata per la lentezza del sistema giudiziario, con la conseguenza che il diritto di avere giustizia in tempi ragionevoli è frequentamente disatteso.

L’Italia è inoltre l’unico paese dell’Unione Europea a non avere il reato di tortura nel proprio codice penale, secondo primato. Nonostante gli obblighi della Convenzione e le disposizioni costituzionali italiane che richiedono la criminalizzazione della tortura, l’Italia non ha adottato tutte le norme necessarie. In particolare, alcuni tipi di tortura fisica o mentale ai sensi dell’Articolo 1 della Convenzione, non possono essere coperti dal diritto penale, in parte proprio per l’assenza di uno specifico “reato di tortura” nel codice penale italiano stesso. Lo scorso ottobre il Parlamento ha approvato la ratifica di un protocollo opzionale per le Nazioni Unite contro la tortura, ma non è riuscita a introdurre il reato di tortura nel codice penale, come richiede la  Convenzione. Non sono state assunte misure sistematiche per prevenire violazioni dei diritti umani da parte della polizia, o per poter accertare eventuali responsabilità.

Tutto ciò ha avuto implicazioni nei processi riguardanti i fatti del G8 di Genova del 2001 – dal mio punto di vista la peggiore pagina della democrazia della Repubblica Italiana. 25 alti ufficiali e poliziotti sono stati condannati per il coinvolgimento nel maltrattamento dei manifestanti del 21 luglio 2001, ricevendo condanne fino a cinque anni. Tuttavia, a causa di un disegno di legge che voleva tagliare il numero di detenuti e che consentiva una riduzione di tre anni delle condanne, nessuno è stato incarcerato, anche se tutti sono stati sospesi dal servizio per cinque anni. Questo è ciò che accade in assenza del reato di tortura.

Essere europei significa molto più che rispettare semplicemente i parametri di deficit. L’Europa deve riuscire a mantenere i suoi standard sociali e con un meccanismo di responsabilità adeguata. Come può l’Europa essere rispettata all’estero se non applica all’interno ciò che predica? Come può l’Italia rappresentare l’Europa nella seconda metà del 2014 se prima non si riforma internamente, non solo dal punto di vista economico ma anche dei diritti umani? L’entrata in Europa di un nuovo membro sia il promemoria per coloro che già vi appartengono per “tenere in ordine le proprie case”.

The European Council on Foreign Relations does not take collective positions. ECFR publications only represent the views of their individual authors.