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IL MONDO OGGI

Riassunto geopolitico della giornata, con analisi e link per approfondire e ricostruire il contesto.
Il mondo oggi

L'Italia riapre l'ambasciata in Libia

Le 5 notizie geopolitiche più importanti della giornata.
a cura di Niccolò Locatelli
Pubblicato il Aggiornato il
[Libia, da A. Ghisleri, <em>Atlantino storico</em>, 1938 - dettaglio]
[Libia, da A. Ghisleri, Atlantino storico, 1938 - dettaglio] 

L'Italia riapre in Libia [di Mattia Toaldo]

La visita del ministro dell'Interno italiano Marco Minniti ieri a Tripoli è venuta con un annuncio importante: oggi l'ambasciatore Giuseppe Perrone presenterà le sue credenziali al governo di Faiez Serraj e l'ambasciata d'Italia aprirà i battenti con tanto di servizi consolari.

È un colpo importante per la diplomazia tricolore, sotto diversi aspetti.

In primo luogo, a Tripoli non è presente neanche l'Onu, per non parlare degli altri paesi occidentali che, a parte una presenza britannica informale, sono del tutto assenti; l'apertura delle loro ambasciate è improbabile a breve termine.

L'Italia potrebbe tornare a giocare il ruolo che aveva nel 2014 e 2015 sotto l'allora ambasciatore Giuseppe Buccino: il tramite e il facilitatore dei contatti sul terreno per americani, europei e forse anche Onu. Il neo-ambasciatore Perrone è persona di peso in quanto ex direttore centrale per i paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente della Direzione generale per gli affari politici e di sicurezza della Farnesina, profondo conoscitore delle dinamiche libiche e già conosciuto da una serie di attori chiave.

In secondo luogo, l'apertura dell'ambasciata è un segnale agli altri paesi coinvolti nella crisi, in primis l'Egitto e la Russia che sempre più apertamente sostengono il "governo" rivale del generale Haftar: per Roma il governo legittimo è quello che sta a Tripoli, semmai si tratta di negoziare l'entrata di Haftar in quello schema.

A tale scopo, la presenza dell'Italia nel Consiglio di sicurezza Onu potrebbe rivelarsi un asset: se Roma sarà in grado di fare le alleanze giuste, potrà mantenere in piedi l'impalcatura di risoluzioni Onu approvate sotto Obama che danno la golden share non solo della politica ma soprattutto delle transazioni economiche e petrolifere alle strutture basate a Tripoli.

Gli oscuri accordi firmati da Minniti sono rilevanti, non tanto in quanto patto politico con il debolissimo governo Serraj, quanto perché elemento ulteriore nel forte rapporto tra Roma e le poche istituzioni libiche esistenti, in questo caso ministero dell'Interno e guardia costiera.


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Maduro non abbandona

Il parlamento del Venezuela ha dichiarato che il presidente della Repubblica Nicolás Maduro “ha abbandonato l’incarico”, formula che indica il venir meno del capo di Stato ai propri doveri e che a rigor di Costituzione implicherebbe la convocazione di elezioni anticipate.

Che non si terranno, date la comprovata indifferenza del governo chavista verso gli articoli della Carta che lo obbligherebbero a mosse non gradite e la guerra in atto nei confronti dell’Assemblea Nazionale, unico organo controllato dall’opposizione.

Il Tribunale supremo costituzionale ha già dichiarato nulli tutti gli atti del potere legislativo e illegale l’assemblea stessa.

La condanna parlamentare del presidente è quindi destinata a rimanere simbolica. Un segnale oltremodo scoraggiante a tre giorni dalla data prevista per la ripresa dello pseudo-dialogo tra il blocco chavista che non vuole rischiare di perdere il potere per via elettorale e la variegata opposizione priva di mezzi per influire sulle decisioni - e sulla durata stessa - del governo.

Oggi scadono i termini entro i quali il referendum revocatorio su Maduro (che se si fosse tenuto, sarebbe stato sicuramente perso da quest'ultimo) avrebbe portato a elezioni anticipate. Da ora in poi sarà chiaro che i chavisti sono gli unici in grado di costringere Nicolás ad abbandonare l’incarico, qualora la sua già impopolare presidenza diventasse un ostacolo alla permanenza al potere dei rivoluzionari bolivariani.

Sotto questo punto di vista, la sostituzione del vicepresidente (il radicale Tareck el Aissami al posto dell’accademico Aristóbulo Istúriz) può essere un segnale da tenere d’occhio.


Il mondo per l'intelligence Usa [di Luca Mainoldi]

Si intitola Global Trends: Paradox Of Progress il nuovo rapporto del National Intelligence Council. Ogni quattro anni, all’inizio (o al rinnovo) del mandato presidenziale, la comunità dell’intelligence statunitense pubblica un rapporto sulle tendenze globali.

Il documento di quest'anno ha “l’occhio lungo”: fa una riflessione che si estende sui prossimi decenni senza il riferimento temporale che aveva quello precedente, ma offre anche previsioni a breve termine, di qui al 2021, un anno in più rispetto al mandato che Donald Trump si appresta a inaugurare il 20 gennaio.

Paradox of Progress riprende le tematiche del rapporto del 2012, sottolineando il paradosso che stiamo vivendo: i progressi tecnologici stanno trasformando il mondo in maniera più pericolosa e più ricca di opportunità mai viste prima. Sta all’umanità decidere quale direzione intraprendere. Le sfide demografiche, ambientali, tecnologiche, economiche e di governance politica sono immani.

Come nel 2012, il rapporto riconosce che “l’era del dominio americano sta per chiudersi”, ma a differenza del documento di 4 anni fa insiste sulle sfide portate da Cina e Russia sul breve termine.

È questa la parte legata all’attualità politica, non a caso intitolata “Futuro prossimo: tensioni in aumento”. Le crescenti richieste dei cittadini dei singoli Stati di “pace e prosperità in casa” sono sempre più condizionate da “quello che accade all’estero”. “A loro volta, queste dinamiche aumentano le tensioni tra i paesi, accrescendo il rischio di conflitti interstatali nei prossimi cinque anni a livelli mai visti dalla fine della Guerra Fredda”.

Un passo che sembra essere una critica a Trump recita: “Un’Europa zoppicante, le incertezze sul ruolo dell’America nel mondo, l’indebolimento delle norme per la prevenzione dei conflitti e la protezione dei diritti umani creano opportunità per Cina e Russia. La combinazione incoraggerà anche aggressori regionali e non statali, portando nuova linfa alle rivalità regionali, come quelle tra Riyad e Teheran, Islamabad e Delhi o quella nella Penisola Coreana”.

Anche se si potrà evitare la guerra guerreggiata, le differenze di valori e interessi tra gli Stati porteranno “alla creazione di sfere di influenze nel mondo”. Benvenuto, Mister Trump!


I pirati di una volta

Non ci sono più i pirati di una volta: quelli di oggi attaccano meno (191 episodi di pirateria marittima nel 2016, il minimo dal 1998) ma rapiscono di più (62 persone in cattività rispetto ai 19 di appena un anno prima). Questi i dati più rilevanti del rapporto dell’International Maritime Bureau, che testimonia la sostanziale crisi della pirateria ma identifica nel Mare di Sulu (tra Malesia e Filippine) la roccaforte dei predoni delle acque. Il paese più colpito rimane l’Indonesia; attacchi in aumento al largo della Nigeria, mentre la Somalia ne ha subiti solo due.


La svolta del papa sui migranti

Francesco ha usato parole diverse dal solito sui migranti nell'incontro con il corpo diplomatico.

Scrive Piero Schiavazzi:

Il tema delle migrazioni ha occupato larga parte dell’excursus papale, lungo un crinale che si fa più stretto e registra una svolta, un cambio di passo cadenzato e prudente rispetto all’impeto del 2016, con attenzione agli equilibri politico-sociali dei paesi che andranno al voto da qui all’autunno: “Un approccio prudente non comporta l’attuazione di politiche di chiusura verso i migranti, ma implica valutare con saggezza e lungimiranza fino a che punto il proprio paese è in grado, senza ledere il bene comune dei cittadini, di offrire una vita decorosa…”.

Il Pontifex che nel 2013 si presentò alle cancellerie anagraficamente, come figlio di emigrati, ed etimologicamente quale costruttore di ponti, avverte il rischio di rimanere solo, sul “pontile” d’Italia, mentre il Settentrione del mondo, sull’asse del sodalizio fra Trump e Putin, serra i ranghi dell’alleanza del Nord e di un nuovo ordine, che corre da San Diego a Vladivostok, spaccando l’Europa in due.

Non più verticalmente, tra Est e Ovest, bensì orizzontalmente, in danno al Mediterraneo e al mezzogiorno.

Per questo “prudenza” e sicurezza” sono state parole chiave, pur ribadendo contestualmente “il diritto di immigrare di ogni essere umano” e rifiutando di “ridurre la drammatica crisi attuale ad un semplice conteggio numerico”.

Se la carta geopolitica degli Stati, nel complesso, permane immutata, bisogna prendere atto che a partire del referendum britannico di giugno è cambiata, decisamente, la grafica. Come se un tratto di evidenziatore avesse rimarcato confini, frontiere, aree d’influenza, sul Rio Grande e sull’Ussuri, sulla Manica e sul Bosforo, in Medio Oriente e nel Far East.

Mentre assistiamo al ritorno degli imperi e della Realpolitik, alla velocità del web.


Anniversari geopolitici del 10 gennaio

1920 - Nasce la Società delle nazioni

1946 - Si riunisce per la prima volta l'Assemblea generale delle Nazioni Unite.

1989 - Sbarcate in Angola nel 1975, le truppe cubane iniziano a lasciare il paese africano.

2003 - La Corea del Nord annuncia il ritiro dal Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp).


Hanno collaborato Marco Terzoni e Alessandro Balduzzi.