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Questo articolo è stato pubblicato il 30 giugno 2012 alle ore 08:24.
L'ultima modifica è del 30 giugno 2012 alle ore 10:28.

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L'elezione alla presidenza francese di François Hollande segna una trasformazione della politica dell'eurozona e un riequilibrio della partnership più importante dell'Unione Europea. La storia dimostra che le alleanze politicamente trasversali tra Francia e Germania sono spesso la soluzione migliore per l'Europa: se i leader dei due Paesi appartengono a famiglie politiche diverse, è più facile che gli altri Stati membri contribuiscano al dibattito, favoriscano la mediazione e si riconoscano negli accordi franco-tedeschi. Quando il rapporto tra Parigi e Berlino è troppo simbiotico, invece, difficilmente si creano le condizioni per un compromesso positivo a livello europeo. E il problema del “Merkozy” è stato proprio questo.
Per il momento, il tandem franco-tedesco è impegnato a gestire la crisi greca, le incertezze sulla ripresa dell'eurozona e la necessità di rilanciare la domanda. In una prospettiva di più lungo termine, tuttavia, la revisione dei trattati tornerà in cima all'agenda politica dell'Ue.

Nel frattempo, Francia e Germania dovrebbero definire e affrontare nuove priorità per l'Eurozona. La prima è un piano di riforme politiche e amministrative tese ad armonizzare l'azione di governo in ambito europeo e nazionale. La seconda è un programma per favorire la mobilità dei lavoratori nell'Ue e porre le basi di un sistema sociale complementare su scala europea. La terza è un impegno concreto per rendere la leadership franco-tedesca più inclusiva.
Francia e Germania sono la forza trainante dell'integrazione europea dagli anni Cinquanta del secolo scorso. La crisi dell'euro ha dimostrato quanto fosse sbagliato pensare che l'allargamento a Est avrebbe reso questo binomio obsoleto. A fronte della debolezza del sistema di governance dell'Eurozona, Parigi e Berlino si sono autoassegnate il compito di gestire la situazione in una sorta di governo d'emergenza. Ma la loro popolarità non ne ha tratto beneficio. Con la loro gestione sempre più simbiotica, agli occhi degli altri Stati membri Merkel e Sarkozy sono apparsi divisivi, arroganti e irrispettosi delle istituzioni comunitarie.

La crisi dell'euro ha confermato l'importanza del tandem franco-tedesco, ma ne ha modificato le dinamiche interne, che oggi sono più complesse da decifrare e difficili da gestire. Il sempre più ampio divario tra i due Paesi, in termini di crescita economica, ha alimentato una percezione di disparità. La Francia è oggettivamente molto più esposta della Germania al rischio che i mercati perdano fiducia nella sua capacità di ripagare il debito pubblico. Tutto ciò da un lato riduce i suoi margini di manovra, e dall'altro impone ai politici francesi di avvalorare l'idea che il loro paese sia schierato con la Germania, anziché con l'Italia o la Spagna. E in Francia, come nel resto d'Europa, si registra una tendenza a ingigantire le conseguenze politiche di questo stato di cose al punto tale da distorcerle. In particolare, è opinione diffusa che fino all'elezione di Hollande la Germania abbia gestito la crisi da sola, costringendo tutti gli altri paesi a sottostare alle sue decisioni. Ma a Berlino le cose sono viste diversamente.

La sfida politica, per Berlino e Parigi, sta nell'individuare ambiti d'azione nei quali sia possibile minimizzare l'impatto di queste differenze, definendo progetti concreti che rafforzino le posizioni dei rispettivi Paesi e la stabilità all'eurozona. In un certo senso, l'Europa deve oggi ridefinire il suo contratto sociale, ossia il rapporto tra Stato e mercato e tra lavoro e capitale. E solo una nuova sintesi tra i modelli socioeconomici francese e tedesco può rendere tale obiettivo realizzabile.
Per sopravvivere e prosperare nel lungo periodo, l'Eurozona dovrà dotarsi di un sistema di governo federale oggi assente. La crisi ha dimostrato che l'appartenenza all'Unione monetaria comporta necessariamente la fine dell'autonomia delle politiche macroeconomiche nazionali e il trasferimento del potere a un'autorità centrale. Il modo migliore per predisporre la necessaria limitazione del potere nazionale non consiste ovviamente nell'approccio attuale, basato su un insieme estremamente fragile e complesso di regole, sanzioni e organismi politici atipici. La soluzione più logica per il futuro sta nella creazione di istituzioni comuni guidate da politici eletti e dotate dei poteri necessari per gestire una crisi e stabilire la rotta in tempi normali. Salvo scenari apocalittici, tuttavia, una profonda riforma dell'architettura politica dell'eurozona appare, almeno nell'immediato, difficilmente realizzabile.

Ciò non significa, tuttavia, che Francia e Germania non possano fare nulla per migliorare l'efficienza dell'attuale governance dell'Eurozona. Spesso si dimentica che le nuove regole introdotte in risposta alla crisi – il semestre europeo, il giro di vite sul Patto di Stabilità e di Crescita, il Fiscal Compact – richiedono una serie di riforme nazionali per essere correttamente applicate. I provvedimenti normativi potrebbero rivelarsi non abbastanza efficaci da garantire all'Eurozona la coesione macroeconomica di cui ha bisogno, ma se le autorità politiche e amministrative degli Stati membri non adegueranno il proprio modus operandi alla nuova governance andranno incontro a un sicuro fallimento. Alcuni dei cambiamenti necessari sono solo di carattere amministrativo, altri hanno invece serie implicazioni politiche o costituzionali.
La concessione ai ministri delle Finanze del potere di assumere impegni vincolanti per i rispettivi governi è un caso emblematico. Se un capo di Stato può ignorare gli impegni presi dal suo ministro a Bruxelles, infatti, l'attività di coordinamento dell'Ecofin e dell'Eurogruppo risulta inutile. Il rapporto tra parlamenti nazionali e Commissione europea è un altro esempio. Uno dei principali obiettivi del nuovo quadro normativo è favorire un maggiore coinvolgimento delle assemblee nazionali nella gestione della politica macroeconomica comunitaria, in modo che tutti i vari accordi intergovernativi siano rispettati.

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