La Libia rischia il crack, urge un accordo con l'Egitto. Una chiacchierata con Mattia Toaldo
La situazione libica è molto ingarbugliata, molto complessa, e anche molto grave. Se ne parla troppo poco sui mass media, anche su quelli italiani, nonostante l'evidente interesse dell'Italia per cosa avviene a poca distanza dalle nostre cose. Abbiamo scelto di parlarne con Mattia Toaldo, policy fellow dell' European Council on Foreign Relations , membro del consiglio scientifico e collaboratore di Limes , che della Libia si occupa seriamente da molti anni.
Quanto è grave la situazione economica in Libia?
Molto più grave di quanto non credano gli esponenti dei due "governi", che ragionano come se avessero di fronte 5-6 anni di margine. La verità è che la Libia si regge sul petrolio, e oggi ne vende poco e a prezzi bassi. Per pagare gli stipendi si attinge alle riserve della Banca Centrale. Ma tra qualche mese si dovrà scegliere se pagare i salari oppure sostenere la moneta. Ovviamente più si estingue l'economia legale (quasi tutta legata al petrolio e allo Stato), più si espande quella illegale.
Esiste il rischio, come sembrano temere gli egiziani, che un governo di pacificazione che superi il dualismo tra i governi di Tripoli e di Tobruk si tramuti, nel medio termine, in una vittoria degli islamisti di orientamento simile ai Fratelli Musulmani, ritrovandoci alla fine una Libia connotata da ambiguità simili a quelle della Turchia di Erdogan?
Gli egiziani temono che gli islamisti, anche quelli che partecipano alle elezioni come la Fratellanza Mussulmana, trovino in Libia il respiro che non hanno più in Egitto. E così sostengono la battaglia del generale Heftar che fa di tutta l'erba un fascio, accomunando quelli relativamente moderati con i jihadisti di Ansar al Sharia o Daesh. Il risultato dell'accordo sarebbe separare chi vuole fare politica dai jihadisti, senza accordo invece la convergenza tra queste componenti sarà sempre più grande. Poi il paragone con la Turchia proprio non regge, magari la Libia avesse un quarto delle strutture statali turche!
Qual è la forza e quali sono le potenzialità di espansione dei salafiti in Libia?
Il mondo islamista libico è ampio e diversificato e al suo interno ci sono diverse componenti salafite: i "duri" di Tripoli vicini al mufti al Gharyani; i salafiti della Cirenaica che sostengono il generale Heftar; Daesh. Il cosiddetto Stato Islamico, che i libici invece chiamano "organizzazione dello Stato", conta su un numero esiguo di combattenti ma controlla una porzione vasta di territorio per assenza di oppositori armati. Nel frattempo attrae "foreign fighters" dalla Tunisia, dall'Algeria e dal resto del Nord Africa. In mancanza di opposizione questo afflusso può farne una forza temibile che spacca in due il paese, distrugge la produzione di petrolio e controlla alcuni traffici illeciti dal Sahara.
Che strategia dovrebbe seguire l'Italia?
Quella che sta seguendo ora: un accordo politico con le potenze regionali nella conferenza di Roma di domenica, a sostegno di un accordo tra libici mediato dall'Onu. Senza cedimenti alla "moda" europea di risolvere tutto con un po' di bombardamenti. Oggi Francia e Gran Bretagna vogliono un accordo purchessia, anche se il risultato sarebbe un governo libico debolissimo e che necessiterebbe di un forte sostegno militare occidentale. Le parole di Renzi al
Corriere
indicano una linea diversa: la forza è al servizio della politica, prima l'accordo e poi, se necessario, la forza di pace.
Quante probabilità ci sono che si trovi una reale e solida soluzione sic stantibus rebus?
Molto dipenderà dalla conferenza di Roma. Senza un qualche accordo con l'Egitto sarà molto difficile raggiungere un accordo. All'interno della Libia, poi, è chiaro che non si caverà un ragno dal buco insistendo sul consenso dei due parlamenti che certo non vogliono autosciogliersi. Ci sono comuni e altre forze locali che hanno già firmato tanti cessate il fuoco locali e che potrebbero essere i protagonisti del prossimo accordo nazionale.
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