Europa antica vs Europa moderna: contro il virus, l’opinione pubblica chiede maggiore integrazione

La Galleria delle carte geografiche dei Musei Vaticani. (EPA-EFE/MAURIZIO BRAMBATTI EDITORIAL USE ONLY)

Due recenti rapporti dell’European Council on Foreign Relations (ECFR) basati su sondaggi condotti in 9 Stati membri dell’UE, dimostrano che se durante la pandemia la maggioranza degli europei si è sentita “sola” al mondo ed abbandonata dall’EU e dagli stessi Stati membri, oggi essi guardano all’Europa come principale pilastro e guida nel percorso di rilancio economico e sociale.

Nella maestosità e bellezza dei Musei Vaticani non sfugge certamente la Galleria delle carte geografiche, realizzata tra il 1580-1585 e che, guidando i visitatori verso la Cappella Sistina, ci racconta e rappresenta straordinariamente tutte le regioni d’Italia e l’unità spirituale e geografica della penisola.

Una mappatura straordinaria, se si considerano gli strumenti dell’epoca, che ripercorre il paese, attraverso 40 carte esposte, lungo un possibile itinerario lungo l’Appennino, con alcune mappe capovolte in quanto all’epoca non era consuetudine distinguere tra nord e sud nelle rappresentazioni cartografiche. Poste alla fine del percorso espositivo, come a sancire l’elemento di unione, le carte Italia Antica e Italia Moderna.

Queste due scelte di rappresentazione, la non necessità di riproduzione Sud-Nord e la visione Italia Antica-Italia Moderna, potrebbero costituire interessanti spunti di riflessione e simbolismi quanto più adeguati a mappare e raccontare l’Italia e l’Europa di oggi nell’attuale contesto segnato dalla pandemia di Covid-19.

Il significato sociale della pandemia per Europa e Stati membri è ormai chiaro e tangibile. Un evento senza precedenti che ha colpito l’intero continente europeo, seppur attraverso diverse forme, senza alcun tipo di distinzione tra Nord, Sud, Est ed Ovest. Meno chiare ed ancora meno visibili, sono le conseguenze politiche ed economiche della pandemia, i cui effetti sulla geografia economia e politica dell’UE saranno interpretabili solamente nel medio-lungo periodo, sebbene tuttavia già tracciabili.

Come emerge da due recenti rapporti dell’ECFR, parte del progetto Unlock Europe’s Majority e basati su sondaggi in 9 stati membri dell’UE, se durante la pandemia la maggioranza degli europei si è sentita “sola” al mondo ed abbandonata dall’EU e dagli stessi stati membri, oggi essi guardano all’Europa come principale pilastro e guida nel percorso di rilancio economico e sociale.

I cittadini europei hanno vissuto in uno stato di trauma psicologico dovuto all’incapacità di reazione dei governi nazionali; all’immobilismo dell’UE nell’assumersi le responsabilità, soprattutto per quanto riguarda il diritto alla salute; all’assenza di sostegno da parte di alleati tradizionali, come gli Stati Uniti o gli attori multilaterali.

Nel caso specifico dell’Italia, il sondaggio ECFR rivela come per il 63% degli italiani, seguiti dal 61% dei francesi ed il 52% degli spagnoli, cittadini dei paesi maggiormente colpiti dal virus, l’Europa non sia stata all’altezza dell’emergenza e della sfida poste dal Covid-19; per il 58% la valutazione dell’operato delle istituzioni europee è nettamente peggiorata.

Peculiare per l’Italia, è la visione della Cina. Se il trend generale emerso dal sondaggio ECFR è la crescita di diffidenza nei confronti di Bejing, con picchi del 62% e 60% tra francesi e danesi, per il 25% degli italiani la Cina si è rivelata l’alleato più utile durante la crisi. L’efficacia della Mask Diplomacy cinese può essere facilmente spiegata da due fattori: la criticità e drammaticità del caso Italia, paese maggiormente colpito, che ha portato ad una ricerca dell’aiuto più semplice e rapido; e la timida strategia di comunicazione dell’UE, inizialmente cauta e lenta nel raccontare le misure intraprese a livello comunitario in termini di solidarietà verso i paesi UE maggiormente colpiti.

Ancora più peculiare, è come gli italiani hanno guardato agli Stati Uniti, tradizionalmente, insieme all’UE, pilastro della politica estera italiana e principale alleato a livello globale: solamente il 5% degli italiani ha considerato Washington un partner affidabile durante la crisi, addirittura dietro l’Organizzazione mondiale della sanità (9%).

Guardando al quadro generale dei 9 paesi intervistati, i dati sull’Europa appaiono eccezionali e senza precedenti. L’UE è stata considerata principale alleato durante la crisi solamente dal 17% dei polacchi, 9% dei danesi, 8% degli svedesi e spagnoli, 7% dei francesi, e solamente dal 4% degli italiani e dei tedeschi.

Questi dati potrebbero far presagire una visione totalmente pessimistica dell’UE agli occhi dei cittadini europei. Tuttavia, come confermato dai sondaggi ECFR, il quadro viene completamente ribaltato se si passa ad una valutazione della gestione futura della fase di ripresa: emerge infatti un sostegno a maggiore collaborazione a livello comunitario, con una richiesta di più integrazione europea per il 91% dei cittadini in Portogallo, 80% in Spagna, 77% in Italia, 68% in Polonia, 56% in Bulgaria, 55% in Germania, 53% in Danimarca, 52% in Francia e 51% in Svezia.

L’”Europa Antica” dovrebbe essere già alle nostre spalle, con l’”Europa moderna” pronta a guidare i cittadini europei in maniera omogenea, in un percorso difficile e sconosciuto, in quella che può essere considerata la più grande crisi per l’Europa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Le crisi finanziaria-economica e migratoria hanno colpito il continente, tuttavia, in maniera disomogenea ed indiretta per molti paesi. La pandemia di Covid-19 invece, non ha fatto distinzione tra paesi solidi e stabili economicamente e non; tra paesi maggiormente esposti ai flussi migratori e non. Ha colpito ciascuno stato membro in maniera silenziosa ed invisibile, in quello che tutti abbiamo sempre dato per scontato e che abbiamo sempre considerato punto fermo e pilastro della cultura sociale di ciascun stato membro: la sicurezza sanitaria ed il diritto alla salute. Il ruolo della salute nell’era Covid-19 è dunque ormai cambiato: non più relegato a competenza nazionale ma completamente interconnesso ad altri traguardi già raggiunti e consolidati dall’UE come la libera circolazione di persone e merci.

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La Presidenza tedesca del Consiglio dell’UE dovrebbe costituire la locomotiva politica di questa nuova fase che potrebbe segnare in maniera definitiva il futuro del progetto europeo. La Germania può svolgere il ruolo di traino, tuttavia serve una presa di coscienza delle responsabilità, dei diritti e dei doveri e delle eccezionali opportunità e prospettive che tale crisi mette sul tavolo europeo, da parte di tutti gli stati membri e dei leader politici nazionali, senza alcuna eccezione. È necessario andare oltre la categoria Nord-Sud che per decenni ha plasmato il dibattito pubblico europeo affinché si possa insieme disegnare una nuova carta geografica europea.

Teresa Coratella è Program Manager dell’European Council on Foreign Relations di Roma

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